Quando passeggiamo con esitazione lungo le corsie del supermercato, o studiamo scrupolosamente gli scaffali di un’enoteca in cerca del vino perfetto per un’occasione importante, il primo fattore discriminante è il colore. I più illuminati avranno forse superato gli stereotipi “bianco-pesce” e “rosso-carne” ma, a prescindere dal pasto che la bevanda andrà ad accompagnare, il suo colore sarà inevitabilmente e inconsapevolmente determinante ai fini dell’acquisto, soprattutto quando si parla di rosé.
Questa proprietà spesso banalizzata costituisce l’ago della bilancia in presenza di più opzioni valide: se in passato l’interazione con il colore era contestuale al consumo, le bottiglie trasparenti di (relativamente) recente introduzione hanno anticipato il contatto, rendendolo oggetto di interessanti ricerche di neuromarketing. E così alcune bottiglie vengono preferite ad altre solo in virtù delle emozioni che certe tonalità riescono a suscitare.
Il mondo dei rosati è quello indubbiamente più impattato per quel che concerne il legame tra colore e processo decisionale del cliente finale, e dunque non stupisce che sia proprio questo il settore in cui la colorimetria applicata all’enologia si è sviluppata maggiormente.