Il caso RubialesTutta la politica spagnola (tranne Vox) si schiera contro il capo della federcalcio

Sia il leader del Partido Popular che il premier socialista Sanchez hanno chiesto le dimissioni (che non ci saranno) del dirigente spagnolo al centro delle polemiche per il bacio non consensuale dato alla calciatrice Hermoso durante la celebrazione per la vittoria del Mondiale femminile. Mentre il leader sovranista Abascal è rimasto misteriosamente in silenzio

LaPresse

Non si dimette, Luis Rubiales. Da giorni, il presidente della Federcalcio spagnola Rfef è al centro delle polemiche per un bacio non consensuale dato alla calciatrice Jenni Hermoso, durante la premiazione per il titolo mondiale vinto. Ieri, i media iberici ne avevano anticipato il passo indietro, ma quest’oggi Rubiales si è presentato all’assemblea federale annunciando che non si dimetterà, e accusando invece le femministe e i politici di sinistra che lo hanno attaccato.

Quarantasei anni, ex-difensore di buon livello, avvocato di professione ed ex-presidente del sindacato dei calciatori Afe, guida la Rfef dal 2018, ma negli ultimi tempi ha fatto parlare soprattutto in negativo. Dall’inchiesta per corruzione che lo vede coinvolto assieme all’amico ed ex-calciatore Gerard Piqué per l’organizzazione della Supercoppa all’Arabia Saudita, fino al variegato show inopportuno andato in scena durante la finale dei Mondiali femminili. E ovviamente alla difesa del ct Jorge Vilda, accusato da un anno dalle giocatrici di abusi psicologici e proprio oggi rinnovato per altri quattro anni. Scavando nel suo recente passato, i media spagnoli hanno scoperto che nel 2016 Rubiales era già stato denunciato da un dipendente dell’Afe, che all’epoca dirigeva, per comportamenti misogini e umilianti.

Nulla di tutto questo è bastato per convincerlo a fare un passo indietro, e anzi il suo discorso sembra andare in senso completamente opposto. Lo scontro non sarà confinato al calcio, però, perché il vero problema è che contro Rubiales si è schierata quasi tutta la classe politica spagnola. E non a caso, oggi Rubiales ha annunciato anche delle querele contro Yolanda Díaz, leader di Sumar, e contro tre esponenti di Podemos, Irene Montero, Ione Belarra y Pablo Echenique.

La politica contro Rubiales
«Un gesto inaccettabile», lo ha definito martedì il presidente del Governo Pedro Sánchez in conferenza stampa, aggiungendo che le scuse di Rubiales sono state «insufficienti», e chiedendone le dimissioni. L’intervento diretto del governo nella polemica è sicuramente un fatto nuovo – anche se comprensibile, visto l’impegno dell’esecutivo spagnolo sul fronte dei diritti delle donne – e rende bene la serietà della situazione. Mentre Sánchez rilasciava queste dichiarazioni, i suoi alleati di Sumar, il movimento di sinistra guidato da Yolanda Díaz, presentava denuncia contro Rubiales presso il Consiglio Superiore dello Sport.

La politica si è mossa subito, e a sorpresa non è stato solo il governo di sinistra ad attaccare il capo della Federcalcio. Se le prese di posizione di Sánchez e Díaz, così come anche quelle del ministro dello Sport Miquel Iceta e del Ministro della Presidenza Félix Bolaños – che hanno avvisato che, in caso di mancate dimissioni, il governo sarebbe intervenuto in prima persona – meno scontate erano quelle del Partido Popular. Il principale partito di opposizione è spesso stato timido sui temi legati ai diritti delle donne, in particolare sotto la leadership di Alberto Feijóo. E infatti ad accodarsi al governo nel chiedere le dimissioni di Rubiales sono stati solo il vicepresidente del PP Borja Sémper e la segretaria generale Cuca Gamarra, anche se il fatto rimane di primo piano.

Questa situazione va poi inserita nel quadro più ampio della tesa battaglia politica che si sta giocando in questi giorni in Spagna. I popolari sono risultati il primo partito alle elezioni dello scorso 23 luglio, e proprio questa settimana il Re Felipe ha dato incarico a Feijóo di provare a trovare una maggioranza. Cosa non semplice, visto il risultato sotto le aspettative di Vox, e che ha spinto il PP ad assumere posizioni più moderate. Sémper e Gamarra non hanno fatto mancare delle stoccate a Sánchez (il primo ha accusato il governo di non essere abbastanza chiaro su Rubiales, mentre la seconda si è augurata che l’amicizia tra premier e presidente della RFEF non influisca sulla decisione finale), ma il caso Rubiales ha segnato un inattesa convergenza di intenti tra i due grandi partiti.

Il calcio come banco di prova politico
Forse il futuro della Federcalcio potrebbe rivelarsi il terreno adatto per gettare le basi di un’alleanza di governo, che taglierebbe fuori Sumar ma soprattutto Vox. Il partito di estrema destra sta crollando nei sondaggi, e come sottolineato da Público il suo leader Santiago Abascal è rimasto stranamente in silenzio sul caso Rubiales. Proprio lui che, abituato a tuffarsi in ogni polemica, si è segnalato in questi anni per un’assidua frequentazione degli stadi spagnoli e anche per i legami con alcune figure di spicco del fútbol iberico, come il presidente della Liga Javier Tebas o i calciatori Pepe Reina e Dani Carvajal.

Negli ultimi anni, la Spagna ha investito moltissimo sul calcio femminile, ricavandone un ritorno d’immagine ed economico considerevole, di cui il titolo mondiale di questa estate è solo la ciliegina sulla torta. Nella primavera del 2022, il Barcellona ha fatto registrare due affluenze record al Camp Nou per la squadra femminile (oltre 91.500 persone contro il Real Madrid a marzo, e più di 91.600 ad aprile contro il Wolfsburg in Champions League). Si tratta di patrimonio sociale riconosciuto trasversalmente, e che la politica intuisce di dover sfruttare.

Ma l’ombra della campagna elettorale è forte: un anno fa, quindici giocatrici della nazionale avevano denunciato i comportamenti psicologicamente abusivi del ct Jorge Vilda, che era stato difeso e confermato da Rubiales. All’epoca, nessun politico si interessò della vicenda. E adesso, proprio Vilda si trova a sua volta accusato di molestie, dopo che le immagini della finale lo hanno mostrato toccare il seno di un’assistente, ma il suo nome è rimasto finora ai margini della polemica.

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