Scienza e comunicazioneBisogna essere più precisi quando si parla di «limiti di sicurezza» della Terra

Sono parametri complessi e profondamente interconnessi. Da una parte, rappresentano un tentativo di semplificare fenomeni difficili da spiegare; dall’altra, sono soglie indicative oltre le quali il Pianeta diventa meno resiliente. In ogni caso, non sono tutti confini irreversibili: l’uomo ha ancora il potere di cambiare le cose

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La Terra ha nove «limiti di sicurezza» e l’essere umano li sta superando quasi tutti, uno dopo l’altro. È una notizia di cui si sente parlare ciclicamente da più di dieci anni e che è tornata all’ordine del giorno di recente, dopo che a settembre 2023 un gruppo di scienziati ha nuovamente valutato questi limiti ed è giunto alla conclusione che la Terra è «un paziente che non sta bene»: ne abbiamo oltrepassati sei su nove e altri due sono vicini al punto di rottura. 

Secondo i ricercatori, più questi «confini planetari» vengono superati, più aumenta il rischio di generare cambiamenti ambientali su larga scala improvvisi o irreversibili. È comprensibile che la notizia – o per lo meno il titolo – susciti un certo sconforto, se non vera e propria angoscia. Vale però la pena approfondire: cosa sono esattamente questi limiti, perché sono stati inventati e in che senso sono stati superati? Soprattutto, sono davvero punti di non ritorno?

L’origine dei limiti di sicurezza della Terra
Il concetto dei limiti di sicurezza della Terra è stato proposto per la prima volta nel 2009 dall’ecologo e ricercatore svedese Johan Rockström, direttore dello Stockholm Resilience Centre dal 2007 al 2018, insieme a un gruppo di ventotto scienziati di fama internazionale. Questa teorizzazione fu pubblicata prima su Ecology & Society e in seguito su Nature con il titolo “A safe operating space for humanity”, uno spazio operativo sicuro per l’umanità. 

I limiti della Terra, infatti, altro non sono che alcuni indicatori della stabilità ecologica e climatica del nostro pianeta. O, per dirla ancora più semplicemente, sono alcuni processi che fanno “funzionare bene” la vita sulla terra. Se questi limiti vengono superati – quindi se la stabilità ecologica e climatica si spezza, se i processi smettono di funzionare bene – il sistema terrestre potrebbe uscire dalle condizioni che hanno reso possibile la nascita e lo sviluppo della civiltà umana «con conseguenze dannose o addirittura catastrofiche per gran parte del mondo».

La civiltà umana è sorta e si è sviluppata durante l’Olocene, epoca geologica iniziata circa diecimila anni fa e, a differenza delle precedenti, caratterizzata da una certa stabilità climatica e ambientale. Dalla Rivoluzione Industriale in poi però, come sappiamo, le attività umane hanno modificato significativamente il clima, l’ambiente e il territorio, e continuano a farlo. È questo il motivo per cui alcuni scienziati hanno da tempo proposto di non definire più la nostra epoca geologica Olocene ma Antropocene, a sottolineare l’impatto dell’Homo sapiens sul sistema terrestre. 

Che si accetti o meno di usare questo neologismo, il punto è che stiamo gradualmente perdendo le desiderabili condizioni climatiche e ambientali dell’Olocene che, senza la pressione dell’essere umano, si prevede potrebbe proseguire almeno per alcune migliaia di anni. Gli scienziati che nel 2009 hanno concettualizzato i «limiti della Terra» hanno voluto appunto individuare nove parametri chiave che hanno garantito uno «spazio operativo sicuro» per lo sviluppo della civiltà umana e che invece, se superati, ci porterebbero pericolosamente sempre più distanti dalle condizioni favorevoli dell’Olocene.

Quali sono i limiti di sicurezza della Terra?
I parametri individuati da Rockström e dal suo gruppo nel 2009 sono nove, di cui tre risultavano superati già all’epoca e altri tre sono stati definiti superati in seguito alle revisioni successive. Uno dei limiti già oltrepassati da tempo è il cambiamento climatico. Come noto, la temperatura media della Terra è già aumentata di 1,2 °C rispetto all’epoca preindustriale e l’elevata concentrazione di gas serra nell’aria continuerà a surriscaldare il pianeta. Secondo Rockström e colleghi, la quantità massima di gas serra accettabile è duecentottanta parti per milione (ppm), valore che è stato superato nel 1988 e che nel 2022 è arrivato a oltre quattrocentoventi ppm. 

Un secondo parametro è la perdita di biodiversità, o meglio, di integrità della biosfera: anche questo è già stato classificato come superato nel 2009. Secondo un recente rapporto Ipbes il tasso di estinzione si sta velocizzando, tanto che per il Wwf possiamo parlare di «sesta estinzione di massa». È considerato un limite superato anche l’interferenza con i cicli di azoto e fosforo. Questi due elementi chimici sono molto importanti per gli organismi viventi animali e vegetali e fanno parte di un sistema chiuso: significa che circolano dagli organismi viventi alla biosfera, e viceversa. Turbare questo ciclo può compromettere gravemente l’equilibrio degli ecosistemi ed è proprio quello che sta succedendo, principalmente a causa dell’uso di combustibili fossili e fertilizzanti. Lo vediamo, ad esempio, anche nel processo di eutrofizzazione dei laghi. 

