C’è un gioco di tattica, intuizione e tanta fortuna che coinvolge per nove mesi almeno sei milioni di italiani. Fa soffrire e gioire, arrabbiare e godere. Gira tutto intorno a un pallone e al modo in cui ventidue giocatori lo fanno girare in campo. No, non è il calcio, ma il suo moderno e a volte tecnologico prolungamento: il fantacalcio. Un microcosmo prevalentemente maschile che negli anni è diventato un fenomeno di massa.
Il calcio è il centro di questo rito pagano che ruba però elementi anche da altri sport e discipline. Per giocare al fantacalcio bisogna studiare la psicologia degli avversari come nel poker e costruire una tattica coerente, prevedendo mosse e contromosse degli avversari, come negli scacchi. Ogni settimana si diventa un po’ medici valutando con rigorosa cura i tempi di recupero di strappi e stiramenti. Termini come “elongazione” o “adduttore”, un tempo solo sulla bocca dei fisioterapisti, sono diventati familiari come buongiorno e buonasera. Ogni estate si passano ore e ore su YouTube a guardare compilation di carneadi appena sbarcati in Serie A, cercando di cogliere in un colpo di tacco o in uno smarcamento i segnali di un futuro campione capace di ottenere sempre la sufficienza.
Con la stessa meticolosità dell’analista del film “Moneyball” si analizzano tutti i dati di un giocatore: presenze, reti, occasioni create, passaggi riusciti ma anche nazionalità di provenienza e mentalità, perché non si sa mai come si troverà quel terzino abituato a una difesa a quattro con un allenatore che gioca col 3-5-2. Nulla è lasciato al caso, anche se questo gioco ha i suoi misteri, come l’incomprensibile criterio per cui un centrocampista viene «listato» (ovvero inserito nella lista generale da cui i fantallenatori scelgono i giocatori che comporranno la loro squadra) come un attaccante o viceversa. La questione non è di lana caprina perché un esterno di centrocampo capace di fare oltre dieci goal e qualche assist è oro colato per chi non ha avuto abbastanza crediti (la moneta di questo gioco) per comprare due centravanti decenti.
Il fantacalcio contiene in sé moltitudini, ma c’è una caratteristica intramontabile che lo ha reso così popolare: è un gioco di comunità che si esalta o deprime in base ai suoi interpreti. Nel tempo è diventato meno faticoso grazie a diverse app che permettono di inserire facilmente la formazione o fogli excel in grado di non far sbagliare i conti, soprattutto tra amici. Non esiste un’unica piattaforma e forse è anche per questo che è così diffuso. Ci si può giocare in tre, in trenta o addirittura in trecento. E spesso lo si fa per soldi, sufficiente motivazione per non scordarsi di schierare la propria squadra ogni turno di serie A.
Il suo successo sempre più crescente ha cambiato in parte anche il tifo di millennial e generazione Z: la squadra del cuore è una fede a cui credere a occhi chiusi, ma forse una palpebra si apre volentieri per tifare le prestazioni dei singoli giocatori delle altre squadre, solo loro sia chiaro, che giocano titolari nella propria squadra del fantacalcio.
Il fenomeno non coinvolge solo i tifosi comuni, ma anche famosi addetti ai lavori, come telecronisti e giornalisti. Per esempio l’esperto di calciomercato Fabrizio Romano, diventato da poco l’utente di Twitter più influente al mondo con oltre quattro miliardi di interazioni sul suo profilo, spiega a Linkiesta perché anche lui farà quest’anno due aste del fantacalcio: «Lo faccio con gli amici di sempre. È una tradizione a cui non voglio rinunciare perché il segreto di questo gioco è che tiene uniti, senza filtri e finzioni. Un legame sincero e spensierato non mediato dai social. Siccome è sempre più raro avere rapporti così, teniamocelo stretto. E poi la bellezza del fantacalcio sta nella libertà di scelta: che tu sia un grande esperto o un ragazzo comune di qualsiasi città d’Italia, grazie al tuo intuito e un po’ di fortuna puoi scegliere il campione che ti svolta la stagione. Amo scambiare i giocatori: mi piace essere creativo e trovare soluzioni intelligenti per riempire la casella giusta. Il paradosso è che spesso ho più piacere a concludere un bello scambio che vincere una partita. Mentre l’aspetto che mi piace meno è quello legato ai voti. Alcune volte vedo delle pagelle incomprensibili in giro e mi avveleno giornate intere, ma fa parte del gioco».
