Pace, Hamas e fantasiaRiuscirà il Pd a non farsi travolgere dall’estremismo antisionista?

L’11 novembre il partito di Schlein va a Piazza del Popolo con l’obiettivo di rilanciare l’opposizione a Meloni, ma potrebbe essere oscurata dagli slogan anti-Israele

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Come volevasi dimostrare, il Partito democratico ha fatto un passo falso spolverando l’ingrediente pacifista sul già abbondante minestrone della manifestazione di domani a piazza del Popolo a Roma. Avevamo fatto notare una settimana fa che sarebbe stato più saggio restare sull’ordine del giorno originario, il no alla legge di Bilancio del governo Meloni con una particolare attenzione al tema della sanità. Aggiungere la “pace” rischia di attirare in piazza, come mosche sul miele, i settori più estremisti e anti-Israele che già hanno fatto sapere attraverso canali sotterranei che porteranno in piazza le bandiere palestinesi, malgrado Elly Schlein voglia solo bandiere del Pd e quelle arcobaleno. 

L’allarme del Nazareno per presenze sgradite e probabilmente molto rumorose, è stato raccolto ieri da Repubblica.it in un articolo in cui il responsabile organizzazione Igor Taruffi ha assicurato che ci sarà un buon servizio d’ordine, una risposta che segnala un clima teso è un rischio reale: cioè che la manifestazione di domani pomeriggio, sulla quale la leader punta moltissimo per rilanciare l’immagine affievolita del Pd, venga oscurata se non da vere e proprie contestazioni quantomeno dagli slogan anti-Israele finendo per coprire i contenuti dell’iniziativa. Sarebbe un peccato. 

Se Schlein e compagni fossero restati sul terreno della opposizione alla politica di Giorgia Meloni i potenziali contestatori non avrebbero avuto ragione di venire in piazza o almeno sarebbero risultati completamente fuori asse. Invece no. Ha prevalso l’idea di aggiungere un posto a tavola, inserendo nel carnet la mitica “pace”. Che poi sul Medio Oriente il Pd non è che abbia un linea chiarissima. Non è equidistanza, ma non ne siamo lontani. 

«Come ferma e inequivocabile è stata la condanna all’attacco terroristico di Hamas e alla sua folle ideologia di morte – ha scritto Peppe Provenzano, il responsabile esteri, su Repubblica – altrettanto ferma e inequivocabile dev’essere la condanna per le violazioni del diritto internazionale e umanitario, le migliaia di vittime civili, di bambini sotto bombardamenti israeliani. L’Occidente non può permettersi doppi standard agli occhi del mondo». 

Lo slittamento di linguaggio dal sette ottobre non potrebbe essere più evidente: sul banco degli imputati adesso c’è il governo di Benjamin Netanyahu. Le parole d’ordine del Pd sono la pausa umanitaria (non il cessate il fuoco), il richiamo a Israele a osservare il diritto internazionale, la rapida conclusione del conflitto e il passaggio a una fase più politica. E intanto – scrive ancora Provenzano – «a Gaza serve una forza multinazionale militare di interposizione, sotto l’egida delle Nazioni Unite». Non siamo ancora in quelle condizioni, però. 

L’esercito israeliano è entrato a Gaza ma deve ancora raggiungere i suoi obiettivi militari. Cioè l’annientamento di Hamas. O qualcosa che gli assomigli. È giusto che la politica mondiale, le diplomazie, gli strateghi discutano del dopo. Ma quel dopo – lo ha ricordato Hillary Clinton ma lo ha detto anche Anthony Blinken pur impegnato a frenare gli eccessi di Gerusalemme – non è ancora arrivato. 

Al di là della furia di Bibi Netanyahu, obiettivamente le condizioni per una pace o anche per una tregua in questa fase non ci sono e non ci sono anche e soprattutto perché Hamas resiste nei cunicoli che corrono sotto le case, gli ospedali, le scuole di Gaza. E fino a che è guerra guerreggiata suggerire una forza d’interposizione è parlare di un futuro che oggi non si vede ancora. 

È una fase delicatissima che sta scompagnando non solo le idee del Pd ma della sinistra in tutto il mondo. Se è vero quel che dice un sondaggio del New York Times, cioè che la maggior parte dei democratici americani non approva la politica sui Medio Oriente seguita da Joe Biden, giudicata eccessivamente filo-Israele, ecco a un anno dalle elezioni il presidente americano si troverebbe tra i piedi un problema serio, per la gioia di Donald Trump. È un altro paradosso della situazione. Ma non sarebbe la prima volta che i settori più di sinistra finiscono per aiutare la destra. Sì, esattamente come cento anni fa, la guerra può aiutare la destra facendo leva sugli estremismi. 

La manifestazione del Pd cade dunque in questo contesto drammatico, in uno scenario in bilico dominato da passioni irrazionali, denso di contraddizioni e incongruenze: ed è un macigno pesante sulle spalle di Elly Schlein, forse alla sua prova più dura.

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