La Russia c’è cascata di nuovo. Dopo Evan Gershkovich, il reporter del Wall Street Journal arrestato a marzo e ancora in attesa di un processo, il regime di Vladimir Putin ha fermato a Kazan, città ottocento kilometri a Est della capitale, la giornalista Alsu Kurmasheva. L’autrice di Radio Free Europe/Radio Liberty ha doppio passaporto: americano e russo. È accusata di non essersi registrata come «agente straniera».
Questo secondo caso fa pensare che il Cremlino ormai consideri i cittadini stranieri nel Paese, e in particolare quelli statunitensi, come una preziosa merce di scambio, da spendere magari per ottenere la liberazione di suoi agenti – spie vere, s’intende, a differenza dei reporter innocenti – al momento detenuti negli Usa.
L’emittente (finanziata dal governo americano) chiede l’immediato rilascio dell’autrice, quarantasei anni, «una collega rispettata, moglie e madre di due bambini. Lasciatela tornare alla sua famiglia». Le autorità russe tacciono. Kurmasheva viveva a Praga, ma a maggio era dovuta tornare a Kazan per un’emergenza familiare. A giugno, a due settimane dal suo arrivo, mentre si imbarcava sul volo di ritorno, era stata multata – e temporaneamente arrestata – per non aver dichiarato la sua doppia cittadinanza.
Le erano stati confiscati i passaporti. Stava aspettando glieli restituissero quando, mercoledì, sono arrivate le nuove accuse. Rischia fino a cinque anni di prigione in basse alla vergognosa legge del 2012 che costringe le organizzazioni che ricevono fondi anche dall’estero a registrarsi come «agenti stranieri». Di fatto, è uno strumento del regime per reprimere il dissenso.
Un’agenzia russa, Tatar-Info, sostiene l’autrice stesse facendo un’inchiesta sulla mobilitazione dei docenti universitari. La tv statale, invece, la taccia di articoli scritti «sotto dettatura» dei nemici. Insomma, il copione è il solito. Kurmasheva si era occupata delle minoranze di Tatarstan e Bashkortostan, regioni che chiedono più autonomia a Mosca. Era stata la curatrice di un libro intitolato “No alla guerra” con le storie di quaranta russi contrari all’invasione.
«Il giornalismo non è un crimine e l’incarcerazione di Kurmasheva è l’ennesima prova che la Russia è determinata a stroncare il giornalismo indipendente», ha commentato Gulnoza Said del Comitato per la protezione dei giornalisti. Mentre la notizia dell’arresto della reporter trapelava, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov era in Corea del Nord a ricordare quale sia il vero modello di quello che, fino al 24 febbraio 2022, veniva ritenuto un affidabile partner commerciale.