Chi lo ha inventato e come funziona
Lo ha inventato nel 1988 il giornalista sportivo Riccardo Albini, rielaborando in maniera originale i principi della guida al Fantasy Football dell’Nfl, scritta da Cliff Charpentier. Il primo esperimento fu un semplice torneo con alcuni amici di un bar milanese durante gli Europei dello stesso anno. L’accordo con la Gazzetta dello Sport nel campionato 1994/1995 coinvolse addirittura settantamila persone. Poi i numeri sono aumentati drasticamente quando Internet è diventato sempre più accessibile e popolare. La Gazzetta ha perso la sua centralità da circa dieci anni, e ora esistono una quindicina di piattaforme online che permettono a sei milioni di appassionati di creare la loro lega personale, con amici o sconosciuti. Un mercato che vale circa dodici milioni di euro di fatturato diretto a stagione, secondo Prima Comunicazione.
Per capire tutti i dettagli del Fantacalcio ci vuole una scienza, per coglierne al volo il senso basta apprendere due regole. Primo: ogni settimana i fantallenatori devono schierare una formazione di undici giocatori della serie A tra una rosa di quelli che hanno acquistato con un budget predefinito (o un numero massimo di crediti per giocatore) in una asta con gli altri concorrenti. Secondo: i fantallenatori si scontrano a uno a uno nei turni di campionato e ottengono punti in base alle prestazioni dei giocatori scelti. I punti vengono assegnati in base a diverse statistiche: la media delle pagelle dei giornali, i goal, assist, rigori parati e segnati.
Cos’è questa benedetta asta
L’asta è la messa del Fantacalcio. Il luogo fisico, e a volte metafisico, dove si ha la presunzione di decidere il proprio destino, salvo poi vedere tutta la paziente strategia crollare in frantumi al primo infortunio del campione strapagato. Ci sono tanti modi per organizzare l’appuntamento in cui si decidono le formazioni dei fantallenatori che si sfideranno durante il campionato. Può essere una diretta su Twitch, una pizzata con gli amici o addirittura in spiaggia, come l’evento organizzato il 14 agosto al Tortuga Beach di Rimini da Fantacalcio.it con due dei fantallenatori più noti in questo microcosmo come Lodovico Rossini e Antonio Giordano. Con un meccanismo che richiama la mistica della Fabbrica di cioccolato di Willy Wonka, tre giovani su un centinaio sono stati scelti per partecipare a questa speciale lega. Gli altri hanno comunque potuto influire sulle scelte dei giocatori, rendendo il gioco più interattivo del solito.
Nella maggior parte dei casi però, l’asta avviene durante un incontro tra amici. Il meccanismo generale è più o meno simile a qualsiasi latitudine: tutti partono con lo stesso numero di crediti (cento, trecento, cinquecento, mille in base alla quantità e al masochismo dei partecipanti) per acquistare tre portieri, otto difensori, otto centrocampisti, sei attaccanti.
Tutti desiderano costruire la squadra perfetta: avere il portiere pararigori con meno di venti reti subite a campionato, difensori goleador che ottengono sempre almeno la sufficienza, centrocampisti con dieci goal sulle gambe e attaccanti capaci di fare doppiette e triplette a volontà. Non basta solo realizzare la propria squadra dei sogni, bisogna anche far fallire quella degli altri. Ed è qui che il calciomercato subisce lo stesso epilogo del signore delle Mosche: una carneficina, ma senza l’illusione della sopravvivenza.
L’asta avviene in ordine alfabetico e in base alle categorie. Prima i portieri, poi i difensori, i centrocampisti e infine gli attaccanti. Non esiste una strategia vincente: c’è chi punta tutto sulla difesa e il centrocampo, arrivando alla fine con meno di cinquanta crediti per acquistare l’attaccante e chi invece preferisce prendere uno, massimo due difensori e centrocampisti buoni per poi fare all in sul potenziale capocannoniere.
Le strategie dei fantallenatori e il diabolico «più uno»
A complicare la vita è il prezzo iniziale dei giocatori: si parte generalmente da un credito per i calciatori sconosciuti che passeranno sicuramente la Serie A in panchina, fino ai venticinque o trenta crediti di partenza per campioni come Osimhen, Lautaro, Vlahovic. Le quote variano da fantalega a fantalega, ma non gli ordini di grandezza. I brocchi costano poco, i campioni tanto: in mezzo si cerca un posto al sole. Il secondo ostacolo è il rilancio degli avversari. Un ingenuo giocatore che pensa di aver fregato tutti prendendo Koopmeimers o Barella a venti crediti, può arrivare a spenderne novanta di rilancio in rilancio.
