Piccoli passiLa Nato apre le porte all’Ucraina (ma non come avrebbe voluto Zelensky)

Durante il summit di Vilnius, il segretario generale dell’Alleanza fa sapere che Kyjiv avrà un percorso di adesione semplificato, ma prima sarà necessario porre fine al conflitto con la Russia per evitare un’escalation. Intanto c’è la firma per un accordo sugli F-16 e la fornitura di altre armi alla resistenza

AP/Lapresse

«La Nato inviterà l’Ucraina ad aderire all’alleanza quando tutti gli alleati troveranno un accordo e saranno rispettate determinate condizioni». La dichiarazione più attesa dalla prima giornata di lavori del vertice Nato di Vilnius non è proprio di quelle che scaldano il cuore. E di sicuro non è allineata con i desideri e le speranze dell’Ucraina.

Il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, predica cautela, pesa le parole, cerca il tono giusto, lascia intendere che il percorso di adesione per Kyjiv sarà semplificato e velocizzato – «il processo non sarà in due fasi, ma in un’unica fase» – ma non ci sono ancora le condizioni giuste per portarlo a termine. In fondo, la postura della Nato è sempre la stessa dall’inizio dell’invasione russa: portare dentro l’Ucraina con le ostilità in corso rischierebbe di coinvolgere l’Alleanza in uno scontro con la Russia – e nessun Paese membro contempla quest’ipotesi.

Il comunicato ufficiale rilasciato dagli Stati membri lascia intendere che, per quanto riguarda l’ingresso dell’Ucraina, volontà e attuazione sono su due piani ben distinti: «Sosteniamo pienamente il diritto dell’Ucraina di scegliere le proprie disposizioni di sicurezza. Il futuro dell’Ucraina è nella Nato. Riaffermiamo l’impegno assunto al vertice di Bucarest nel 2008 per rendere l’Ucraina un membro della Nato. L’Ucraina è diventata sempre più interoperabile e politicamente integrata con l’Alleanza e ha compiuto progressi sostanziali nel suo percorso di riforme. Gli alleati continueranno a sostenere e rivedere i progressi dell’Ucraina in materia di interoperabilità, nonché ulteriori riforme del settore democratico e della sicurezza che sono necessarie», si legge nel documento.

Anche l’inviato del New York Times a Vilnius, Steven Erlanger, ha descritto un clima di cautela massima su questo fronte: «La battaglia tra i rappresentati degli Stati non riguardava l’adesione dell’Ucraina, ma come e a quali condizioni. Alcuni Paesi volevano un invito immediato dopo la fine della guerra; altri Paesi, come gli Stati Uniti, vogliono evitare qualsiasi idea di ingresso automatico».

Dopo quasi oltre cinquecento giorni di guerra, però, Kyjiv immaginava una risposta diversa. È per questo che il presidente Volodymyr Zelensky ha criticato duramente la Nato: «Sembra che non ci sia disponibilità né a invitare l’Ucraina alla Nato, né a renderla un membro dell’Alleanza», ha scritto sui social.

Zelensky l’ha definita una mancanza di rispetto e nel corso di tutta la prima giornata di lavori a Vilnius ha giocato le sue carte diplomatiche. Anche perché dal punto di vista di Kyjiv l’adesione alla Nato è l’unica soluzione praticabile per scoraggiare attacchi russi anche in futuro. Peraltro il presidente ucraino è arrivato a Vilnius nel tardo pomeriggio di ieri, al termine di una giornata che si era aperta con attacchi aerei da parte della Russia: un nuovo raid con droni di fabbricazione iraniana (gli Shahed) contro la capitale Kyjiv, fortunatamente fermati dalle unità di difesa aerea.

