Vini temporanei La nuova sfida di Andrea Moser

Dopo le esperienze da Franz Haas e nella cantina cooperativa più grande dell’Alto Adige, l’enologo trentino inizia un nuovo percorso personale, che stravolge la consueta visione del settore e parte da un’idea di condivisione

Quando un giovane e promettente enologo lascia una realtà ampia e consolidata le voci si sprecano: e così è stato per Andrea Moser, trentino dal prestigioso percorso, in copertina su Fortune tra le migliori promesse dell’enologia italiana under 40, lanciato verso un futuro sicuro all’interno di aziende blasonate e con una carriera già scritta nell’empireo della vinificazione.

Ma qualcosa a Caldaro non è andato come doveva, e l’uscita a marzo, a pochi giorni da Vinitaly, dalla sua casa professionale ha lasciato molti stupiti. Tante dicerie, e tante chiacchiere sono seguite, compresi gossip fuori luogo e qualche spoiler fuori mira. La verità è fatta di carte bollate, probabilmente, ma di sicuro questa uscita ha dato l’occasione a Moser di ripensare la sua professione e di liberarsi dal fardello della overproduzione a tutti i costi, e di ragionare su come si possa fare vino liberamente, senza pregiudizi e preconcetti e senza la pressione commerciale che una cantina da più di quattro milioni di bottiglie può dare. Lo conferma Moser stesso: «Dopo quasi vent’anni di lavoro per altri, ho sentito forte il bisogno di trovare una mia strada personale, nella quale riversare i miei studi e la mia esperienza, ma anche tentare di andare oltre le strade consuete, e provare a indirizzare la mia visione enologica verso vini che abbiano una nuova identità, e che mi permettano di esprimermi liberamente, senza pregiudizi e senza limiti. L’uscita da Caldaro è dipesa in larga parte da questa volontà di mettermi alla prova su terreni inesplorati, cosa difficile da fare in una cantina così tradizionale e legata a logiche commerciali stringenti. Una lontananza di obiettivi così ampia mi ha fatto capire quanto avessi bisogno di respirare aria nuova, e guardare a un futuro con meno vincoli e molto più libero, creativo e contemporaneo».

Ma qual è questa nuova strada? Dopo qualche mese di riflessione e di scorribande in giro per l’Italia, arriva un percorso assolutamente non convenzionale, che parte dall’esperienza riversata negli ultimi anni nei suoi XXX, vini che l’enologo progettava come unici e che preparava con vinificazioni inconsuete, e che oggi diventano i suoi temporary wine sotto al nuovo brand AMProject.

Così lo presenta Moser sul suo nuovo sito: «AMProject è il mio nuovo progetto, a cui lavorerò insieme a mio fratello Luca, anche lui enologo. Oggi sono un consulente in diverse aziende vitivinicole ma avevo da tempo in mente qualcosa che spezzasse il classico e canonico processo con cui si fa vino. Lavoreremo di volta in volta nei luoghi che sceglieremo o che per elezione ci hanno scelti, per produrre ogni anno dei vini unici, completamente non convenzionali ma fortemente territoriali. La vinicazione avverrà in Alto Adige, ma non solo, con le attrezzature migliori per l’obiettivo che ci siamo prefissati. Saranno vini senza rete di sicurezza, del cuore: ogni anno cambieranno e racconteranno luoghi, territori, persone, vitigni e idee».

Un nuovo capitolo di una storia che cambia le carte in tavola, e che segna un momento di passaggio anche per il mondo del vino: Moser di fatto apre la strada a una nuova figura, a cui non serve più una struttura, e nemmeno una sovrastruttura, ma ha l’esigenza chiara di ritrovare i territori del vino, il terreno e le sue uve, e prova a restituire alla professione dell’enologo la centralità che aveva perso. Non più tecnici, operatori al servizio delle grandi famiglie che plasmano i loro vini a seconda della visione di marketing e di tendenza, ma designer creativi in grado di sviluppare visioni, e di tentare nuovi percorsi liberi, per dare al mondo del vino una nuova identità più personale, senza però dimenticare la tecnica e tralasciare la precisione metodica che serve per fare di questo lavoro una professione di valore.

I nuovi vini prodotti da solista saranno dei “temporary wine”, proprio come i temporary restaurant degli chef. Spesso si cambieranno la regione, il vitigno, e anche la vinificazione: e i vini saranno unici, quasi sempre irripetibili, in edizione limitata e sarà possibile acquistarli solo in pre-ordine. Verranno spediti solo nei mesi freddi per preservarne al meglio le caratteristiche, esattamente come si dovrebbe fare se le logiche di mercato non vincessero su quelle di tecnica e di buon senso. Alcuni dei vini saranno ogni anno un’evoluzione dell’annata precedente, sulle stesse vigne selezionate dall’enologo per la sua produzione, in modo da dare continuità alla ricerca e al lavoro svolto. Un progetto che è molto vino, ma ha anche al suo interno tanto di progettazione, design e comunicazione, destinati a un target di appassionati e – in parte – riservati a una serie di ristoranti che oltre a poterli ordinare per la loro carta vini, li avranno in abbinamento a menu e piatti signature, grazie ad accordi diretti tra l’enologo e gli chef che come lui hanno una forte visione contemporanea.

Andrea Moser, foto di Gaia Menchicchi

La vera sorpresa è che non sarà necessario aspettare troppo. Il primo temporary wine sarà disponibile in preordine già a ottobre: dalle vigne di Anghiari, in Toscana, Andrea Moser lo scorso settembre 2022 ha fatto la sua prima vendemmia, e la vinificazione delle prime uve. Le bottiglie saranno disponibili in numero limitatissimo: saranno infatti solo 726 bottiglie da 0,75, con etichetta d’artista realizzata da Serena Barbieri, numerate, firmate e in serie esclusiva. Per i lettori di Gastronomika sono disponibili in esclusiva in pre-ordine, direttamente dal sito dell’enologo.

Le uve sono Trebbiano, Vermentino, Malvasia bianca, Canaiolo bianco e un 5% di altre varietà non ancora identificate: il bello di lavorare su una vigna così antica è anche questo. La vinificazione, vista la piccola quantità prodotta, è avvenuta in Clayver da 2 ettolitri, con una macerazione prefermentativa dell’uva, diraspata e pigiata, di circa 5 giorni. Il mosto è stato poi travasato per la fermentazione nuovamente in Clayver e in due caratelli, uno nuovo e uno usato, di Carmignani, storico produttore da generazioni di botti tradizionali toscane usate per il vin santo. Lunghissimo l’affinamento sui lieviti, sono stati effettuati due soli travasi: uno dopo la macerazione e uno il 22 luglio 2023, quando il vino è stato assemblato prima dell’imbottigliamento, avvenuto il 25 luglio. Moser racconta così la produzione: «Sono stati fatti pochissimi interventi sul vino, per rispettare il territorio e per avere un’autentica espressione di questa vigna recuperata e salvata dal bosco. C’è stata un’oculata gestione, e gli interventi in cantina sono stati dettati solo dalla necessità, evitando ogni pratica non indispensabile. In vigna l’approccio è sempre stato lo stesso: rispetto. Al di là di ogni possibile certificazione, si lavora sul buon senso e sull’idea di rovinare il meno possibile l’uva e la pianta e lasciare il terreno migliore di come l’abbiamo trovato. Grazie alle particolari condizioni pedoclimatiche nell’annata 2022 sono stati effettuati solo due trattamenti in tutto, rame e zolfo, e la conduzione del sottofila ha comportato solo sovesci e sfalci».

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