A distanza di una settimana dall’incoronazione delle nuove stelle, dopo che opinioni analogiche e digitali sono uscite da parte degli addetti ai lavori, possiamo finalmente raccontare un altro aspetto significativo di questa sessantanovesima edizione della guida Michelin. A conquistarsi la prima stella infatti sono arrivate anche tre donne – su 395 ristoranti non è molto ma è pur sempre qualcosa – e combinazione nessuna di loro è (ancora) una super star della cucina italiana. Nessuna tra Amanda, Aurora o Ada – tre nomi per giunta piuttosto insoliti – ha partecipato a trasmissioni televisive o show di intrattenimento, nessuna di loro ha profili social particolarmente di richiamo e nessuna tra le tre sembra sposare una politica di comunicazione che spinge. Piuttosto, la dedizione e la concentrazione sulle singole realtà individuale è qualcosa che accomuna queste tre donne che nel tempo, con storie differenti, hanno visto la loro passione e i loro sforzi ripagati attraverso il conferimento del primo macaron.
Chi sono le italiane premiate dalla “rossa”?
Da dove arrivano, che percorsi anno alle loro spalle?
Che tipo di lavorano conducono nei loro ristoranti?
Amanda Eriksson ha aperto le porte del suo ristorante Wood, a Breuil-Cervinia, nel novembre del 2013 con uno slancio di entusiasmo e di complicità insieme al sommelier (e compagno) Cristian Salco. Nata e cresciuta in Svezia, a Norbotten, Amanda è rimasta affascinata dalle materie prime del nostro Paese e allo stesso tempo condizionata – nel positivo – dal contesto in cui viveva. La Valle d’Aosta è una terra con condizioni climatiche a sé e dove l’ecosistema di riferimento è unico e altamente territoriale. Il lavoro a duemila metri di altitudine l’ha obbligata a confrontarsi con limiti naturali e al di fuori delle proprie possibilità di controllo ma le ha concesso di preservare un approccio libero e personale alla cucina. Da qui, la progressiva introduzione nella filosofia del ristorante di prodotti svedesi così come di alcune tecniche di lavorazione, conservazione, fermentazione.
La contaminazione tra la visione di Amanda e il punto di vista di Cristian si esprime in tre menu degustazione, un vegetariano, uno ispirato al territorio e un terzo più creativo. In quest’ultimo, la passione della chef verso l’Asia e le sue tradizioni gastronomiche vede le sue maggiori apparizioni. A distanza di dieci anni dall’apertura, questa insegna è stata notata, premiata, inserita in un circuito che speriamo possa dare ancora più linfa ed energia nuova ad un progetto già così ben radicato.
Anche la storia di Ada in qualche modo vede intrecciarsi carriera professionale con vita privata. Appassionandosi di cucina sin da bambina grazie a una mamma campionessa ai fornelli e il padre macellaio (con la vocazione per il mare) Ada, nativa di Lecce, si trasferisce a Perugia per studiare. Sono gli anni Novanta e qui si forma, lavora, cerca di trasformare la propria passione in un mestiere che sia allo stesso tempo forma d’arte ma professione. Nel 2006 apre la sua prima attività, L’Officina Ristorante Culturale, insieme al marito Joannis Karajousis. In questa prima realtà, l’Umbria e l’Italia si incontrano con la cucina greca e i sapori delle tradizioni mediterranee e mediorientali, lavorando con prodotti del territorio e cercando allo stesso tempo un’apertura verso un pubblico più ampio.
Dopo vent’anni di esperienze sul campo è tempo di mettere alla prova la propria visione, provando a realizzare un concept che rispecchi in tutto e per tutto Ada Stifani come donna, chef, imprenditrice, leader. Nasce così ADA, un progetto di fine dining estremamente personale, delicato e premiato dalla guida Michelin per la sua luce e per la concretezza di una proposta tecnicamente molto interessante e per di più inusuale per Perugia. Grazie a una brigata molto giovane e affiatata, la proposta riflette tecniche contemporanee e sperimentazioni verso marinature e fermentazioni, lavorazioni artigianali e nel complesso una grande libertà stilistica di pensiero, servizio e gusto.
La terza e ultima protagonista lavora in Emilia-Romagna, nel cuore del nostro Paese e con una storia di tradizione e famiglia alle spalle con cui non è sempre stato facile confrontarsi.
Oggi è noto come Casa Mazzucchelli ma il ristorante storico di Sasso Marconi in provincia di Bologna è per alcuni ancora conosciuto come Ristorante Marconi. Grazie alla conduzione dei figli della famiglia, Aurora Mazzucchelli (executive chef) e il fratello Massimo (maitre e sommelier), questa insegna è tornata a brillare grazie al conferimento della stella Michelin.
Nel corso degli anni la proposta, l’idea e la visione dietro Casa Mazzucchelli sono cambiati molto e questo si deve soprattutto ad Aurora. Una donna determinata, coraggiosa, impegnata mente e spirito nell’innalzare la qualità e la profondità del suo ristorante, in cui ha scelto di entrare silenziosamente nel 2000. Qui progressivamente, ascoltando, rubando con gli occhi, provando a mettersi al servizio di una professione tanto bella quanto costantemente da ripensare ed evolvere, si è ritagliata uno spazio e un’identità.
Nel 2018 insieme al frattello Massimo hanno aperto un forno, Mollica, facendo pane e pizza da lievito madre selezionando farine e ingredienti all’altezza del ristorante. «La pizza parte dall’idea di una chef che lavora il mondo dei lievitati per arrivare a una pizza alla pala di impronta romana». Grazie a questo importante tassello, il pane e il racconto del lievitato occupa del fine dining un ruolo centrale e sempre di maggiore importanza. Se da bambina amava fantasticare, oggi continua a sperimentare senza limiti nella scelta delle materie prime e cercando di armonizzare ingredienti e tecniche per tradurli in piatti concreti, buoni, eleganti. Difficile dare un’etichetta alla cucina di Aurora (e poi per quale motivo dovremmo) ma il suo animo e la sua vocazione meritano sicuramente una sosta.
Wood
Via Guido Rey, 26 – Breuil Cervinia (Ao)
Ada Gourmet
Via del Bovaro, 2 – Perugia
Casa Mazzucchelli
Via Porrettana, 291 – Sasso Marconi (Bo)