Palla di vetro Cosa e come mangeremo nei prossimi mesi

Backslash, l’unità di intelligenza culturale di TBWA\Worldwide, ha presentato il report Future of Food. Tra crisis hacking e intuitive eating, ecco come cambierà la nostra dispensa

Foto di Drew Dizzy Graham su Unsplash

Per prevedere il futuro del cibo basta uno sguardo abbastanza affilato su quello che arriva in tavola e, per salvarsi dalle dissonanze cognitive, qualche buon dato da contestualizzare.

Superato il Ferragosto, l’anno scivola verso la sua graduale conclusione con il consueto carico di aspettative per un futuro ignoto, incerto e a tratti inquietante. Gli eventi catastrofici legati al cambiamento climatico stanno cancellando numerose coltivazioni in Italia e nel mondo, riscrivendo le coordinate della nostra dispensa.

Nella folle corsa per arrestare questo affondamento di quel Titanic collettivo chiamato Terra, si incita a limitare il consumo della carne da un lato, condannando i prodotti sintetici dall’altro.

C’è chi guarda a carboidrati alternativi, che in Africa sono passato e presente già da secoli, per scoraggiare coltivazioni idrovore. C’è chi vede in un problema – il granchio blu – un’alternativa alimentare da inseguire per assecondare il nuovo corso ambientale. Si incoraggiano aperitivi a base di alghe, verdure e insetti per continuare a ritagliarci momenti di giovialità gastronomica senza pesare sul pianeta. In cerca di una direzione, sopraffatti dall’ecoansia pure in cucina, ci si chiede: quale sarà il futuro del cibo?

Alcune risposte
Backslash, l’unità di intelligenza culturale di TBWA\Worldwide, ha presentato Future of Food, un report che vuole dare qualche risposta al desiderio globale di essere sempre sul pezzo quando si tratta di sapere cosa mangiare. Il lavoro è suddiviso in quattro parti: Food RX (Cibo al microscopio), Food under review (Cibo sotto esame), Beyond consumption(Oltre il consumo), Tech’s Kitchen (La cucina tecnologica).

In apertura, c’è anche un’interessante parentesi sui media, vocaboli e trend legati all’alimentazione.

Future of Food arriva in un momento storico e sociale in cui il cibo è al centro di diversi fronti di discussione: dal cambiamento climatico fino alla giustizia sociale. Oggi quella alimentare non viene più valutata come un’industria a sé stante, ma come un ingrediente chiave per un futuro alimentare più sinergico rispetto all’ambiente e alle disuguaglianze sociali.

Come spiega Agathe Guerrier, Global Chief Strategy Officer di TBWA\Worldwide, «Per molto tempo, il progresso nel cibo ha significato comodità. Ma il risultato è che ci siamo disconnessi dai processi naturali attraverso i quali gli ingredienti diventano cibo, con un impatto negativo sulla nostra salute, sul pianeta e sull’accesso equo alla nutrizione. È il momento della partecipazione pratica di brand e consumatori».

Le parole del cibo
Nella sezione Food for Culture si analizzano i media, i termini e i trend alimentari che vivremo nel prossimo futuro. Sono segnalati i profili di Pasta Grannies, le nonnine italiane che raccontano i piatti tradizionali, il gioco Free Rice collegato al World Food Programme dell’Onu, il programma Netflix Is it Cake? e la serie Cherry Bombe, composta da magazine, podcast ed eventi che celebrano le donne nel cibo.

Anche il vocabolario gastronomico cambierà. Si parlerà sempre più di food gentrification (processo che fa trendy i cibi tradizionali economici, cancellandone le radici culturali e rendendoli economicamente meno accessibili), intuitive eating(trend da 1,7 miliardi di visualizzazioni che incoraggia a mandare al diavolo le diete, facendosi guidare a tavola dall’intuito), regenivore (persone che comprano cibo solo da aziende attive sul fronte ambientale) e mylk (ovvero le classiche bevande vegetali usate come sostituto del latte tradizionale).

Sul fronte food fashion ci sono diverse novità. Dopo il successo della borsa BAGuette, Panera ha lanciato una boutique con articoli ispirati ai carboidrati. McDonald’s continua a ispirare capi di abbigliamento tanto da far parlare di McOutfit e c’è stato addirittura un piumino chiamato “Pasta Puffer” che nell’inverno 2023 è andato a ruba. Luis Vuitton ha creato DREAM, una nuova destinazione gastronomica parigina che combina estetica, moda e buon cibo.

