Triste politicizzazioneIl ruolo cruciale degli orsi nel prossimo ciclo elettorale in Romania

Il Paese est-europeo ospita la seconda popolazione più grande d’Europa. Lo scontro tra l’attuale ministro dell’Ambiente (comunque più moderato rispetto al predecessore) e gli ecologisti è aperto. E il Partito della minoranza ungherese potrebbe tornare a spingere su una legge che renderà questi animali ancora più vulnerabili

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Il 2024 sarà un anno elettorale cruciale per la Romania, tra consultazioni locali, elezioni europee, parlamentari e presidenziali. I partiti hanno già cominciato a dibattere su diversi temi, e tra questi spicca quello della caccia agli orsi, che non avrà un ruolo marginale nell’agenda politica dei mesi successivi. 

Il Paese, secondo i dati del ministero dell’Ambiente, ospita la seconda popolazione di ursidi più grande d’Europa (la prima è in Russia) che è pari a settemila-ottomila esemplari. Il vero numero di plantigradi presenti rimane però sconosciuto, e le stime assumono proporzioni diverse in base a chi le realizza. Nel 2021, secondo quanto riportato da Radio free europe, gli ambientalisti parlavano di una popolazione di duemila esemplari, mentre per i cacciatori erano addirittura diecimila. 

Secondo Cristina Lapis, coordinatrice del Libearty bear sanctuary a Brașov, «il conteggio degli orsi viene effettuato in base alle tracce, e se le tracce si moltiplicano si ritiene che ce ne siano molti». Tuttavia, «si tratta di un metodo errato perché questo animale è molto attivo e si muove su un territorio ampio». L’unico modo per sapere quanti orsi ci siano davvero, secondo Lapis, è quello dei microchip.

Nel periodo compreso tra il 2016 ed il 2021 sono stati registrati centocinquantaquattro attacchi nei confronti dell’uomo, che hanno provocato quattordici morti. Un aumento nel numero degli assalti ha spinto Barna Tánczos, leader dell’Unione democratica degli ungheresi in Romania ed ex ministro dell’Ambiente, a chiedere un aumento delle quote degli orsi che possono essere uccisi dai cacciatori. L’Unione democratica intende presentare una proposta nel corso dell’autunno e spera, in questo modo, di conquistare i voti degli elettori che vivono nella catena montuosa dei Carpazi e che subiscono in prima persona questo problema. 

Il Partito della minoranza ungherese, che i sondaggi stimano al cinque per cento, ha fatto parte della coalizione di governo formata dal Partito socialdemocratico e dal Partito Liberal-nazionale fino all’inizio di quest’anno, ma l’ha poi abbandonata in seguito a dissapori emersi sulla spartizione dei ministeri. La convivenza tra uomini e orsi nella regione dei Carpazi ha risvolti problematici anche a causa della predazione del bestiame da parte dei plantigradi. In un’area rurale come questa, molte famiglie sono dedite all’allevamento e all’agricoltura, e la perdita di capi di bestiame può significare gravi danni economici.

La caccia agli orsi è illegale in Romania sin dal 2016 e i plantigradi sono una specie protetta dalle norme dell’Unione europea. Bucarest ha comunque deciso di consentire l’uccisione di alcuni esemplari per mantenere la popolazione complessiva sotto controllo, ma Barna Tánczos vuole di più e intende escludere dal processo decisionale l’Accademia Romena, un comitato incaricato di fissare la quota di orsi che possono essere uccisi ogni anno, perché ritiene che l’organismo sia «sotto pressione per venire incontro alle esigenze dei movimenti ecologisti».

L’ex ministro dell’Ambiente aveva perorato la sua causa anche durante la permanenza nell’esecutivo, firmando un’ordinanza nel suo ultimo giorno di mandato per consentire l’eliminazione di cinquecento orsi. Tanczos, come ricordato da Euractiv, aveva dichiarato alcuni mesi prima che «troppe persone vengono uccise ed eroghiamo molto denaro sotto forma di risarcimenti perché gli attacchi sono in aumento». L’organizzazione non governativa ambientalista Agent green aveva espresso forti critiche nei confronti della misura, definendola un errore che potrebbe decimare la popolazione di orsi della Romania. Agent green aveva annunciato un ricorso giudiziario contro il provvedimento dell’ormai ex ministro e reso noto che avrebbe informato il Parlamento europeo di quanto stava accadendo. 

Il nuovo ministro dell’Ambiente, Mircea Fechet, ha assunto una posizione più moderata rispetto a quella del suo predecessore e ha reso noto che modificherà l’ordinanza di Tanczos: l’obiettivo è consentire l’uccisione di massimo duecentoventi orsi l’anno. Si tratta di un passo indietro rispetto alle posizioni oltranziste dell’ex ministro, ma lo scontro con gli ambientalisti sembra destinato a restare in piedi. Fechet, che ha comunque espresso la sua opposizione alla caccia fine a sé stessa, ha dichiarato che per affrontare la questione è necessario ascoltare tanto il parere degli esperti quanto quello della società, ma che ci saranno sempre Organizzazioni non governative che si opporranno all’uccisione dei plantigradi.

La politicizzazione della questione orsi, che è stata sfruttata per ragioni elettorali e di consenso, rischia di riverberarsi sul ciclo elettorale che si svolgerà nel 2024. Qualora il Partito della minoranza ungherese si ritrovasse a essere l’ago della bilancia per la formazione di un esecutivo, appare probabile che tornerà a spingere sulla necessità di varare una dura legge anti-orsi.

La mancanza di un forte partito ecologista nello scenario politico del Paese complica la situazione: le battaglie ambientaliste, qualunque esse siano, sono prive di appoggio parlamentare. Stando a un sondaggio realizzato nel febbraio 2023 dall’istituto demoscopico Inscoop, i Verdi potrebbero ottenere l’1,4 per cento dei consensi alle elezioni: una percentuale di voti troppo bassa per superare la soglia di sbarramento. Secondo un’altra rilevazione dello stesso istituto, però, potrebbero sfiorare il tre per cento. L’unica prospettiva incoraggiante? I Verdi sono comunque in crescita rispetto al 2020 – quando avevano ottenuto meno dello 0,5 per cento dei voti – e potrebbero continuare a rafforzarsi nella speranza di entrare in Parlamento.

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