I guai di casa nostraLo scempio della tv italiana e di chi punta il dito contro gli israeliani al rave party

Proprio come ottant’anni fa c’era chi voleva impedire agli ebrei di vivere la loro vita, oggi nel nostro porcaio televisivo si attaccano quelli che erano andati a fare musica e ballare e sono stati aggrediti dai terroristi di Hamas

AP/Lapresse

Nel trionfo di troppe magnificenze, mi pare che sia sfuggita all’attenzione di tanti la fioritura forse più bella offerta dalle fecondità del porcaio televisivo italiano: e cioè che in Israele mica potevano pensare che fosse possibile fare musica e ballare mentre su quella inopportuna spensieratezza si affacciava l’ingiusta sofferenza altrui, la rabbia di gente vilipesa da un simile affronto danzante.

E in effetti ci sta, esattamente come ci stava ottant’anni fa. Pensavano forse gli ebrei di poter fare impunemente i loro commerci, di godersi le loro abitazioni e di mandare a scuola i figli mentre il mondo circostante subiva la loro soperchieria usuraia? Pensavano forse di farsi mettere quei costosi denti d’oro senza incorrere nel comprensibile risentimento della brava gente spinta dalle circostanze a cavarglieli dalla bocca? Pensavano forse di gironzolare per le strade così sfrontati, senza portare addosso il segno di riconoscimento di quella loro avidità tanto oltraggiosa nei confronti del popolo soggetto alle loro cospirazioni?

Funziona così nell’Italia nata “dalla resistenza contro il nazi-fascismo”, nell’Italia della Giornata della Memoria, nell’Italia adunata in vigilanza del tenore democratico del Paese messo a rischio dal busto di Mussolini sulla mensola di casa del presidente del Senato, nell’Italia che insorge contro le norme liberticide per la soppressione del diritto al rave party ad Abbiategrasso e Benevento: funziona che se un altro rave è preso di mira dai terroristi che massacrano centinaia di ragazzi, e mica ad Abbiategrasso o a Benevento, accidenti, dove c’è la Costituzione più bella del mondo fondata sul reddito da 25 aprile, ma in quel deserto usurpato, allora c’è ben da domandarsi come sia possibile tanta insensibilità, come sia possibile che ci si senta liberi di fare quella ricreazione in musica sculettando a un tiro di sasso – ops, di kalashnikov – da gente che ha in corpo tanta fame e tanta rabbia (naturalmente per colpa dei ballerini). Poi ti sorprendi perché su quella festa ai margini del bisogno e del degrado piombano i commandos che fanno strage di quegli sventati e restituiscono al deserto la sua tranquillità silenziosa.

Sveliamo un segreto. Sì, pensavano di avere il diritto di vivere e di ballare. Il diritto che ai loro genitori e ai loro nonni era stato negato qui: dove oggi, ottant’anni dopo, si fanno serissime riflessioni sulle cause, sui motivi, sulle geopolitiche spiegazioni per cui gli ebrei sono massacrati mentre pretendono di divertirsi incuranti di chi sta male.

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