Quando la carne è da ALa carne di Wagyu spopola nella ristorazione italiana ma come riconoscerla senza sbagliare?

Quali sono le caratteristiche che determinano la qualità e la resa del vero manzo nero giapponese? Abbiamo provato a raccontarlo nel dettaglio con alcuni dei massimi esperti sul tema

Che quella giapponese in Italia sia tra le cucine etniche (possiamo definirla così?) più apprezzate su questo non credo nessuno abbia nulla da obiettare. Non solo per la quantità di esercizi commerciali attivi, per tipologia di servizi, degustazioni proposte e varietà, ma anche e soprattutto per il fascino celato dietro questa incredibile cultura. Il rituale che accompagna le differenti tradizioni, ogni preparazione, tecnica, taglio, cottura, intingolo, costituisce un unicum così diverso dal modello mediterraneo che tutto, costantemente, ci affascina.

Tra i prodotti che hanno decisamente superato aspettative di vendita e gradimento c’è la carne di Wagyu, importata dal Giappone in quantità crescenti e spesso suscitando maggiore interesse sul cliente finale rispetto a tante razze autoctone.
La produzione di carne bovina in Giappone nel 2020 è stata di 477.000 tonnellate, dove il Wagyu costituisce circa il 48 per cento e il 98 per cento sono attribuibili al Wagyu nero giapponese.

Solo nell’ultimo anno, il Japan Export Promotion Council ha registrato un incremento del 140 per cento delle esportazioni di Wagyu (ottomila tonnellate) verso il nostro Paese. Un dato molto promettente e che non sembra essere un punto di arrivo. Anzi, l’auspicio, secondo le parole del console giapponese in Italia Toshiaki Kobayashi, è proprio quello di incrementare i numeri, non solo in riferimento alla carne ma anche di altri prodotti agricoli. Il Japan Livestock Export Promotion Council promuove nel mondo la Wagyu Beef con giornate di formazione, degustazioni, dimostrazioni di tagli e pezzature. Anche a voi sarà infatti successo di sentire informazioni confuse e poco chiare sulle varie tipologie di carni giapponesi.

Wagyu è un termine composto da due ideogrammi giapponesi “WA” (和), significa Giappone, e “GYU” (牛) vuol dire manzo, quindi il significato finale è appunto manzo giapponese. Identifica specifiche razze di bovini allevate in diverse zone del Giappone con il marchio Wagyu Japan Beef, l’unico che certifica la vera e autentica carne di manzo Wagyu giapponese. Sebbene esistano altre tre razze classificate come tali (Marrone giapponese, Corno corto giapponese e Polled giapponese), la loro percentuale è molto piccola, intorno all’uno per cento.

Il Giappone è caratterizzato per oltre il settanta per cento da terreni montuosi e da abbondanti fonti di acqua sorgiva naturale. La maggior parte degli allevamenti e degli allevamenti da ingrasso sono a conduzione familiare e hanno un numero di capi piuttosto ridotto. Gli animali vengono trattati con grande cura, dal controlli sanitari quotidiani, all’alimentazione con concentrati ricchi di proteine e foraggi grossolani come ad esempio la paglia di riso giapponese.

Che cosa contraddistingue la carne di Wagyu dalle altre? Come si riconosce alla vista e al gusto? Come si valuta la sua maggiore o minore qualità?
Quali animali possono vantare l’appellativo di Wagyu nero giapponese? Solo i manzi nati, cresciuti, allevati, macellati e trattati in questo Paese. Per essere certi di non essere imbrogliati e per valorizzare ulteriormente la categoria, sono stati stilati diversi criteri di valutazione oltre che la presenza di un marchio di registrazione a sigillo di garanzia.

La carne di Wagyu si differenzia per la sua texture morbida e liscia. Questa consistenza così delicata e setosa è data in parte dall’alta presenza di grassi insaturi e dal punto di fusione molto basso della tipologia di carne (venti gradi centigradi). Questo aspetto prevede che una volta messo in bocca un piccolo pezzo di carne la nostra temperatura corporea abbia effetto immediato sulla masticazione e quindi sulla scioglievolezza della stessa. La presenza di grasso intramuscolare – la cosiddetta marezzatura (shimofuri) – è l’altro parametro interessato alla valutazione della maggiore o minore morbidezza complessiva.

L’aroma sprigionato durante la cottura è unico, dolce e delicato. Viene per questo chiamato Wagyu Ko ed è il classico profumo che in un attimo invade la sala in cui si inizia a cucinare questa tipologia di carne. A garantire l’autenticità della provenienza del Wagyu nero e la sua qualità, il Giappone ha messo a punto un sistema in tre fasi, a dimostrazione del rigore e dell’attenzione riposta su questa speciale categoria di prodotto. Da circa cento anni, infatti, nel Paese si registrano le linee di sangue dei manzi Wagyu, in modo che siano riconoscibili le razze pure al cento per cento. Ogni bovino ha quindi un pedigree che funge come una carta di identità, che lo accompagna dalla nascita a tutto il suo periodo di vita fino a dopo la macellazione. Ogni documento conserva l’impronta del naso della bestia, come le impronte digitali per gli esseri umani. Il numero di identificazione connesso a ciascun pedigree diventa, dopo la lavorazione della carne, l’equivalente di un codice di rintracciabilità univoco.

La terza attenzione riguarda il sistema di classificazione della qualità e della resa dell’animale stesso. Ogni carcassa viene analizzata da una persona certificata dalla Japan Meat Grading Association. Al grado di resa espresso in lettere A/B/C dove è il livello più alto, viene associato un numero da 1 a 5 dove 5 è il livello più alto. Con questo secondo parametro vengono complessivamente valutati quattro fattori diversi: marezzatura, colore della carne, qualità del grasso e compattezza delle fibre. Parlando in termini di Beef Marbeling Standards, quello che in genere viene definito A5 (quindi la migliore tipologia sotto tutti i punti di vista) corrisponde a un grado compreso tra 8 e 12 del BFM.

La combinazione di lettere e numeri crea quindici possibili classificazioni, tuttavia, la maggior parte dei prodotti oggi giorno in commercio di manzo Wagyu si collocano per il 75 per cento tra A5 e A4. Volendo fare un confronto con altre carni dal mondo, non meno richieste, a parità di metodi di valutazione il manzo nero giapponese vince con grandissimo distacco. La carne australiana alimentata a cereali si trova in media proiettata su un grado B2 o B3. Per quel che riguarda la carne americana, vi basti pensare che solo il dieci per cento supera i criteri di selezione per la valutazione giapponese. «La qualità della carne di Wagyu oggi non è un punto di arrivo ma è la prova di uno sforzo costante, di un lavoro durato anni e continuativo insieme agli allevatori, ai produttori, ad alcuni attori dell’economia e della politica locale che hanno permesso un progressivo miglioramento del DNA stesso di questi animali e delle loro condizioni di crescita».

Ora che sicuramente vi sarà venuta fame e curiosità nel provare tagli diversi di questa carne, sappiate che per essere sicuri del manzo ordinato potrete sempre richiedere di consultarne la certificazione, dove si assestano provenienza, qualità e tutte le informazioni sopra citate. Occhio però a non confondere questa denominazione generica di razza – per quanto pregiata – con i manzi Kobe. Qui invece è tutt’altra storia e l’asticella della qualità è obbligata a puntare sempre più in alto.

Courtesy immagini Japan Export Promotion Council

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter