Sono passati 524 giorni da quando Vladimir Putin ha ordinato l’invasione dell’Ucraina. Quasi un anno e mezzo. Un tempo lunghissimo in cui gli ucraini hanno lottato per difendere il loro territorio, la loro casa, le loro vite dagli attacchi criminali della Russia. Sono mesi in cui lo stress, le paure, l’ansia e i problemi psicologici non passano, anzi si affastellano, si sommano, si ammassano uno sull’altro.
Già un anno fa il ministero della Sanità ucraino diceva che a causa della guerra il cinquantasette per cento degli ucraini correva il rischio di sviluppare un disturbo da stress post-traumatico. «Ci sono più di due milioni di persone che hanno un disperato bisogno di medicinali a base di cannabis. E dopo la fine della guerra ce ne saranno ancora di più, in particolare tra i soldati feriti», aveva detto Mykhailo Radutskiy, capo della Commissione per l’assistenza sanitaria del Parlamento ucraino.
È per questo che Kyjiv sta lavorando per ampliare la varietà di sostanze con cui curare cittadini e soldati, legalizzando dei medicinali a base di cannabis terapeutica. A giugno Zelensky ha chiesto al Parlamento di accelerare su un provvedimento rimasto in sospeso per due anni: lo scorso 13 luglio la Verkhovna Rada ha approvato un disegno di legge per legalizzare la cannabis terapeutica. Si tratta di una proposta presentata dal governo a giugno dello scorso anno, con il sostegno del ministero della Sanità ucraino, del Consiglio per la sicurezza e la difesa dello Stato e più di 40 oncologi ucraini.
L’invasione russa ha giocato un ruolo decisivo, ha cambiato le prospettive e le priorità. La guerra ha reso tutti più consapevoli di cosa vuol dire dover trattare clinicamente ansia e dolore, e quanto possono essere d’aiuto medicinali specifici. Ne ha parlato in una recente intervista all’Ukrainska Pravda anche Yulia Paievska, soprannominata “Taira”, paramedica ucraina vincitrice del premio Sakharov 2022, che ha quasi dieci anni di esperienza di lavoro al fronte: «La cannabis terapeutica non funziona per tutti, ma probabilmente funziona per l’ottantacinque o novanta per cento delle persone. Per quanto riguarda le condizioni psicologiche, la cannabis terapeutica allevia decisamente la fase acuta e può sostituire le droghe pesanti come gli oppiacei». È possibile che un ruolo, minore, l’abbiano avuto anche gli attivisti dell’associazione Ukranian Hemp. Lo scorso 20 aprile hanno avviato una campagna di sensibilizzazione per la depenalizzazione della marijuana nel Paese distribuendo semi per le strade delle città in gran parte del Paese.
Ad ogni modo, la proposta di legge approvata in una prima lettura dal Parlamento ucraino punta a creare nuove condizioni normative per una circolazione legale limitata della cannabis, la sua resina, gli estratti e le tinture per uso a scopi medici, industriali e scientifici. Si vuole anche consentire alle strutture sanitarie e alle aziende di acquistare, trasportare, conservare e distribuire medicinali a base di cannabis. Tutto con un rigoroso monitoraggio della produzione e della distribuzione dei prodotti lungo la catena di approvvigionamento. E i pazienti potranno accedere ai medicinali solo con una prescrizione firmata da un medico.
«Dobbiamo applicare tutte le politiche più efficaci per fare in modo che gli ucraini, tutti i nostri cittadini, non debbano sopportare il dolore, lo stress e il trauma della guerra», aveva detto Zelensky. «In particolare, dobbiamo finalmente legalizzare in modo razionale i medicinali a base di cannabis per tutti coloro che ne hanno bisogno, con un’adeguata ricerca scientifica e una produzione nazionale controllata».
La legge è stata approvata da duecentosessantotto membri del Parlamento su quattrocentocinque. Adesso potrebbero esserci ulteriori revisioni in attesa della seconda lettura, che avverrà in autunno.
Come riporta Veronika Melkozerova su Politico, infatti, ci sono almeno due criticità che rischiano di far naufragare la legge. La prima è che questo provvedimento conserva per la cannabis lo status di sostanza proibita, complicando i percorsi di ricerca e sviluppo nel Paese. «Mentre verranno concesse licenze specifiche per la crescita, la produzione e la distribuzione – si legge nell’articolo – le regole relative a ricerca e sviluppo, studi clinici e utilizzo non sono chiare». Va detto però che il governo formalmente può modificare l’elenco delle sostanze proibite: potenzialmente potrebbe decidere di apportare questa modifica senza passare dal Parlamento.
La seconda criticità riguarda il divieto di importazione di materie prime fino al 2028, che rischia di ritardare la produzione di farmaci a base di cannabis terapeutica fino a quando la filiera ucraina non sarà pienamente operativa. Secondo alcuni critici del disegno di legge, questo dettaglio limiterà l’Ucraina nella capacità di produrre medicinali da materie prime importate dall’estero, impedendo un rapido accesso ai medicinali perché la coltivazione e la preparazione potrebbero richiedere diversi anni.
Kyjiv aveva fatto un tentativo di legalizzazione della cannabis terapeutica già nel 2019, ma non era stato approvato. Curiosamente, proprio quell’anno il Parlamento europeo aveva adottato una risoluzione con cui invitava i governi degli Stati membri a garantire la disponibilità di medicinali a base di cannabis terapeutica (attraverso l’importazione o produzione propria, soggetta al rispetto delle condizioni e degli standard nazionali). Il 25 ottobre 2020 il presidente Zelensky aveva annunciato un referendum nazionale conoscitivo e non vincolante per chiedere ai cittadini, tra le altre cose, se sostenessero «la legalizzazione della cannabis per scopi medici – per ridurre il dolore nei pazienti in condizioni critiche». Il 64,88 per cento dei partecipanti aveva risposto positivamente. Poi ad aprile 2021, Kyjiv ha approvato alcuni farmaci contenenti Thc e Cbd – cioè il Nabilone, Nabiximols e Dronabinol – per uso medico. Ma non c’erano stati altri passi avanti, fino all’invasione russa.