Non solo pestoVisione e dedizione come chiavi di lettura di un progetto di ristorazione famigliare ventennale

Quello che ancora non conoscete della Liguria, riproposto in una dimensione quasi fiabesca e senza tempo a pochi minuti dalla Baia del Silenzio a Sestri Levante

Quest’anno più volte abbiamo sentito l’esigenza di raccontare la Liguria. E, se ci conoscete un po’, abbiamo cercato di farlo senza mete definitivamente scontate e senza grandi nomi. In realtà è perché crediamo che questa regione abbia moltissimo da dire, da offrire e da mostrare con oggettive e imprescindibili difficoltà nel farlo. Siamo i primi che abbiamo conosciuto famiglie, cuochi, ristoratori, albergatori orgogliosi del proprio territorio e felici di poter avere persone da altre parti d’Italia e dall’estero desiderose di andare oltre. Oltre un pesto e un mortaio insegnati a qualche vip sulle terrazze di Vernazza, oltre alle casette colorate dei posti hyper chic della riviera di Levante, oltre alla focaccia – sacrosanta – ma non unico oggetto di interesse. Anzi. Finalmente, stanno lentamente facendosi strada una serie di realtà particolarmente di qualità nella tipologia di lavoro e ricerca gastronomica proposta tali per cui iniziare a poter stilare un itinerario del gusto, per la regione, sta diventando sempre più interessante e complesso! Proprio tra i nomi che a nostro avviso vanno segnalati, vogliamo parlarvi una realtà che a pelle non ha nulla a che spartire con l’immagine tradizionale che la Liguria emette di sé. Siamo a Sestri Levante – il paese della Baia del Silenzio – che si trova pressoché a metà strada tra i borghi del lusso e il complesso delle Cinque Terre. Circondata dalle colline, il borgo vecchio si sviluppa – per esaurirsi velocemente – a ridosso del mare e poi prosegue verso le montagne. A pochi chilometri dalle spiagge, ci si arriva senza problemi in bicicletta in pochi minuti, i coniugi Nadia Massucco ed Enrico Bo sono pronti ad accogliervi nella loro casa. Un antico cascinale in pietra originaria, scuro e autentico, trasformato in un elegante ristorante che i due conducono un po’ come una grande proprietà aperta ai propri ospiti.

Il saluto caloroso verso i tanti clienti-amici ci ha fatto capire quanta passione e istinto i due vi abbiano riposto nel corso degli anni e quanti rapporti consolidati siano stati capaci di mettere a terra, grazie alla loro ospitalità e discrezione. Enrico è lo chef. Nadia è oste, moglie, elegante signora che racconta la storia di famiglia con disinvoltura ma al contempo grande trasporto. Avvolta dal profumo gradevole di brace che caratterizza gli ambienti, si muove con facilità tra i tavoli, è casa sua, ma ci tiene a far sì che ogni piatto si compreso fino al midollo, che ogni mise en place sia perfetta e attenzione ponderata come da sua immaginazione. Cantine Cattaneo è un progetto ampio, che pone le radici in un approccio identitario, famigliare, locale-territoriale nato vent’anni fa e che ha saputo fortificarsi e trovare nuova linfa proprio dalle difficoltà della pandemia. I terreni intorno al cascinale sono diventati parte di un’azienda agricola di quindici ettari da cui la cucina ricava non solo materie prime, ma olio di produzione propria a varietà taggiasca, un’infinita selezione di erbe, essenze, ortaggi lavorando ad una circolarità ad ampio raggio su ogni sezione del ristorante. I due forni di affumicatura posti all’esterno e uno per le cotture lente su brace all’interno sono una delle fonti di ispirazione dei menu proposti, che raccontano niente di più giusto che i prodotti del posto.  Qui sono state piantate varietà locali perdute, in un orto interamente dedicato ai semi antichi e un giardino di erbe e germogli che si ritrovano tutti al cucchiaio, nei brodi, nei ripieni, nei dolci. Nella meticolosa ricerca della materia prima di Enrico, ricopre un ruolo fondamentale il rapporto diretto con gli allevatori delle valli e con i pescatori della costa.

Il menu è quindi legato al quotidiano, alle stagioni e alle condizioni atmosferiche. Le preparazioni si prendono il loro tempo necessario: la pasta fresca, il pane, i grissini, la focaccia. Si cuoce a legna, si usa il lievito madre, e si porta in tavola ogni giorno il lavoro dell’intera squadra. Abbiamo iniziato il nostro percorso con un piatto simbolico per la tradizione ligure, il prebuggiun. Più che una ricetta finita si tratta di una selezione di erbe spontanee del posto, spesso selvatiche, e usate per ripieni, minestre, polpettoni. Qui il mix di aromi è raccolto giornalmente e funge da farcitura di calamaretti di Sestri, guanciale, dashi di tentacoli di calamari alla brace. Ogni anno, nel mese di luglio, si celebra la sagra del Bagnun a Riva Trigoso, frazione di Sestri.

Le acciughe che restavano nelle reti dei pescatori e non potevano essere vendute, venivano riusate per una zuppa confortevole con pomodoro e crostoni di pane. Il tratto qui resta ma è raffinato, croccante come una lingua appena sfornata e di nuovo il profumo delle erbe di campo predominante sul pomodoro. A metà arriva il piatto che non ti aspetti, la Vieja Gallega con una marezzatura piuttosto avanzata e una marinatura «audace, con una base di succo d’ananas».

Il trancio di carne viene posato su un ceppo di carbone intero per pochi minuti e servita rigorosamente tiepida e con una patata cotta sotto cenere. La conclusione non perde di vista l’integrità del progetto, grazie alle idee della giovane Elisabetta Merlo, temeraria pastry chef di Cantine Cattaneo. La sua Liguria in un raviolo è esattamente la riproposizione di una pasta di mandorle con semifreddo al pinolo, limone, olio evo e servita con un infuso di Erba Luisa e salvia. Trentacinque coperti il cui design delle sedie intrecciate e dei tavoli fatti di vecchie porte e botti è stato curato personalmente da Nadia. In estate il giardino ospita una decina di coperti, affacciati sulla campagna ligure e sul verde di Punta Manara. Un bellissimo diversivo per le vostre serate estive ma non solo, perché qui viene davvero voglia di venire per ripararsi dall’afa così come dalla pioggia, al caldo del fuoco di brace o della freschezza dei profumi selvatici. Alla prossima!

Courtesy photo Cantine Cattaneo

 

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