Talvolta per trovare la propria strada, il proprio “posto sicuro” nel mondo, occorre perdersi. E così può capitare di rincorrere il sogno americano alla ricerca delle gratificazioni economiche che questo Paese ricco di cervelli non riesce ancora a concedere. Cervelli che fuggono nella speranza di trovare una ricompensa concreta agli anni di studio e di sacrificante gavetta, sottostimando – però – il peso degli altri ingredienti che concorrono alla ricetta della felicità. Primo tra tutti il senso di libertà, che in un giovane chef abruzzese si traduce in quello spirito selvaggio che sente il bisogno di opporsi alla panna nella carbonara o – «ancora peggio» – alle polpette sull’amatriciana. Anche se questo significa rinunciare al tanto agognato benessere economico. «Because I am wild».
Con questo motto Davide Nanni si congeda dalla Florida, motivando ai suoi colleghi l’abbandono della posizione da executive chef che lo aveva appagato solo in parte, ma non la parte più importante per lui.
Davide ha poco più di trent’anni, e la stessa verace vivacità che lo ha spinto a lasciare gli Stati Uniti lo ha ricondotto nei boschi in cui si scatenava da bambino, e dove oggi può esprimere liberamente la sua idea di cucina, accovacciato a impastare, tagliuzzare e spadellare senza la preoccupazione di tenere pulita una cucina canonica. Perché nel bosco non servono troppe comodità, e per mangiare basta un “lilletto”. E proprio questa forchettina a forma di fionda che suo nonno costruiva con i rametti per mangiare la panzanella oggi viene usata a mo’ di leccapentole, per ritrovare quel contatto con la natura e con la famiglia che tanto gli è mancato durante la permanenza all’estero e che adesso è il fulcro della sua idea di cucina.
Una cucina della memoria con cui lo “chef wild” vuole omaggiare i piatti della sua infanzia, come la cipollata amata dal nonno – protagonista della sua prima cucinata nel bosco – o la pecora “alla cottora” preparata da sua mamma, rivisitata in chiave moderna con l’aggiunta della spuma di genziana. E in quei ricordi Davide Nanni ha trovato la felicità e l’amore per un borgo di appena quindici abitanti, forse oggi qualcuno in più anche grazie a lui. Castrovalva, piccola frazione di Anversa degli Abruzzi, probabilmente ha poco da offrire ai giovanissimi che dopo il diploma sognano un futuro metropolitano, ma custodisce l’autenticità e la pace che dopo mille esperienze frenetiche in giro per il mondo (quasi) tutti cercano, per un weekend di relax o per la vita.
E Davide ha trovato su quei monti il suo posto sicuro: quando si sente triste o poco ispirato osserva Pizzo Marcello, la stessa montagna che suo nonno aveva scalato da bambino e dove aveva catturato i due aquilotti che hanno ispirato il nome della locanda di famiglia. Una guida dall’alto che forse ha contribuito a sbloccare quel momento di indolenza sofferto dopo il rientro in Italia: e così l’amorevole rimprovero materno, con la complicità dei boschi abruzzesi e del papà-cameraman Mario, è sfociato – quasi per gioco – in un concept vincente. «Le persone non hanno apprezzato tanto il modo di cucinare quanto il senso di libertà trasmesso dalla cucina nel bosco», la volontà di tornare alle origini quando tutto il mondo intorno corre verso il futuro.
E quella zuppa di patate e cipolle preparata in mezzo alla natura è arrivata dritta al cuore di milioni di followers e lo ha portato nel cast fisso di “È sempre mezzogiorno”, suscitando l’attenzione e l’affetto delle nonne abruzzesi che oggi frequentano la Locanda Nido d’Aquila. E anche loro apprezzano – sotto gli occhi increduli di papà Mario – le reinterpretazioni di Davide della tradizione gastronomica locale, che mette d’accordo tutte le età in sintonia con il clima di familiarità che anima il ristorante. Ed è proprio questo che attira centinaia di persone sullo sperone roccioso che domina la valle del Sagittario: il desiderio di vivere la convivialità che traspare dalle pagine social dello “chef wild” e che si trasforma magicamente in un esperimento ben riuscito di social dining.
E così “scopriamo” che il cibo non è solo capace di veicolare le emozioni, traducendo il gusto in memoria – e viceversa – nella dimensione più intima del nostro “io”, ma riesce a «creare connessioni tra perfetti sconosciuti» che cercano in un piccolo angolo di Abruzzo il calore di casa, lo stesso che Davide Nanni ha saputo trasmettere con estrema sincerità nei video girati in mezzo al bosco accanto a “Marione”. Può forse essere questa la chiave di volta per la rinascita degli infiniti borghi che costellano il Belpaese? Il cibo?