Tensione al limiteLa Polonia si sente sotto tiro al confine bielorusso a causa della Wagner

Dopo il golpe fallito più di mille mercenari di Prigozhin si sono rifugiati nel Paese di Lukashenko e da giorni si stanno esercitando con le truppe locali. Varsavia ritiene pericolosa la loro presenza alle porte dell’Ue e sta iniziando a progettare contromisure da attuare

AP/Lapresse

Attenzione, ma niente panico. Sembra essere questo, per il momento la linea seguita dalla Polonia a seguito dell’arrivo delle truppe della Wagner in Bielorussia e di un crescendo di dichiarazioni e allusioni minacciose provenienti da Mosca e Minsk nelle ultime settimane.

Il primo campanello d’allarme è suonato subito dopo lo strano tentativo di putsch messo in atto dalla compagnia di mercenari guidata da Yevgeny Prigozhin, quando il dittatore bielorusso Aleksandr Lukashenko, assurto al ruolo di mediatore, ha comunicato che quello che restava della Wagner si sarebbe riposizionato nel suo Paese.

Una decisione particolare, che portava i tagliagole di Prigozhin lontano dallo scenario di guerra ucraino, ma pericolosamente vicino ai confini dell’Unione europea. Una mossa che ha convinto le autorità di Varsavia a rafforzare il dispiegamento di soldati e mezzi militari a ridosso del proprio confine orientale.

Il 23 luglio Lukashenko è volato a Mosca per incontrare Vladimir Putin. Nel corso di una conversazione registrata il dittatore bielorusso ha dichiarato che i wagneriani sarebbero desiderosi di «fare una gita» in Polonia, a Varsavia o alla base militare di Rzeszów, e che lui sarebbe in qualche modo impegnato a dissuaderli. Un’uscita quanto mai teatrale quella di Lukashenko, mentre Putin reprimeva a stento un altrettanto teatrale mezzo sorriso.

Le minacce nei confronti della Polonia d’altra parte non sono una novità. Nell’ultimo anno e mezzo ne sono arrivate tante, soprattuto quelle recapitate con cadenza periodica a mezzo Telegram da parte del vicepresidente russo Dmitry Medvedev, per non menzionare quelle rilanciate da opinionisti e conduttori vari sulla televisione pubblica russa.

Eppure questa volta non si può ignorare che ci sia stato un cambio di passo. Le parole di Lukashenko erano state precedute qualche giorno prima da quelle di Vladimir Putin. In un altro messaggio registrato il dittatore russo aveva ricordato come le terre occidentali della Polonia, precedentemente tedesche, fossero state un «regalo» da parte dell’Unione sovietica. Un messaggio rivolto agli «amici polacchi» condito da un minaccioso «ve lo ricorderemo» che lasciava spazio e pochi dubbi.

Tralasciando il contenuto del messaggio, se tre indizi fanno un prova, viene da pensare che la Polonia sia stata messa nel mirino.

La risposta polacca
Qualche giorno fa il ministro dell’Interno Mariusz Kamiński, si è recato al valico di Krynki, nel Podlasie, per un incontro con la guardia di frontiera. «Abbiamo a che fare con persone indubbiamente molto pericolose. Li stiamo osservando queste persone, sappiamo bene dove si trovano e cosa faranno. Di sicuro non lasceremo scorrazzare omini verdi intorno al nostro confine».

Si stima che attualmente in Bielorussia si trovino tra i mille e i milleduecento miliziani della Wagner. La gran parte di loro è stanziata presso la base di Osipovichi, ma alcune dozzine si trovano al campo di addestramento di Brest, una delle più importanti città del Paese che si trova proprio sul confine con la Polonia.

Da qualche giorno i miliziani hanno avviato una serie di esercitazioni congiunte con l’esercito bielorusso. La motivazione ufficiale fornita dalle autorità di Minsk è quella di preparare i propri soldati a un possibile attacco dei soldati polacchi. Una tesi fantasiosa, che si associa a quella propagandata dal Cremlino secondo cui Varsavia bramerebbe di riconquistare la parte occidentale dell’Ucraina. Nel mondo reale è la Polonia che teme un attacco da est, ma per il momento al netto di tutto, la situazione appare sotto controllo.

Il numero dei miliziani della Wagner è molto limitato, e soprattutto non sono dotati di armamenti pesanti, che hanno dovuto riconsegnare a Mosca dopo il fallito golpe del 24 giugno. Questa è l’idea dell’ISW (Institute for the Study of War), che non vede una minaccia reale per la Polonia fintato che Wagner non sarà dotata di attrezzature meccanizzate. La situazione ovviamente potrebbe cambiare in futuro, ma al momento il distaccamento della Wagner in Bielorussia è dotato solo di autovetture, piccoli camion e diverse dozzine di semirimorchi.

Se fantomatiche marce su Varsavia appartengono al campo dell’irreale, non lo sono altrettanto ipotesi azioni di sabotaggio a corto e medio raggio che potrebbero, ad esempio, colpire i rifornimenti militari che dalla Polonia si spostano in Ucraina. Questo timore è più concreto.

