La particolarità del Consorzio per la Tutela dei formaggi Valtellina Casera e Bitto Valtellina è quella di racchiudere due denominazioni sotto un’unica organizzazione. Una circostanza singolare in Italia ma nemmeno troppo casuale. Il Valtellina Casera Dop e il Bitto Dop hanno ottenuto il marchio nel 1996. E non sono solo due tra le principali eccellenze agroalimentari che trainano il territorio valtellinese (altre sono la bresaola e le mele). Ma sono anche due formaggi storicamente complementari a livello produttivo.
Se infatti il secondo si produceva e si produce solo d’estate e in alpeggio con latte appena munto, il primo è un formaggio da latteria che veniva realizzato a valle durante tutto l’inverno. In questo modo nessun mese dell’anno è scarico di produzioni casearie.
Bitto Dop e Valtellina Casera Dop: due formaggi complementari
Se la tradizione di formaggi valtellinese è una medaglia con due facce principali, il Bitto Dop è il lato senza dubbio più affascinante: è un formaggio a latte crudo prodotto dai 1.400 metri in su (così recita il disciplinare). È frutto della fatica dei pastori che per realizzare poche forme usano ancora vecchi pentoloni in rame e lo affinano in vecchie cantine direttamente in montagna. Rinunciano alle estati per vivere in alpeggio, a stretto contatto con vacche e capre (una piccola percentuale di latte, 10%, la danno anche loro al Bitto) e hanno ritmi serrati.
Come ci racconta Davide Codazzi che da giugno a settembre si trova con quattro giovani pastori stagionali sull’Alpe Culino, nel Parco delle Orobie: «Il formaggio si fa due volte al giorno, appena svegli e prima del tramonto». Una volta finito, si mangia e si va a letto. Chi si dedica al Bitto, nei mesi d’alpeggio non può abbandonarlo un attimo. Codazzi e i suoi collaboratori vivono in uno stanzino in cui c’è spazio solo per i letti e un cucinotto. Prima del sonno si godono un paesaggio da urlo sotto le stelle, ma se vogliono uscire a cena con la ragazza o per l’aperitivo con gli amici devono trovare assolutamente un sostituto. Così fino a settembre.
D’inverno, invece, questo formaggio non si può realizzare. E bisogna cercarsi un’altra occupazione, proprio come Codazzi che regolarmente dà una mano all’agriturismo di famiglia, Addavegia.
Se si vuole rimanere nel mondo della caseificazione, invece, ci si può dedicare al Valtellina Casera Dop. Il Casera nasce proprio come formaggio di stalla che veniva prodotto con il latte delle vacche discese a fondovalle dall’alpeggio. Prima veniva fatto solo d’inverno, oggi la produzione si estende a tutto l’anno. Realizzato con latte vaccino parzialmente scremato, si presenta con una crosta sottile (2-4 millimetri) e consistente che va dal bianco al giallo paglierino. Colore che diventa più intenso a seconda della stagionatura della forma la quale deve essere minimo di settanta giorni per ottenere il marchio del Consorzio.
Celebre come ingrediente dei famosi pizzoccheri e degli sciatt, questo semigrasso versatile e dolce è anche quello che muove il valore e i volumi del Consorzio. Su 26,8 milioni di euro di valore di consumo nel 2022, infatti, ben 21,5 milioni li fa questo formaggio di latteria. Che durante i dodici mesi passati ha avuto una produzione di 14.891 quintali contro i soli 1.856 di Bitto Dop.
Valtellina Casera Dop: un traino per il territorio
Se diamo un occhio ai numeri del 2022 notiamo anche che le quantità prodotte sia di Bitto Dop, sia di Valtellina Casera Dop sono però diminuite (-5,9% il primo, -14,19% il secondo). Come ci spiega Marco Desti, il presidente del Consorzio di Tutela Valtellina Casera & Bitto, il mercato è riuscito a tenere grazie alle scorte dell’anno precedente del Valtellina Casera Dop e alla rimodulazione del peso medio delle forme del Bitto (passato da 12,5 a 11,5 Kg). «Azioni – spiega il presidente – che hanno fatto alzare il prezzo medio per forma dell’8% per il Bitto e del 16% per il Valtellina Casera, mantenendo un fatturato alla produzione di 14 milioni di euro».
Altre azioni che il Consorzio mette in atto per aumentare il valore dei prodotti e del territorio sono campagne di comunicazione mirate. Se il Bitto, però, può essere la bella copertina che attira i turisti, è il Valtellina Casera Dop, con una produzione più cospicua, che può lasciare le valli e farsi apprezzare fuori garantendo certi volumi.
La Fiorida – agriturismo stellato in provincia di Sondrio – ad esempio produce il formaggio per le proprie cucine ma lo vende anche a Milano, a Eataly e ad Aimo e Nadia. Generalmente si lavora con la nicchia: il piccolo ristorante, la piccola boutique. Ma un obiettivo reale è spedire sempre più forme nei supermercati del Nord Italia, dove il Casera non è affatto sconosciuto. Secondo passo, poi, è muoversi verso Sud dove questo formaggio si trova ancora come rara chicca di gastronomia.
Aperitivo in quota
Ma ci sono altri orizzonti da esplorare. Al di là della Gdo, il futuro del Valtellina Casera può essere anche accanto alla mixology. Questa pensata l’ha avuta proprio il Consorzio, che, prima di sedurre i cocktail bar meneghini, sta motivando i bartender e appassionati autoctoni con un nuovo pairing. A luglio infatti è partita un’iniziativa chiamata “Aperitivo in Quota” che coinvolge 14 locali in provincia di Sondrio e prevede la degustazione di un tagliere di Valtellina Casera Dop (giovane e stagionato) insieme a tre cocktail realizzati con ingredienti locali.
