Mezzogiorno di fuocoMeloni trasformerà la riforma costituzionale in un referendum-plebiscito

La presidente del Consiglio non sembra incline a mediazioni: o elezione diretta del premier o morte politica. E per questo cercherà lo scontro con le opposizioni con il beneplacito di Elly Schlein che ha bisogno di rilanciarsi ed è in cerca di una investitura come capa della sinistra ai danni di Giuseppe Conte

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Nel nostro cortile italiano lo scontro di civiltà che si profila all’orizzonte di una politica sempre più sbilenca rispetto agli interessi del popolo è segnato dalle riforme costituzionali, nientemeno l’alba della Terza Repubblica (quella francese di fine Ottocento-metà Novecento fu bruttissima, speriamo bene). Uno scontro all’ultimo sangue che fin da adesso sembra pregiudicare una innovazione non distruttiva, come avrebbe detto Giorgio Napolitano, che fosse utile allo Stato e non a un partito.

Una riforma non per ammazzare l’avversario ma più semplicemente per governare il Paese. Lo scenario che si sta allestendo è quello di un mezzogiorno di fuoco, di un duello al sole, di una sfida al Ok Corral: «Al cuore, Ramon», dice il buono Clint Eastwood al cattivo Gian Maria Volontè, e ognuno stabilisca da sé chi è qui il buono e chi il cattivo, ma il punto è che quando le riforme diventano un film western solitamente finisce tutto a ramengo, riforme e riformatori, alla fine resta solo una saloon deserto e un cowboy che se ne va nel vento. 

Si sta già mettendo male, la questione, come il preannuncio di una disfida di Barletta e di una lotta del Bene contro il Male e già infuriano i sondaggi tipo vuoi Gesù o Barabba con la gggente che risponde Barabba e i titoli a nove colonne sulle mani sulla Repubblica mentre all’Ovest c’è qualcosa di nuovo, anzi d’antico, e cioè che a Parigi spuntano le Stelle di Davide sulle case degli ebrei: ma vuoi mettere quanto è più eccitante la “sfiducia costruttiva nell’ambito della stessa maggioranza”? 

Come in un libro scritto male, la Grande Riforma, l’ennesima della nostra vita, già si dispone come un prendere o lasciare, dato che la presidente del Consiglio, la D’Alema dei nostri giorni, non pare incline a mediazioni, non è il suo forte – citofonare ai parlamentari del centrodestra a cui è vietato persino presentare emendamenti alla legge di Bilancio. O elezione diretta del premier o morte, dunque. Con tanti saluti a Sergio Mattarella, vittima collaterale di questa riforma, e pure a Israele, che mangiò questa pietanza prima di rigettarla e, ça va sans dire, all’opposizione con la quale non si cerca un accordo poiché la presidente del Consiglio punta al referendum-plebiscito che inevitabilmente sarà su di lei: tutta la sarabanda dovrebbe finire con un implicito match Meloni-Mattarella. 

Il Pd già prepara armadi e tavoli per erigere le barricate, che è d’altra parte la cosa che sa fare meglio – opporsi e conservare – nel nome della difesa della Repubblica, come ha appunto scritto “Repubblica”. Un’ottima via di fuga per Elly Schlein in versione pasionaria, e non ha tutti i torti (d’altronde  è per questo che è stata chiamata dal popolo delle primarie), in cerca di una investitura come capa della vecchia cara sinistra che azzanna i famosi problemi veri della gente e che incespica sui conflitti di valenza mondiale. 

Una sinistra spostata a sinistra che infine sovrasti Giuseppe Conte che da qualche tempo scodinzola per un ruolo da leader dell’opposizione senza lavorare per altri che non sia sé stesso. L’11 novembre egli si affaccerà un quarto d’ora, il tempo dei bacetti sulle guance e dell’immortalamento televisivo, alla manifestazione romana del Pd, il momento del gran rilancio di Elly come anti-Meloni, una bella piazza un po’ su tutto: dagli assorbenti al premierato, dal salario minimo alla cedolare secca, dalla scuola alla casa, un luna park di sinistra, un greatest hits schleiniano che risponda all’arrocco meloniano con la nuova resistenza nazarenica. Proprio il clima giusto per le riforme, queste sconosciute, divenute nell’immaginario popolare solo chiacchiere e distintivo buone per fare un po’ di sciabordio mentre altrove infuria la bufera.

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