Primato negativoL’Italia è l’unico Paese europeo in cui redditi e potere d’acquisto non sono aumentati negli ultimi vent’anni

La mancata crescita dei salari negli ultimi due decenni è un caso più unico che raro in Europa, e a rimetterci sono state soprattutto le famiglie di lavoratori dipendenti e con figli. Con l’economia che va verso la stagnazione, il rimbalzo non è affatto scontato

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L’Italia è stato l’unico Paese avanzato in cui il reddito disponibile delle persone non è aumentato negli ultimi due decenni, se misurato come reddito nazionale pro capite al netto dell’inflazione e a parità di potere d’acquisto. Dal 2003, da quando era persino superiore a quello medio Ue, a quello tedesco e francese, è sceso del 4,4 per cento, mentre in Spagna è salito del 3,6 per cento, in Francia del 6,5, in Germania del 22,4 e nei Paesi baltici è addirittura raddoppiato.

Dati Ocse, reddito nazionale pro capite, in dollari costanti PPP

Non è una novità, queste nuove statistiche fanno il paio con quelle sui salari reali, anch’essi rimasti stabili o leggermente calati negli ultimi decenni. Se prima i redditi già crescevano meno di quelli degli altri Paesi, ma crescevano, il periodo tra 2008 e 2013 ha inferto loro un colpo che la ripresa successiva non è riuscita a guarire.

Lo confermano i dati di Eurostat che usano, come indicatore, i redditi mediani familiari disponibili equivalenti, in questo caso nominali, ma sempre a parità di potere d’acquisto: se nel 2008 quelli degli italiani era ancora superiori a quelli di tutti gli europei dell’Est, nel 2022 siamo stati superato dai vicini sloveni, dai maltesi e dai ciprioti e si è allargato il solco con gli altri Paesi occidentali.

Dati Eurostat, redditi mediani familiari disponibili equivalenti in euro

Il dato più importante, tuttavia, è un altro e riguarda chi ha visto le migliori e le peggiori performance a livello sociale e demografico, in Italia e negli altri Stati. Questo ci dice molto non solo delle conseguenze delle trasformazioni economiche, ma anche delle cause.

Nella classifica per redditi pro capite di famiglie con almeno un componente anziano non abbiamo perso posizioni e continuiamo a superare la Spagna e tutto l’Est, ma le cose cambiano se guardiamo ai nuclei in cui vi sono figli a carico.

Dati Eurostat, redditi mediani familiari disponibili equivalenti in euro

Se il figlio è uno il reddito disponibile equivalente pro capite degli italiani viene superato da quello degli estoni e degli sloveni ed è di poco superiore, di appena milletrecento euro, di quello dei lituani.

Dati Eurostat, redditi mediani familiari disponibili equivalenti in euro

Se poi i minori sono due il potere d’acquisto dei membri delle famiglie italiane diventa minore non solo di quello dei componenti dei nuclei sloveni o estoni, ma anche di quello degli spagnoli. Dal quattordicesimo posto nella Ue del 2008 scivoliamo al diciassettesimo del 2022.

Dati Eurostat, redditi mediani familiari disponibili equivalenti in euro

Che il confronto sia, appunto, con il 2008 o con il 1995 o il 2014, il leitmotiv è sempre è lo stesso: i redditi cresciuti di più in termini nominali, includendo quindi l’inflazione, sono quelli delle famiglie che contengono un over 65, mentre chi ha dei figli ha visto incrementi molto minori.

Dal 2008 l’aumento delle risorse a disposizione degli adulti con due figli è stato del 18,4 per cento, evidentemente molto inferiore all’inflazione, mentre nel caso dei nuclei con un anziano l’incremento è stato del 33,6 per cento.

Dati Eurostat, redditi mediani familiari disponibili equivalenti

Esemplare è il confronto con quanto accaduto altrove, nei Paesi emergenti più virtuosi, come le già nominate Slovenia e Estonia, o in Germania.