Una delle possibili precauzioni potrebbe essere quella di chiudere completamente la frontiera tra i due Paesi. A domanda diretta, Kamiński non ha escluso questo scenario: «Prevediamo diverse varianti e le risposte saranno adeguate», ha detto il ministro aggiungendo che le autorità polacche sono in contatto con i vicini paesi baltici, anche loro oggetto delle minacce russe e bielorusse. «Non escludo che, se decideremo che questa sarà la risposta giusta, porteremo la Bielorussia al completo isolamento. Qualsiasi seria provocazione al confine tra Polonia, Lituania e Lettonia sarà accolta con una reazione congiunta, ferma e ponderata delle nostre autorità».

Intanto nel corso delle ultime settimane la parte orientale della Polonia, e in particolar modo la regione del Podlasie, è stata fortemente militarizzata. L’obiettivo rimarcato dal ministro della Difesa Mariusz Błaszczak a una radio locale è quello di scoraggiare qualsiasi tipo di azione ostile: «Il compito delle autorità polacche – ha osservato – è rafforzare il confine. Il punto è spaventare l’aggressore, per dimostrare che non vale la pena attaccare la Polonia».

La strategia della pressione
L’utilizzo di Wagner come elemento di destabilizzazione è in realtà solo l’ultima di una serie di strategie di pressione che ormai da tempo la Bielorussia esercita sulla Polonia e sull’area circostante. I rapporti di buon vicinato, o di cordiale antipatia si sono interrotti a partire dall’estate del 2020, nel momento in cui Lukashenko ha deciso di utilizzare il pugno di ferro nei confronti di chi manifestava contro l’esito delle elezioni presidenziali, che lo avevano visto “trionfare” per la sesta volta consecutiva. Un risultato, con ogni evidenza, truccato.

La repressione aveva portato portato migliaia di persone a cercare riparo in Polonia, e non aveva risparmiato nemmeno i cittadini polacchi residenti in Bielorussia. A uno di questi, il giornalista Andrzej Poczobut, è stata inflitta una condanna a otto anni in una colonia penale in quanto «minaccia per la sicurezza nazionale». Dal 6 luglio di quest’anno la famiglia non riceve sue notizie.

Le cose sono peggiorate drasticamente a cavallo tra la primavera e l’estate del 2021, con l’inizio della crisi migratoria al confine polacco – bielorusso. Una crisi indotta dal governo di Minsk, molto probabilmente con la regia di Mosca, che aveva creato una rotta migratoria artificiale, moltiplicando i collegamenti aerei con diversi paesi del Medio e del Vicino Oriente, e favorendo l’emissione di visti a basso costo. Alle persone veniva garantito un facile trasporto verso l’Unione europea, meta finale del loro viaggio. Nei fatti, i migranti venivano accompagnati alla frontiera con la Polonia, e obbligati a proseguire attraverso la foresta. La crisi ha raggiunto il suo apice in autunno, quando Varsavia ha fatto costruire le prime barriere provvisorie per arginare il flusso delle persone. Un situazione di altissima tensione che è solo parzialmente rientrata cona la decisione di Minsk di far rimpatriare molte di quelle persone.

Varsavia ha proseguito nel suo progetto di costruire una barriera in muratura alta oltre cinque metri e dotata di telecamere per monitorare il confine. Una scelta che alla luce degli avvenimenti recenti il governo rivendica come corretta.

L’invasione russa dell’Ucraina ovviamente non ha fatto che peggiorare le cose. Se da un parte la Bielorussia si è vista de facto unire militarmente alla Russia, la Polonia è diventata un elemento chiave per gli aiuti militari a Kyjiv.

Le minacce di questi giorni potrebbero mirare soprattutto a cercare di intimorire i polacchi e influenzare le elezioni parlamentari che si svolgeranno in autunno. A fronte di un sostegno trasversale della politica e della società civile, i sondaggi degli ultimi mesi stanno registrando una notevole avanzata di Konfederacja, partito di destra che a differenza di PiS (Diritto e Giustizia) non vede di buon occhio il sostegno all’Ucraina. In verità le ragioni della crescita di Konfedaracja sono altre, principalmente legate al suo ultraliberismo economico, ma è ipotizzabile che l’asse Mosca-Minsk punti a far leva sulla paura di un’espansione del conflitto per poter creare ulteriore destabilizzazione.

Allo stesso tempo va però segnalato come l’inasprirsi della tensione porti anche acqua al mulino di Diritto e Giustizia, impegnato in una dura campagna di delegittimazione dell’opposizione democratica di Piattaforma Civica e del suo leader Donald Tusk. Il primo ministro Mateusz Morawiecki ha dichiarato che se nel 2019 le elezioni fossero state vinte dall’attuale opposizione, oggi le truppe di Wagner sarebbero state in grado di raggiungere Varsavia in due ore. Non un grande complimento all’esercito polacco, ma in campagna elettorale si sa, vale tutto. O quasi.

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