Probabilmente servono raffinatissime competenze teologiche per interpretare le oscene parole sulla Russia pronunciate da Papa Francesco a braccio, e non trascritte nei documenti ufficiali del Vaticano. Oppure no.
Di certo c’è che, rivolgendosi ai giovani di San Pietroburgo, e nel bel mezzo della guerra d’aggressione all’Ucraina, il Pontefice ha elogiato lo spirito russo celebrando l’imperialismo degli zar cui si ispira Vladimir Putin nel suo attuale tentativo di sottomettere l’Ucraina: «Non dimenticate mai l’eredità – ha detto il Papa – Siete gli eredi della grande Russia: la grande Russia dei santi, dei governanti, la grande Russia di Pietro I, Caterina II, quell’impero – un grande, illuminato, [paese] di grande cultura e di grande umanità. Non rinunciate mai a questa eredità, siete gli eredi della grande Madre Russia, andate avanti. E grazie. Grazie per il vostro modo di essere, per il vostro modo di essere russi».
Andate avanti, dice dunque il Papa, non rinunciate allo spirito imperialista della vostra gloriosa storia e grazie, tante grazie, per il vostro modo di essere russi. Un modo di essere russi, in perfetta linea con la tradizione di Pietro e di Caterina, esercitato con dedizione e umanità a Bucha e a Mariupol, a Karkhiv e a Kramatorsk. Da non crederci.
Taras Ševčenko, il più grande poeta e cantore ucraino, una via di mezzo tra Dante e Manzoni per la cultura ucraina, su Pietro I e di Caterina II scrisse parole precise: «Il primo crocifisse la nostra Ucraina e la seconda la finì! Macellai! Macellai! Cannibali! Si saziarono bene, quei due!».
Insomma, ha ricordato il giornalista Yaroslav Trofimov del Wall Street Journal, è come se il Papa avesse suggerito ai belgi di celebrare la grande missione umanitaria e illuminata di Re Leopoldo in Congo, visto che Pietro e Caterina di Russia hanno schiavizzato l’Ucraina in nome di quell’imperialismo della Grande Madre Russia che continua fino ai giorni nostri, fino ai nostri confini, fino ai nostri talk show.
A questo punto potremmo aspettarci un invito papale a non dimenticare la grande eredità culturale degli “italiani brava gente” ben rappresentati dalla figura illuminata del generale Rodolfo Graziani, ma forse non è il caso di dare altre idee alla Curia romana.
Le vere parole del Pontefice, ovviamente celebrate dalla propaganda russa entusiasta dell’inaspettato regalo confezionato da Bergoglio, sono ancora più incresciose rispetto all’ipotetico paragone con il Belgio coloniale e con l’Italia fascista, perché oggi né i belgi né gli italiani stanno provando a cancellare militarmente e culturalmente dalla faccia della terra i congolesi e gli etiopi, al contrario di quanto ha pianificato Putin negli stessi giorni, nelle stesse ore, negli stessi minuti in cui il Papa si è rivolto alla nuova gioventù fascista russa.
Un paio di giorni prima è stato assegnato al Papa il premio “È giornalismo”, il cui albo d’oro vanta, accanto a bravi e incolpevoli scrittori, anche il Gabibbo e Google.
E in effetti, a questo punto, manca solo il generale Vannacci, ma nemmeno lui tarderà a ricevere un giusto riconoscimento visto che da una settimana guida il dibattito politico e giornalistico italiano intorno a un abbecedario del perfetto balilla contemporaneo, arricchito da grandi elogi del modello di vita russo quale antidoto ideale al mondo al contrario nel quale viviamo («a Mosca incontravo, ben dopo l’imbrunire nei grandissimi e bellissimi parchi cittadini, donne sole e mamme con bambini che assaporavano il fresco delle sere estive senza il benché minimo timore di essere molestate da qualcuno», sarà tutto merito di Pietro il Grande).
In un’intervista al Corriere, il generale ha raccontato che nel dicembre 2020 è stato nominato addetto militare all’ambasciata italiana di Mosca, quindi dal governo Conte numero due, quello tragicamente noto per le molteplici scelte stravaganti, tra cui l’aver fatto sfilare l’esercito russo lungo le strade italiane durante il lockdown.
Ma prima dell’intervista non sapevamo che aveva anche inviato a Mosca, a rappresentare il nostro paese, la caricatura di un famoso personaggio di Mario Marenco.
E così, grazie a Conte e a Vannacci, si è chiuso improvvisamente il cerchio dell’alleanza strategica tra i babbeiacinquestelle, la destra autoritaria, i picchiatelli della sinistra nostalgica, il Pd che crede che questi siano sinceri democratici e il Papa che elogia l’imperialismo russo.
Meriterebbero il premio “È avanspettacolo”, se non ci fossero il sacrificio e la sofferenza degli europei nati, cresciuti e combattenti in Ucraina a ricordarci che la questione è seria e non fa ridere.