Situata nella campagna pugliese, la Tormaresca è una delle realtà della famiglia Antinori sul territorio nazionale, la divisione meridionale di una collezione di terreni che si estendono ben oltre i nostri confini. Delle due tenute che la compongono, Conversazioni in Vigna (la serie di Gastronomika dedicata alla vendemmia) ci porta a scoprire Bocca di Lupo, dal 1998 adagiata sulle curve di questo paesaggio lunare, di terre arse e arbusti, muretti a secco e profumo di verde.
Ci troviamo nella DOC di Castel del Monte, circa 130 ettari di terreno vocato alla produzione di vini di alta qualità da una tavolozza di vigneti. Ce lo spiega Vito Palumbo, che prima di essere Brand Manager di Tormaresca è una persona che il vino lo fa, memore degli insegnamenti appresi da una famiglia di abili affinatori. In questa Puglia atipica, al confine con la Campania e con la Basilicata, il terroir non gode delle stesse caratteristiche rispetto al resto della regione, la terra qui è bianca, povera, carsica, difficile per lo sviluppo di una coltura delicata come la vite. Per fortuna però che in questo suolo, così arido eppure capace di donare incredibili sfumature di gusto, non sono solo le viti che faticano a crescere ma anche gli agenti infestanti, facilitando la gestione biologica del verde di Bocca di Lupo.
L’agricoltura (quasi) senza rame, che nei vigneti viene utilizzato per combattere la peronospora, fa sì che l’azienda possa concentrarsi sul vero obiettivo, la produzione di un repertorio di grandi bottiglie, diversificato e in costante evoluzione. Ci sono due varietali di origine ellenica, Fiano e Aglianico, dei quali il team della Tenuta Bocca di Lupo ha fornito un’interpretazione su misura di Minervino Murge. Il primo, in purezza, risulta in una piacevole combinazione di freschezza e mineralità, mentre il secondo, prodotto di punta per la tenuta, si esprime in un vino persistente e complesso, erede di una nobile tradizione.
Che cosa li accomuna? Una contestualizzazione inusuale. Così come l’Aglianico dell’azienda affonda le radici in un terroir sedimentario, di calcarinite marina e non vulcanico, allo stesso modo il suo Fiano cresce in un terreno le cui proprietà si differenziano non poco da quelle dell’Avellino campano. Grazie alla ricerca e all’impegno costante dei Palumbo, da una premessa incerta (ci azzardiamo a dire sfidante) nascono i vini che esprimono l’identità di questa lingua di terra che Palumbo chiama «Il parallelo di due varietali».
Si affiancano alle produzioni storiche della cantina altre cinque etichette degne di nota: Locone, un Cabernet Sauvignon che omaggia l’acqua, l’elemento imprescindibile alla vita e il cui dosaggio è fondamentale per agricoltura nell’Alta Murgia. Arso è una provocazione, un Cabernet Franc dal sentore di frutti rossi e sottobosco, mentre Pietrabianca contamina lo Chardonnay con una lacrima di Fiano. Trentangeli (blend di Aglianico) e Kaloro (passito da Moscato Reale) chiudono la libreria enologica di Bocca di Lupo, il primo ideale per avvicinarsi alla complessità del vitigno in questione e il secondo dal piacevole retrogusto di miele e confetture.
Le conoscenze nella tenuta Bocca di Lupo si scambiano e aggiornano di continuo, nella quotidianità dei test in laboratorio, delle tavole rotonde e delle chiacchierate scambiate tra un filare e l’altro con i contadini, custodi di tecniche ed esperienze. Distante dalle ricchezze della Puglia costiera, quest’area rurale offre ai giovani una dimensione in cui l’agricoltura è terreno di crescita e di grandi opportunità per il futuro.
Fotografie @Tenuta Bocca di Lupo