L’indagine per sospetta corruzione che ha portato alle dimissioni del primo ministro portoghese António Costa potrebbe essere il risultato di un clamoroso malinteso. Secondo quanto riportato da CNN Portugal, l’intercettazione telefonica che ha innescato lo scandalo giudiziario sembrerebbe coinvolgere non il premier, bensì un suo ministro con un nome molto simile: António Costa Silva, responsabile del dicastero per lo Sviluppo economico.
L’errore sarebbe emerso durante l’interrogatorio di sabato sera, 11 novembre, a uno degli indagati, Diogo Lacerda Machado, consulente e amico personale del premier. Nella telefonata intercettata, Lacerda Machado avrebbe promesso a un imprenditore coinvolto nell’inchiesta di semplificare alcune pratiche burocratiche, facendo riferimento al ministro delle Finanze, Fernando Medina, o cercando di raggiungere il ministro dello Sviluppo economico, António Costa.
Il Pubblico ministero avrebbe quindi commesso un errore nella trascrizione della conversazione, indicando che Lacerda Machado avrebbe influenzato “António Costa” (il primo ministro), quando in realtà si riferiva ad António Costa Silva, ministro dell’Economia. Fonti legate alla difesa degli imputati sostengono che l’errore, ossia l’omissione del cognome Costa Silva, è rimasto nel decreto d’accusa già reso pubblico, generando una percezione distorta degli eventi. L’avvocato di Lacerda Machado ha ribadito che il suo cliente, durante tutto il processo relativo al ‘data center’, non ha mai citato il nome del primo ministro, António Costa.
Questo maldestro errore giudiziario ha innescato un domino irrimediabile per la politica portoghese, costringendo il paese ad andare al voto anticipato il prossimo 10 marzo. Non si potrà tornare indietro perché il presidente della Repubblica Marcelo Rebelo de Sousa ha già previsto lo scioglimento delle Camere dopo aver ricevuto le dimissioni dal premier Costa lo scorso 7 novembre. Tecnicamente lo scioglimento avverrà solo dopo l’approvazione della legge di bilancio portoghese, ancora in fase di dibattimento nel parlamento, ma il danno ormai è fatto.