Di certo l’Alleanza Atlantica non ha intenzione di interrompere la fornitura di aiuti militari nel prossimo futuro. La Francia ha promesso a Kyjiv missili a lungo raggio Scalp: «Abbiamo deciso di consegnare all’Ucraina nuovi missili che le permetteranno di colpire in profondità la Russia», ha detto il presidente Emmanuel Macron, spiegando quindi di voler inviare un messaggio di sostegno all’Ucraina e di unità della Nato. A margine del summit è stato firmato anche un accordo sugli F-16, alla presenza del ministro della Difesa ucraino Oleksi Reznikov. Undici Paesi – che sono Olanda, Canada, Germania, Romania, Polonia, Svezia, Regno Unito, Svezia, Danimarca, Belgio, Lussemburgo – si impegneranno ad addestrare i piloti ucraini per sei mesi a partire da agosto. Ma si è parlato appunto solo dell’addestramento, la consegna dei caccia sarà in un secondo momento. Anche il premier britannico Rishi Sunak ha voluto spronare tutti i Paesi della Nato a portare la quota di spese militari al due per cento del Pil, target concordato fin dal 2008 ma rispettato solo da nove Stati membri, tra cui il Regno Unito.

Lo stesso Sunak ha poi sottolineato che «il posto giusto per l’Ucraina è nella Nato», specificando però che si tratta di «un obiettivo fuori portata finché c’è la guerra, ma che dal vertice devono arrivare nuovi impegni e progressi tangibili per rassicurare Kyjiv».

Dunque l’entrata dell’Ucraina nella Nato potrebbe avvenire soltanto a guerra finita, o comunque dopo un armistizio di qualche tipo. «Gli alleati dovrebbero raggiungere un accordo su un esito del conflitto soddisfacente per gli ucraini e rassicurante per la sicurezza europea», aveva scritto Ettore Greco per l’Istituto Affari Internazionali alla vigilia del vertice di Vilnius. «Si dovrebbe raggiungere un’intesa sui confini che la Nato s’impegnerebbe a difendere in ossequio all’articolo V. Intesa che sarebbe, almeno sulla carta, più facile, se l’Ucraina riuscisse a riconquistare tutti i suoi territori, se cioè si tornasse alla situazione pre-2014. Sarebbe molto più complicata invece se, anche dopo la fine delle ostilità, la Russia continuasse a occupare porzioni di territorio ucraino. In tal caso, Kyjiv dovrebbe rinunciare a riprendersi con la forza i territori ancora in mano ai russi. L’articolo V si applicherebbe solo al territorio effettivamente controllato dal governo ucraino».

Dall’altro lato, Zelenksy non è l’unico a spingere per l’ingresso dell’Ucraina nella Nato. In molti Stati dell’Europa orientale, ad esempio, l’adesione di Kyjiv sarebbe un segnale importante da parte dell’Alleanza. E sarebbe ancor più forte se il processo venisse portato a termine in tempi brevi. «L’Ucraina deve poter aderire alla Nato per garantire la pace non solo ai suoi cittadini, ma anche all’Europa», ha detto il primo ministro lettone Krisjanis Karins a margine del summit di Vilnius.

Per Oleksandra Matviichuk, avvocato per i diritti umani e vincitrice del premio Nobel per la pace nel 2022, la potenziale adesione dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica è soprattutto un modo per porre fine alla guerra, non per andare verso l’escalation, «perché l’incertezza strategica sarà sempre un motivo per la Russia per continuare ad attaccare l’Ucraina: Mosca ha sempre considerato le guerre e l’occupazione di territori stranieri come un fatto compiuto, creando così una nuova realtà e costringendo la comunità internazionale a fare i conti con essa. I Paesi democratici che partecipano alla Nato dovrebbero finalmente prendere l’iniziativa per iniziare a gestire questo processo. Abbiamo dato la sicurezza per scontata per troppo tempo. È necessario assumersi la responsabilità del nostro futuro comune».

Il summit di Vilnius è anche l’occasione per accogliere la Finlandia come nuovo Stato membro della Nato. «Diamo il benvenuto alla Finlandia come nuovo membro della nostra Alleanza. Questo è un passo storico per la Finlandia e per la Nato», si legge nel comunicato arrivato a chiusura della prima giornata di lavori nella capitale lituana. Mente alla vigilia, lunedì sera, era arrivata la conferma che la Svezia avrebbe avuto l’ok per avviare il suo percorso di ingresso nella Nato. Dopo più di un anno di ostruzionismo, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva annunciato che avrebbe sostenuto l’iniziativa: una dichiarazione piuttosto improvvisa, soprattutto considerando che non c’erano stati segnali di apertura in questo senso da parte del presidente turco. L’accordo è stato poi annunciato in maniera ufficiale ieri a Vilnius.