È stato superato anche il limite del consumo del territorio, che si riferisce a quante foreste, praterie, zone umide e altri territori naturali sono stati modificati per essere sfruttati per le attività umane. Questo tema è connesso a un altro limite superato, cioè la disponibilità di acqua dolce: le modificazioni del territorio hanno già influenzato il corso dei fiumi e hanno fatto sì che fosse possibile prelevare enormi quantità di risorse idriche a uso industriale o energetico. Oggi l’acqua è una risorsa scarsamente disponibile per quattro miliardi di persone nel mondo.

Un sesto limite individuato da Rockström e dal suo gruppo è l’inquinamento di composti chimici, con cui ci si riferisce alla dispersione nell’ambiente di sostanze chimiche, pesticidi, microplastiche, diossine e sostanze inquinanti in generale. Anche questo limite è classificato come superato, perché nell’ultimo secolo abbiamo rilasciato una quantità e varietà impressionante di sostanze inquinanti che prima non erano presenti in natura. Va detto però che di alcune di queste non esistono ancora dati precisi e, in generale, in questo caso è particolarmente difficile individuare una soglia esatta oltre la quale lo «spazio operativo» dell’umanità è pregiudicato.

I limiti della Terra che (per ora) non abbiamo superato
L’acidificazione degli oceani è uno dei parametri che per ora resta sotto la soglia di sicurezza, anche se non di molto: nella revisione di settembre 2023 è infatti considerato pericolosamente vicino al limite. Gli oceani sono un pozzo naturale di carbonio, ovvero possono assorbire il carbonio dall’atmosfera e mitigare in questo modo l’effetto serra. Quando i mari trattengono il carbonio, però, quest’ultimo si trasforma in acido carbonico e porta a una riduzione del pH dell’acqua, cioè a una acidificazione che è nociva per la biodiversità marina.

Non risulta superato nemmeno il parametro della riduzione dell’ozono nell’atmosfera, che comunemente è chiamato “buco nell’ozono”. Lo strato di ozono è fondamentale perché scherma le radiazioni ultraviolette dannose e assottigliandosi, o scomparendo del tutto, può danneggiare gli ecosistemi. Anche la concentrazione di particolato nell’aria è un parametro per ora non superato, ma considerato molto vicino a una ipotetica soglia massima. 

Cosa succede quando superiamo i limiti di sicurezza della Terra?
Il gruppo di scienziati che si è occupato della recente revisione dei limiti della Terra ha specificato che tali confini non sono dei punti di non ritorno irreversibili oltre i quali accadono improvvisi e gravi deterioramenti. D’altronde in alcuni casi non è nemmeno scontato riuscire a individuare una soglia-limite esatta o definitiva. Inoltre, si tratta di parametri complessi e profondamente interconnessi in un modo che spesso la mente umana fatica a concepire (ed è questo uno dei motivi per cui ci risulta difficile agire contro la crisi climatica). 

Anche per questo, secondo il professor Simon Lewis dell’University College London, che non ha partecipato allo studio, i limiti di sicurezza della Terra sono un «tentativo eroico di semplificare il mondo», ma che probabilmente «è troppo semplificato per essere utile nella gestione pratica della Terra».

Non sono dello stesso avviso gli autori della ricerca, che sottolineano che questi «confini planetari» sono limiti indicativi oltre i quali la Terra diventa meno resiliente e i rischi di cambiamenti fondamentali e duraturi al sistema terrestre aumentano. «Possiamo pensare alla Terra come a un corpo umano e ai confini planetari come alla pressione sanguigna», ha spiegato la professoressa Katherine Richardson dell’Università di Copenaghen. «Valori oltre 120/80 non indicano un infarto certo, ma ne aumentano il rischio, e quindi si lavora per ridurre la pressione sanguigna». 

Il punto dell’analisi, insomma, è fare un check-up generale della salute della Terra, rimarcando la necessità di adottare uno stile di vita che riduca i rischi. È importante infatti sottolineare che non tutti i limiti di sicurezza della Terra sono irreversibili, perlomeno non tutti allo stesso modo. Il limite di sicurezza per l’ozonosfera era stato superato negli anni Novanta, ma dopo la firma del protocollo di Montreal nel 1987 le componenti chimiche dannose sono state gradualmente eliminate e ciò ha portato in effetti a una probabile chiusura del buco dell’ozono

È una buona notizia, perché significa che le scelte e le azioni umane hanno avuto degli effetti nel «ridurre la pressione arteriosa della Terra», per così dire, e possono averne ancora in futuro. Se anche non sarà possibile ritornare alle condizioni pre-industriali per quanto riguarda, ad esempio, il riscaldamento globale, l’integrità dei territori naturali o la perdita di biodiversità, possiamo e dobbiamo comunque ancora agire per fermare, o quantomeno contenere, il più possibile i danni. 

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