Nemo propheta in patriaLa nuova strada del Pinot Grigio delle Venezie

Tra nuovi trend e rivoluzioni di mercato abbiamo scoperto quali sono i principi sui cui si basa il Consorzio che tutela uno dei vini italiani più amati e conosciuti all’estero

Si dice Pinot Grigio, si legge estero: un vino italiano che piace agli stranieri cerca una nuova strada nel nostro Paese, mantenendo le esportazioni ma provando anche a riportare a casa la sua tipicità, grazie all’aiuto di un consorzio focalizzato sulla bontà e sull’unione di intenti e di stile produttivo, che lo renda identitario e riconoscibile qui e altrove.

È questo quello che è emerso durante il convegno che il consorzio del Pinot Grigio delle Venezie ha organizzato a Verona per riunire produttori, esperti e stampa attorno a un tema comune.

Intanto, una precisazione: esistono due vini che si chiamano quasi nello stesso modo, Pinot Grigio e Pinot Gris, che però non sono la stessa cosa. Se l’uva e il vitigno sono gli stessi, e derivano dal Pinot Nero, dando vita a un vitigno bianco ma con acini a buccia rosata, il processo di vinificazione è diverso. Lo stile italiano dà vita a vini con maggiore acidità, sapidi e minerali. Mentre lo stile francese, tipico dell’Alsazia, ci regala un vino con uno spettro aromatico più ampio, più morbido e ricco.

Naturalmente ogni cantina poi sviluppa la sua personale versione, ma la grande varietà di stili generava confusione soprattutto nei mercati più giovani, poco avvezzi a comprendere le caratteristiche identitarie e desiderosi di una linea facile e comprensibile. Definire lo stile permette ai consumatori di avere punti di riferimento chiari, con l’approccio comune che diventa una bandiera comprensibile: la coerenza, infatti, può essere la chiave del successo. È il compromesso necessario per sfondare davvero nel mondo con i grandi numeri: produrre un vino pulito, fresco, fruttato, brillante, non banale con un buon carattere e la giusta personalità.

Ma come viene percepito questo vino all’estero? Il territorio è un elemento importante, grande per chi lo lavora ma piccolo in una prospettiva mondiale. Adesso che il vitigno è conosciuto è forse arrivato il momento di parlare anche del concetto di Venezie, per capire meglio l’identità che va costruita e preservata, definendo che confini abbia.

Una delle difficoltà o anche dei vantaggi intrinsechi al Pinot Grigio è sicuramente l’essere un vitigno estremamente cangiante a seconda delle scelte che vengono prese in lavorazione e/o in fermentazione. In vinificazione, si possono variare le caratteristiche fermentative decidendo a seconda del luogo dove si vendemmia se privilegiare gli aromi varietali o fermentativi. Si può lavorare sulla macerazione del pigiato a bassa temperatura, per trarre polisaccaridi dalla polpa e avere grassezza in bocca senza eccessiva estrazione di tannino dalla buccia. Una macerazione prefermentativa a freddo andrà inoltre a lavorare più sugli aromi varietali, ottenendo vini dove la concentrazione delle sostanze aromatiche è tendenzialmente più alta. Oppure si può lavorare con un contatto più o meno prolungato con le bucce (strizzando l’occhio agli Orange Wine), oppure ancora si può pensare di ossidare in maniera spinta per arrivare a un mosto a bassa o bassissima torbidità che vengono più caratterizzati dagli aromi fermentativi, o ancora aggiungere delle percentuali di buccia in fermentazione, per dare trama tannica ed ottenere sfumature diverse.

La strada risulta quindi ancora in salita e non priva di rischi per i produttori che hanno eletto questo vitigno a loro bandiera, ma una cosa rimane certa: come spesso accade l’unione fa la forza, e sembra proprio che al Consorzio del Pinot Grigio delle Venezie non manchino né una né l’altra.

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