Il tour che si conclude a fine estate, fa tappa in tanti luoghi speciali della Valtellina: si va dalla più conosciuta Bormio, meta sciistica e termale, a Santa Caterina Valfurva, paradiso dei mountain biker per la TransAlp e tappa obbligata dei motociclisti che percorrono il circuito dei passi, scendendo dallo Stelvio prima di affrontare il Gavia, fino ad Aprica, famosa per il suo anello. Poi c’è Cima Piazzi, con la sua spettacolare veduta a 360 gradi, e Madesimo. E ancora Chiesa di Valmalenco, Tresivio e Teglio, patria dei pizzoccheri della Valtellina.
«Con questa iniziativa – ha spiegato il presidente del Consorzio, Marco Deghi – rafforziamo la sinergia tra prodotti di montagna e valle, territorio, sport e natura, per offrire ai turisti un’esperienza estiva sempre più integrata in una regione che quest’estate si appresta ad avere 7,4 milioni di arrivi e 22,3 milioni di presenze, con un incremento del 4% per entrambe le voci (fonte: Demoskopica).
Un’occasione per scoprire il territorio e il lavoro insostituibile dei nostri produttori, durante i tre mesi in cui le mandrie sono condotte attraverso un percorso a tappe, e vanno spostandosi da quote intermedie a quote più elevate per poi ritornare a fine estate a valle; e per ampliare e diversificare le occasioni di consumo dei due formaggi, proponendoli in chiave più contemporanea. Ma il nostro obiettivo – conclude Deghi – è di lungo periodo: da qui ai prossimi anni vogliamo ragionare con una visione sempre più sistemica per promuovere congiuntamente, in vista delle future Olimpiadi, il territorio Valtellina, e i nostri prodotti».
Il pairing con i cocktail
La cosa carina realizzata dal Consorzio per presentare alla stampa questi cocktail è stata piazzare la degustazione subito dopo una masterclass sui pizzoccheri a cura dell’Accademia del pizzocchero di Teglio (So). Come a dire, da un lato c’è la dimensione tradizionale del Casera, il formaggio principe di un piatto che non ammette varianti gourmet, dall’altro c’è un nuovo contesto tutto da sperimentare e approfondire.
I tre cocktail, pensati dal bartender Pietro Pedrazzoli del Jom Bar di Tresivio (So), sono rivisitazioni di classici. Il pairing ci viene raccontato da Marco Chiapparini, degustatore di vino, esperto di marketing e addetto alla promozione del Consorzio. Il primo drink si chiama Dry Apple, una rivisitazione del Bellini fatta con un centrifugato di mela golden e uno spumante locale. «È un cocktail assolutamente aromatico con sensazioni fruttate che ben si bilanciano con un Valtellina Casera Dop giovane, dai sentori lattici freschi».
Il secondo cocktail invece è lo Spritzolo. È composto da un Nebbiolo della Valtellina (meglio che non abbia passaggio in botte), gassosa e un cucchiaino di liquori agli agrumi. «Qui abbiamo una sensazione aromatica più intensa data dalla dolcezza degli ingredienti – spiega Chiapparini – in questo caso possiamo giocare con la contrapposizione con un Valtellina Casera stagionato che ha sicuramente note più evolute di fienagione e di mandorla o nocciola».
Il terzo cocktail invece è stato battezzato Stelvio Milano, proprio per l’unione tra l’amaro Braulio, il Campari e l’acqua gassata: «Questo drink presenta delle note decise e amarognole date dall’amaro ma anche dalle scorze d’agrume utilizzate – continua Chiapparini – e si presta bene a due tipi di abbinamenti. Se facciamo una scelta di concordanza possiamo optare per un Valtellina Casera stagionato. Se invece cerchiamo il contrasto sceglieremo un formaggio giovane con una forte tendenza dolce e un’acidità che si bilancia a perfezione con l’agrume».
Qui il video del Consorzio per la Tutela dei formaggi Valtellina Casera e Bitto Valtellina
I locali coinvolti nel progetto
Queste sono le attività aderenti all’iniziativa:
Rifugio Conca Bianca, Via Cima Piazzi, 23038 Semogo (So)
Caffè Cavour, Piazza Cavour, 10, 23032 Bormio (So)
Bar Caprice, Via Roma, 153, 23023 Chiesa In Valmalenco (So)
Hotel Tambò, Via per Motta, 15, 23021 Campodolcino (So)
Boscone Suite Hotel Via per Motta, 14, 23024 Madesimo (So)
Jom-Bar, Via Ca’ d’Otello, 15, 23020 Tresivio (So)
Rifugio Stella Alpina, Località Campec, 23030 S. Caterina (So)
Hotel Fior di Roccia, Località Franscia 2, 23020 Lanzada (So)
Bait da Mighel, Sentiero Frodolfo, 23030 Valfurva (So)
Hotel Combolo, Via Roma 5, 23036 Teglio (So)
Albergo Ristorante Vittoria, Frazione Montespluga, Piazza della Chiesa 12, 23024 Madesimo (So)
Baita de Mario – Ciuk aprés ski, Località Ciuk – 23032 Bormio (So)
Heaven 3000 Località Bormio 3000, 23030 Bormio (So)
Piccolo Chalet, Via Magnolta Località Parade, 23031 Aprica (So)
Tutti gli host sono riconoscibili da apposita vetrofania e metteranno a disposizione dei visitatori il materiale informativo della campagna.