Per arrivare a questo sfiancante esito basta applicare la tecnica più subdola: il più uno. C’è qualcosa di diabolico nel primo fantallenatore che ha applicato questa tortura cinese aggiungendo di un numero, e solo un numero, la cifra per comprare il giocatore. Traduciamo: «Per Osimhen offro sessanta crediti», urla il malcapitato sperando di stupire gli avversari. Dopo tre lunghissimi secondi, si sente una voce dall’altra parte del tavolo (o dello schermo) «Io offro sessantuno», e un altro: «Io sessantadue». Poi i pronomi personali scompaiono: «sessantatré», «sessantaquattro», «sessantacinque», «sessantasei». E così via. Ogni rialzo viene comunicato con voce sempre più assente, robotica, per dimostrare all’avversario che si è disposti ad arrivare fino alla fine dei numeri conosciuti dall’uomo.
Questo trucco psicologico serve per far strapagare i giocatori agli avversari, ma se usato male porta a dilapidare il proprio patrimonio. Per questo va selezionato con cura. La beffa è per chi arriva a usare il quaranta per cento dei propri crediti per un giocatore che quest’anno giocherà la coppa d’Africa a gennaio, saltando almeno dieci partite. Un errore commesso da chi scrive.
C’è invece chi preferisce puntare sui nuovi arrivati in Serie A, sconosciuti dal nome esotico, campioni di provincia, vecchie glorie pronte alla loro ultima grande stagione. Ma è sottile il confine tra scommessa vincente e bidone clamoroso. Per rimediare c’è sempre tempo: gli scambi e gli acquisti nelle sessioni speciali o di riparazione a fine mercato. Il fantacalcio è anche utile ai partner dei giocatori per capire l’abitudine finanziaria della loro anima gemella: avete accanto un calvinista risparmiatore o epicureo spendaccione? Prima di accendere un mutuo consigliamo di assistere a un’asta. Arrivati ai difensori si avranno già le idee chiare.
I guru del fantacalcio e il ruolo di Eupalla
Ricapitoliamo: per vincere bisogna essere talent scout, indovini, strateghi e un po’ bugiardi. Chi non pensa di possedere tutte queste qualità si affida ai consigli di esperti che negli ultimi anni hanno aperto canali YouTube, pagine Instagram e account Twitter dando consigli utili per non fallire nel creare la propria squadra. I guru del fantacalcio sciorinano neologismi usciti da una variante distopica del processo di Aldo Biscardi: slot, switch, low–cost, classic, mantra, modificatore. Le due teorie più suggestive sono quella del “doppio re” (schiera due portieri di squadre diverse, entrambi considerati affidabili e che probabilmente non subiranno goal se giocheranno contro squadre piccole) e delle fasce, ovvero: non innamorarti di un giocatore in particolare, ma cerca di prenderne uno o due tra quelli considerati più forti di Fascia A, così vai sul sicuro. Poi componi il resto della rosa prendendo quelli di Fascia B e C. Se la lega è composta da dieci persone, il saggio fantallenatore proverà a prendere uno dei primi dieci attaccanti, poi uno dei migliori tra l’undicesimo e il ventesimo etc.
Una scelta che però negli ultimi anni non ha pagato, come spiega Rossini in uno dei suoi originali video su Youtube con una fotografia simile ai videoclip di Francesco Lettieri: «La Serie A ha sempre meno certezze in termini di calciatori importanti e si finisce per mettere a forza calciatori non top in slot alti, solo perché gli slot devi riempirli. Si gioca un calcio fluido e quindi un fantacalcio ancora più fluido. Gli slot anche durante la stagione sono in continua evoluzione».
Ma se gli slot non valgono più, se la competizione è agguerrita, se non si può prevedere il futuro, allora come si può garantire la vittoria? Semplice, non si può. L’equivoco del fantacalcio, il suo mistero e godimento in fondo è tutto qui: i fantallenatori possono sforzarsi e studiare ogni dato, ma è il caso, o meglio Eupalla come la chiamava Gianni Brera, a distribuire gioie e dolori. L’unica scelta saggia è limitare i danni, come nella vita.