Sardegna rurale Arieddas, tra vino, grano e legumi, ecco la cucina della Marmilla

Nasce in Sardegna il primo progetto di ristorazione organica all’interno di una cantina. Un modo per raccontare un territorio ancora sconosciuto nell’isola attraverso i suoi produttori e la materia prima

Chef Pier Giorgio Parini e Francesco Vitale @Arieddas

«Mi sono svegliato la mattina e ho visto un panorama che mi ha lasciato senza fiato: c’era la nebbia sulle vigne e, sopra, il sole. E un profumo, c’era un profumo…». È iniziata così l’avventura di Pier Giorgio Parini in Sardegna. Lui, lo chef romagnolo, schivo e guardingo, legato alla terra sin dall’infanzia, con quella sua famiglia di agricoltori e una cucina etica e di rispetto verso la materia prima. Lui e una consulenza. Quella di Arieddas, nuova avventura nella ristorazione della Cantina Su’entu a Sanluri, nel cuore della Sardegna agricola.

No, questo non è l’ennesimo racconto del ristorante appena aperto che si lancia nel mercato con una consulenza famosa e importante. Questo è il racconto di una famiglia e di un territorio. È il racconto di un padre visionario e dei suoi figli. Di una madre presente, ma non ingombrante. Di due giovani donne, Valeria e Roberta, e un uomo, Nicola, che hanno deciso di mettere nel progetto familiare faccia, corpo e tanta, tanta passione. E ci piace esattamente per questo motivo.

Siamo in Marmilla, regione storica della Sardegna. Una terra ancora sconosciuta ai più. Una terra rurale, contadina, culturale. Colline morbide, campi di grano, legumi, borghi ancora ancorati a un passato antico, nuraghi. Una campagna in evoluzione. Un’azienda in evoluzione. Ecco, forse questo è il nocciolo di tutto.

«È bello avere una cantina, ma, siccome sono un sognatore, sognavo già tutte le cose che abbiamo fatto. Il futuro lo vedevo già come è oggi. È bello aver scommesso sul fascino della campagna e dell’agricoltura». Sono le parole di Salvatore Pilloni, il capostipite di questa famiglia. Uomo rude e schietto, senza troppi fronzoli. Ha costruito in Sardegna un impero legato al settore della distribuzione e ora, da una decina di anni, ha deciso di puntare tutto sul territorio, partendo proprio da una cantina: Su’entu, il vento, nome che ti porta subito dentro l’identità di questa terra, dove il vento soffia forte e accarezza le distese, tra vigne e colture.

Il ristorante non è una costola della cantina. È una pietra che getta, con le altre, le fondamenta per una narrazione d’insieme di questo territorio ancora poco noto, ma con un vivace substrato di cultura, tradizione e biodiversità. Arieddas tradotto letteralmente vuol dire “venticello”, o anche darsi delle arie, in termini allegorici e popolari. In questo caso è il vento che fa da fil rouge a un progetto che di arie non se ne dà per niente. Anzi, si basa fortemente sulla solidità e tangibilità di una visione imprenditoriale forte, lungimirante e allo stesso tempo umile.

È il primo progetto di ristorazione organica in cantina realizzato in Sardegna, «con la speranza che tanti altri ci seguano», ammette con piglio Domenico Sanna, che per mestiere segue la comunicazione di questa azienda in toto, ma che non di rado trovi chino a fare qualche lavoro di fatica. Perché qui ci si dà tutti una mano. Si lavora per uno scopo comune.

Un’idea, quella di Arieddas, che parte dalla terra e viaggia verso la contemporaneità. «Una cucina deve essere legata ai prodotti. La tradizione è fondamentale e ce la dobbiamo portare dentro, ma la tradizione è il sedimento di qualcosa che è già passato». Ed è vero: la tradizione si muove, alla velocità della luce. E la bravura sta nello starle dietro.

