Ancora poche ore e la Fiera internazionale del tartufo bianco di Alba aprirà i battenti. Lo farà per la novantatreesima volta sabato 7 ottobre. Da quel giorno, e fino al 3 dicembre, le Langhe saranno meta di pellegrinaggio di adepti, cultori e curiosi del fungo più famoso del mondo. L’obiettivo più o meno dichiarato dagli avventori sarà compreso tra il riuscire a fare un affare o solamente assaggiarlo. Ma se il primo caso è utopico, perché il tartufo bianco di Alba si paga esattamente quello che vale in quel momento, assaggiarlo può essere un po’ più complicato, perché se pioggia ed escursione termica decidono che non è l’anno giusto, i prezzi possono diventare motivo di sacrificio. Così il saper scegliere il tartufo giusto diventa fondamentale.
Per questo motivo, con l’aiuto di Antonio Degiacomi, presidente del Centro Nazionale Studi Tartufo, Gastronomika ha stilato un decalogo dedicato ai non esperti.
Bianco o nero
Innanzitutto partiamo col dire che di tartufi ce ne sono in quasi tutta Italia, se ne possono mangiare quasi tutto l’anno e non necessariamente solo bianchi. Quello d’Alba è il più celebrato, ma ne esistono altri come il bianco di Acqualagna o i neri uncinati. Ognuno ha caratteristiche diverse così come lo sono i prezzi, che possono variare significativamente.
Quanto costa
Se si decide di puntare su Alba, a oggi, le previsioni indicano un moderato ottimismo, il che significa che anche le quotazioni potrebbero essere molto al di sotto rispetto ai seicento/settecento euro all’etto dell’anno scorso. Per avere qualche certezza in più e, forse qualche illusione in meno, a partire dal 7 ottobre si potrà dare uno sguardo al sito del Centro Studi per avere le idee più chiare. Ma attenzione, perché le quotazioni sono riferite a tartufi di pezzatura media (quindici/venti grammi). Per quelli più grandi il prezzo all’etto può essere anche molto più alto.
Dove comprare
Le fiere sono il luogo ideale, nel solo Piemonte, in autunno, ce ne sono una ventina. Poi ci sono i negozi specializzati e gli alimentari gourmet, ma in questo caso è sempre meglio fare una ricerca sull’affidabilità. Ad Alba invece si può andare direttamente al Mercato Mondiale, dove i tartufi offerti sono selezionati dai giudici di analisi sensoriale formati dal Centro Nazionale Studi. Non solo, perché a garanzia dell’altissima qualità, gli esemplari di peso superiore ai cinquanta grammi, già certificati a norma ISO, avranno anche un’ulteriore garanzia fornita dalla blockchain.
Provenienza
Partiamo con il precisare che i cercatori sono soliti rilasciare una dichiarazione di provenienza. Detto questo, se un tartufo rispecchia tutte le caratteristiche di freschezza è molto probabile che, data la sua delicatezza nella conservazione, sia stato trovato vicino.
Come si sceglie
Il primo passo è la vista, che serve soprattutto per valutarne integrità e pulizia, perché la forma, irregolare o globosa, è ininfluente. Per quanto riguarda il tatto, la consistenza è fondamentale: quella di un tartufo bianco di Alba deve essere dura, ma non troppo (il nero è generalmente più coriaceo), e dare una percezione vellutata. Infine il naso, che è il senso più importante e complicato da gestire nella scelta. Un esemplare di qualità deve avere una buona intensità del profumo e deve trasmettere note che possono richiamare fungo, miele, fieno, aglio e spezie.
Cosa evitare
Fortunatamente i segnali di un pessimo affare sono evidenti. Un tartufo elastico, molle e con un odore pungente di ammoniaca è da scartare, perché è presumibilmente troppo maturo, è stato raccolto da troppo tempo o ancora è stato conservato male.
Come si pulisce
Il tartufo si pulisce subito prima del consumo lavandolo senza timore sotto getto di acqua corrente (fredda), quindi lo si spazzola delicatamente (setole morbide) e lo si tampona con carta assorbente. Dopo un quarto d’ora di riposo lo si può lamellare.
Conservazione
Partiamo col dire che un tartufo andrebbe consumato il prima possibile. In caso contrario, sarebbe opportuno confrontarsi con il rivenditore, che così vi aiuterà a scegliere un esemplare con il grado di maturazione corretto. Detto questo, basta avvolgerlo nella carta assorbente, porlo in un vasetto di vetro (chiuso) e metterlo in un frigorifero a una temperatura di 3-6°C. Il tutto per una settimana al massimo cambiando la carta ogni giorno e lasciando perdere il riso. Se si vuole cedere allo zelo può essere una buona idea portarsi da casa un vasetto e una borsa termica per proteggere l’acquisto durante il viaggio di ritorno.
Le ricette buone
In questo caso la consuetudine si è fatta letteratura. A ingolosire più di altri, tra i grandi i grandi classici, è l’uovo cotto nel burro a un calore non troppo intenso e con il tuorlo cremoso. A seguire, guardando sempre al ricettario piemontese, non possono mancare i tajarin, il risotto bianco, la fonduta e la carne cruda. I nuovi accostamenti invece vogliono il tartufo esaltare i sapori di insalate di verdure, piatti di mare e addirittura dolci. Per quanto riguarda il vino è sempre buona cosa affidarsi a un abbinamento territoriale.
E quelle cattive
La cosa più importante è evitare piatti con gusti troppo marcati, troppo speziati, perché il tartufo chiede di essere protagonista, e lo deve essere anche con l’abbinamento al calice. Per ultimo, un tartufo non va servito freddo, prima deve essere gradualmente portato a temperatura.