Il cibo al microscopio
In Italia l’81 per cento (e il 79 per cento nel resto dei Paesi) degli intervistati mette al centro la necessità di poter prendere decisioni sulla salute e il corpo, nel proprio interesse. Il che fa apparire il cibo sempre più come un farmaco. Lo dimostrano le startup dedicate alle diete personalizzate, il grande rilievo dato alla nutraceutica e i regimi nutrizionali antistress. Basti pensare che già nel 2018 la Food and Drugs Administration ha classificato l’olio extravergine d’oliva come farmaco, autorizzandone l’uso a livello industriale.

Tuttavia, proprio i farmaci vengono posti sotto accusa dal report perché sono visti anche come una panacea contro l’aumento di peso. Basti pensare alla Liraglutide, il principio attivo messo a punto per trattare il diabete mellito di tipo 2, spesso introvabile perché finito nel mirino di chi vuole dimagrire velocemente. Da rimedio per una vita più salubre a strumento per continuare a mangiare male. Un fronte aperto su cui lavorare.

Cibo sotto esame
La ricerca del cibo “buono” si traduce in una ricerca di alimenti etici, sostenibili e inclusivi. Le ragioni sono molteplici. Al primo posto c’è: «Proteggere la biodiversità e intraprendere azioni per aiutare la natura a prosperare». Al terzo posto a livello globale, con il 56 per cento degli intervistati che lo ritiene importante, c’è «Spendere soldi in modo da sostenere la sostenibilità».

Se in passato una tecnica impressionante e un impiattamento perfetto potevano essere i segni distintivi di un buon pasto, oggi i consumatori giudicano il cibo attraverso una lente diversa, che guarda a come gli alimenti sono prodotti. Questa visione porterà a un aumento dei prodotti con etichetta trasparente dedicata non solo agli ingredienti, ma anche alle emissioni, con restrizioni più severe sulla carne bovina e un rinnovato apprezzamento per i piatti tradizionali.

Oltre il consumo
Anche pensando alla dispensa si parla di Crisis Hacking, ovvero l’hackeraggio della crisi, inteso come trovare soluzioni alternative a problemi esistenti.

Il 64 per cento dei consumatori in Italia (e il 60 per cento a livello globale) ha dichiarato di «riconoscere l’importanza di modificare il proprio stile di vita in risposta alla scarsità di risorse». Man mano che il nostro sistema alimentare subisce una riprogettazione interattiva, i consumatori passivi diventeranno partecipanti attivi.

Dopo aver inseguito per anni la comodità sotto forma di supermercati riforniti di ogni bene e di applicazioni per la consegna di pasti ultraveloci, ci si sta rendendo conto che questo approccio “contactless” al cibo non ci sta giovando. Alla ricerca di stabilità, gli individui stanno reimparando a procurarsi ciò che mangiano, a coltivare i propri prodotti e a ridistribuire ciò che è in eccesso a chi ne ha bisogno.

La cucina tecnologica
Il Disruption Index ha rilevato che il lab-made, letteralmente “creato in laboratorio”, non è il più noto dei cambiamenti culturali. Poco meno della metà, 49 per cento degli intervistati in Italia e 46 per cento a livello globale, concorda sulla sua importanza. Tuttavia, per chi è attento alla sostenibilità, la sua influenza sta crescendo, rendendo il cibo sintetico un fenomeno da tenere d’occhio per il futuro.

Il ruolo della tecnologia nell’alimentazione viene valorizzato e tenuto in considerazione. Mentre le narrazioni culturali di lunga data ci hanno insegnato a scegliere alimenti “completamente naturali” a favore di quelli contaminati dalla tecnologia, sembra esserci un pressante bisogno di innovazione anche nel carrello della spesa.

Inseguendo un futuro più sostenibile, saremo sempre più portati a vedere in modo positivo la relazione tecnologia e cibo, aprendoci di più alle proteine prodotte in laboratorio, alle innovazioni anti-spreco e agli ingredienti scoperti dall’intelligenza artificiale.

Con buona pace di chi pensa di mettere in pausa il futuro gastronomico.