In questo caso, Pier Giorgio Parini è riuscito ad interpretare al meglio quella sarda, pur conoscendola poco. E Francesco Vitale, classe 1991, pugliese di nascita, ma sardo d’adozione, con tante belle esperienze alle spalle, tra cui quella con quel genio culinario di Roberto Petza, ha messo mani e testa in una cucina, che sa interpretarla al meglio.

La materia prima è quella della Marmilla, dell’orto del contadino, dei piccoli produttori che popolano questa terra a una cinquantina di chilometri da Cagliari e resa ancora più interessante dal punto di vista gastronomico, proprio perché rappresenta l’eccellenza della provincia che si fa strada, al di la dell’offerta nei grandi centri abitati.

Lorighittas @Arieddas

E allora a tavola si porta quello che arriva. Il ragù è quello di pollo, ruspante e saporito, a cui non viene tolto nulla, neppure i fegatini, che regalano alle lorighittas, meravigliosa tipologia di pasta intrecciata realizzata solo a Morgongiori, paesino sempre in Marmilla, un non so che di casa. La cipolla, ortaggio modesto portato a elevazione con una panatura leggera e croccante.

S’ou cun bagna, le uova al sugo, quelle semplici che ricordano le cene d’estate, con i pomodori buoni, che in questo caso sono arrostiti per rendere ancora più irrinunciabile la scarpetta, fatta con il pane rigorosamente preparato a mano. Su filindeu, altra pasta dono di Dio in Sardegna, che oggi sanno preparare più o meno cinque o sei persone in tutta l’isola: qui è servita con un brodo di verdure arrosto che danno un tocco di sapore orientale e arricchita con l’olio al trambolotto, antico agrume ideato dai monaci cistercensi. La pecora, in tre consistenze, con uno spiedino di pancia che lascia la bocca morbida e grassa. La seada, classica ma con una gremolada di verdure in accompagnamento.

Il menu è alla carta, ma è previsto anche un percorso degustazione, accessibile nei sapori e nel costo, che spinge alla condivisione, con piatti che diventano la scusa per vivere un pasto in compagnia, come se si fosse in famiglia durante una normale domenica a pranzo. Un menu che può anche cambiare quotidianamente, in base alle ceste di ortaggi e frutta che bussano all’uscio ogni mattina. Come l’anguria, che si presta ad essere brasata in una proposta che ha a che vedere con qualcosa di mai provato: alla vista si presenta quasi come un carpaccio di manzo, al palato si fa carnosa come un peperone e in quel momento ti accorgi di non poterne più fare a meno.

@Arieddas

La carta dei vini è essenziale, ma curiosa. C’è ovviamente tutta la proposta della Cantina Su’entu, che, diciamolo pure, è stata la prima a produrre Bovale con la denominazione Marmilla Igt, ma ci sono anche vini che strizzano l’occhio sia ad altre zone enologiche della Sardegna che al di là del mare.

Una proposta, quella di Arieddas, che unisce i puntini. Sulle persone e la loro storia, sul territorio e anche sulla sala, integrata nell’ambiente circostante da grandi vetrate, che lasciano lo sguardo libero di vagare e nei dettagli: legno, argilla e tessuti, anch’essi realizzati da artigiani locali, come ad esempio Maria Antonia Urru, azienda di tappeti sardi tradizionali di Samugheo.

«Arieddas è una scusa per raccontare il territorio», dicono. Ed è vero. E forse è quello di cui la Sardegna ha bisogno. Di un collante tra le parti, di una barca che viaggia nella medesima direzione con remi e sforzi sincronizzati. Di un qualcosa che va oltre l’essenza prettamente turistico-balneare dell’isola, ma che si presta ad un racconto più intriso di realtà e meno edulcorato da paesaggi instagrammabili e filtrati. È la Sardegna del colore mutante dei campi, degli uomini e delle donne dell’agricoltura, della fatica e del sudore, della soddisfazione, dei grandi sogni. È la Sardegna, nella sua veste migliore.

Arieddas, Su’entu Agricola
S.P. 48 Km 1,8 (Strada Sanluri-Lunamatrona) – Sanluri (Su)

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