Qui il dato interessante non è tanto il fatto che la crescita nel loro caso sia stata maggiore che nel nostro, ma soprattutto come si è distribuita. In tutti questi casi ad avere visto aumentare di più il denaro a propria disposizione sono stati coloro che vivono in una famiglia con figli.

In Estonia, il reddito dei nuclei che ne hanno due è cresciuto del 150,5 per cento, mentre quello delle famiglie con un anziano del 108,9 per cento. In Germania, gli incrementi per queste due tipologie di nuclei familiari sono stati rispettivamente del 30,32 per cento e del 18,19 per cento, in Slovenia del 38,97 e del 35,18 per cento.

Dati Eurostat, redditi mediani familiari disponibili equivalenti

Qualcosa di analogo accade se la distinzione è per status lavorativo ed età. In Italia all’incirca nello stesso periodo, tra 2009 e 2022, la crescita nominale dei redditi dei pensionati, del ventiquattro per cento, è stata maggiore di quella media e di quella dei dipendenti, 18,3 per cento, e degli autonomi, 14,5 per cento.

L’incremento maggiore di tutti è stato quello di chi ha sessantacinque anni e più, più trenta per cento. Ha surclassato quello del reddito di chi invece ne ha tra diciotto e sessantaquattro, che è aumentato tra il 13,6 e il 17,8 per cento.

Dati Eurostat, redditi mediani familiari disponibili equivalenti

Anche in questo caso c’è una discrepanza con quanto accaduto altrove, per esempio in Germania e Slovenia, dove, al contrario sono stati i redditi dei più anziani ad essere saliti meno nel tempo.

Dati Eurostat, redditi mediani familiari disponibili equivalenti

È una coincidenza il fatto che, guarda caso, laddove l’economia è stata più dinamica a godere di più della crescita siano stati i minori, i giovani, le famiglie con figli a carico, i lavoratori e non i pensionati e i nuclei con anziani?

Certamente dipende dal fatto che vi sono state più risorse da spendere, per esempio, per welfare familiare e formazione, ovvero per investimenti di lungo periodo. Cosa che evidentemente è meno possibile quando la coperta è corta. In questo caso, lo vediamo in Italia da molto tempo, si sceglie ciò che soddisfa maggiormente l’elettorato nel breve periodo, e nel nostro caso si è trattato di misure che favorivano una fascia crescente della popolazione, quella over cinquanta, non solo i pensionati, ma anche e forse soprattutto i pensionandi.

C’è però anche un’altra relazione di causa ed effetto, inversa, è quella che lega il maggiore benessere dei segmenti meno produttivi, quelli che consumano meno, con la crescita. Se sono i più anziani, invece dei più giovani, ad accrescere più di tutti il denaro a disposizione è difficile pensare che queste risorse private, oltre a quelle pubbliche, possano essere allocate nel modo migliore, a favore dell’educazione, per esempio, o investite in imprese innnovative. O, ancora, nella nascita di figli.

Non è un caso se il tasso di fertilità si è ripreso di più, o è sceso meno, laddove ad aumentare di più sono stati i redditi dei giovani, dei dipendenti, dei nuclei con minori.

Dopo la pandemia, va detto, sembra esserci stata un’inversione di tendenza, in Italia sono aumentate di più le risorse a disposizione di giovani e dipendenti, è forse l’effetto di lungo periodo delle riforme delle pensioni, nonché dell’aumento dell’occupazione degli ultimi otto anni, ma ancora non è chiaro se l’effetto dell’inflazione sui redditi sia stato omogeneo o diseguale e se cambierà questo trend.

Dipenderà dal recupero del carovita da parte dei salari, che non è per nulla scontato, visto il generale rallentameno dell’economia. E abbiamo visto come, quando si va verso la stagnazione, a rimetterci sono loro, chi ha meno di sessantacinque anni.

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