Oltre il trenta per cento della superficie del nostro pianeta è coperto da foreste. Tuttavia, dal 1990 a oggi più di centosettanta milioni di ettari – un’area equiparabile alla Libia – sono andati persi. Secondo le stime dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), i processi di degrado forestale e di disboscamento responsabili della situazione hanno un impatto del venti per cento sul totale delle emissioni antropiche di gas serra. L’intelligenza artificiale potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella lotta a questo fenomeno. Come? Grazie alla possibilità di rilevare minacce in tempo reale e in maniera sempre più efficace.
L’Intelligenza artificiale nella lotta alla deforestazione dell’Amazzonia
Come noto, con il ritorno del presidente Lula Inácio da Silva, il Brasile ha fissato l’obiettivo di fermare definitivamente la deforestazione illegale in Amazzonia, dopo che le politiche del suo predecessore, Jair Bolsonaro, avevano portato a un aumento considerevole di queste attività (nel 2020 le sanzioni per violazioni di tipo ambientale sono calate del settanta per cento, un vero e proprio incentivo). In questo contesto, l’impellenza di fermare l’escalation di fenomeni di disboscamento nell’area ha reso il Brasile il principale banco di prova per l’ideazione di tecnologie utili alla causa.
Gli esempi abbondano. Immaginate piccole scatole, fissate ai tronchi degli alberi, dotate di sensori in grado di identificare il suono di motoseghe e trattori. Dispositivi che attraverso un software riconoscono i rumori di azioni responsabili della deforestazione illegale perpetrata in alcune zone boschive. Questi apparecchi esistono davvero, si chiamano “curupira” e si trovano nel cuore della foresta amazzonica. Prendono il nome da una creatura leggendaria del folklore indigeno – un demone dai capelli rossastri che protegge le foreste – e fanno parte di un progetto che ha un obiettivo ben preciso: tutelare l’inestimabile ecosistema del principale polmone verde del nostro pianeta.
L’intelligenza artificiale alla base del riconoscimento audio di questi device è fondamentale: per addestrarla è stata realizzata una libreria di rumori molesti che differiscono dal sottofondo naturale della foresta pluviale, con i richiami degli animali o il fruscio della vegetazione sotto la pioggia. Il frastuono provocato dal motore a scoppio di una motosega fa scattare l’allerta: una volta identificata la minaccia sonora, le curupira trasmettono le informazioni critiche a un centro di comando, facilitando un’azione rapida da parte delle squadre di intervento.
Questa tecnica di sorveglianza può fare la differenza: la capacità wireless delle curupira è notevole – possono trasmettere dati su grandi distanze, fino a un chilometro – e il progetto si distingue da altri sistemi simili per la sua economicità, grazie al prezzo dei singoli dispositivi che si aggira intorno ai duecento euro.
Non finisce qui. Un altro esempio virtuoso in questo campo è PrevisIA, uno strumento che si basa sull’elaborazione di immagini satellitari sviluppato dai ricercatori dell’organizzazione non profit ambientalista Imazon. Ideato a partire dal 2016 e sviluppato in collaborazione con Microsoft e il fondo di investimento Fundo Vale, il sistema PrevisIA si basa su un algoritmo in grado di analizzare fotografie, dati e informazioni in maniera combinata. I recenti progressi in questo ambito hanno permesso un aumento della potenza di calcolo del software, e ciò si traduce in una maggiore rapidità nell’individuare, nel marasma di dataset e variabili a disposizione, la presenza di un indicatore chiave: le tracce delle strade “non ufficiali” in costruzione.
«Gli studi dimostrano che il novantacinque per cento della deforestazione accumulata in Amazzonia si trova in un raggio di 5,5 chilometri dalle strade», spiega Carlos Souza Jr., coordinatore del progetto. In un’intervista al Guardian il ricercatore ha elogiato l’accuratezza dello strumento: di tutti gli avvisi di deforestazione, l’ottantacinque per cento si è verificato entro quattro chilometri dal luogo previsto, con circa la metà delle segnalazioni che riguardava aree classificate ad alto o altissimo rischio. «Con questa tecnologia il degrado forestale viene reso pubblico, contribuendo così ad aumentare la consapevolezza e la comprensione della perdita di biodiversità, delle emissioni di carbonio e della minaccia per le popolazioni indigene».
Intelligenza artificiale e deforestazione in Italia
Nella moltitudine di progetti internazionali che sfruttano l’intelligenza artificiale per la tutela del patrimonio boschivo – dall’iniziativa del Parco nazionale di Jaldapara nell’Himalaya orientale all’azienda australiana AirSeed Technology – c’è anche l’Italia.
Il progetto Forestry analyzer, condotto dalla startup Hesplora e co-finanziato dall’International foundation big data and artificial intelligence for human development (Ifab), sfrutta il deep learning per prevedere l’entità della deforestazione nel passato e stimare il fenomeno nel futuro, con un metodo che garantisce grande accuratezza. Si tratta di un’iniziativa totalmente realizzata in Italia: l’Ifab è una fondazione nata dalla volontà della Regione Emilia-Romagna nel 2019, nel cuore della Data valley italiana, dove si sta formando il nuovo hub europeo di ricerca in ambito informatico: il tecnopolo di Bologna. La fondazione vuole essere un punto di riferimento indipendente e autorevole nel dibattito mondiale su sviluppo sostenibile e nuove scienze.
Uno degli intenti di Forestry analyzer è quello di perfezionare e sfruttare le immagini fornite da Copernicus, tra i più importanti programmi al mondo di Earth observation (voluto e finanziato dall’Unione europea), insieme a quelle landsat della Nasa. Nel farlo, il progetto fa affidamento a reti neurali convoluzionali in grado di analizzare specifiche aree all’interno delle fotografie e migliorarne notevolmente la risoluzione.
Una volta effettuato l’upscale dell’immagine, si procede con lo studio dell’andamento storico della deforestazione, anno per anno, utilizzando i dati ottenuti per allenare un’ulteriore rete neurale che permette di fare stime anche in chiave futura. Pur occupandosi principalmente di Europa, Forestry analyzer lavora a livello internazionale. La sua prima applicazione è infatti avvenuta nel contesto dell’osservazione di una foresta del Camerun, la seconda più grande dell’Africa. Gli algoritmi utilizzati sono tuttora in corso di validazione scientifica col supporto e la collaborazione dell’università di Firenze.