Non solo i bambini ucraini deportati in Russia: almeno diciannovemila secondo una inchiesta del New York Times. Altri bambini ucraini provenienti da quattro regioni parzialmente occupate dalle forze russe sono stati deportati in Bielorussia secondo un recente studio dell’Università di Yale, che ha contato più di duemilaequattrocento minori tra i sei e i diciassette anni. E giovedì il dittatore bielorusso Aljaksandr Lukashenka ha partecipato a un incontro organizzato dal regime con i bambini portati dalle aree dell’Ucraina controllate dalla Russia, sfidando apertamente l’indignazione internazionale per il coinvolgimento del suo Paese nella deportazione dei bambini ucraini da parte di Mosca.
Il New York Times ha raccolto decine di testimonianze di minori ucraini separati dalle proprie famiglie, attestando che soltanto trecentottantasette bambini ucraini deportati hanno fatto ritorno a casa, grazie ai negoziati diplomatici e con l’aiuto di organizzazioni non governative. Le autorità russe hanno cercato di metterli contro la propria patria-casa mediante un’operazione di ridefinizione delle identità, con la scusa di salvarli dalle zone di conflitto, e malgrado sia l’accusa delle Nazioni Unite di «violazione del diritto umanitario internazionale», sia l’accusa di crimini di guerra che per queste pratiche la Corte penale internazionale ha rivolto sia a Putin che alla commissaria per l’Infanzia, Maria Llova-Belova.
In queste pratiche sono stati inclusi gli obblighi a seguire lezioni in russo, cantare l’inno russo, imparare la storia della Russia, ricevere addestramento militare; incentivi come soldi, passaporti, denaro, appartamenti per soggiornare in Russia o in Crimea; tentativi di lavaggio del cervello sul fatto che i loro genitori non li volevano più, che l’Ucraina sarebbe diventata un cumulo di macerie, che avrebbero subito rappresaglie. Peraltro la cifra di diciannovemila sarebbe perfino riduttiva rispetto ai circa settecentomila di cui addirittura si vantò la sera del 2 luglio Grigory Karasin: capo del comitato internazionale di quel Consiglio della Federazione, che è la camera alta del parlamento russo. «Negli ultimi anni, settecentomila bambini hanno trovato rifugio da noi, fuggendo dai bombardamenti delle aree di conflitto in Ucraina», scrisse sul suo canale di messaggistica Telegram.
Intervenendo ora all’evento che segnava l’arrivo di un nuovo gruppo di bambini ucraini prima delle vacanze di Capodanno, Lukashenka ha promesso di «abbracciare questi bambini, portarli a casa nostra, tenerli al caldo e rendere la loro infanzia più felice». L’opposizione bielorussa ha esortato la Corte penale internazionale a ritenere Lukashenka e i suoi funzionari responsabili del loro coinvolgimento nel trasferimento illegale di bambini ucraini. Pavel Latushka, ex ministro della cultura bielorusso diventato attivista dell’opposizione che ha presentato alla Cpi le prove del presunto coinvolgimento di Lukashenka nella deportazione illegale dei bambini, ha affermato che l’arrivo di un nuovo gruppo dai territori occupati dalla Russia «sottolinea la necessità che la Cpi indaghi su questi crimini». «Lukashenka, i suoi parenti e collaboratori, insieme al Cremlino, hanno organizzato un sistema per trasferire i bambini ucraini, compresi gli orfani, dai territori occupati alla Bielorussia, e questo canale continua a funzionare», ha detto Latushka all’agenzia Ap.
Come ricordato, a marzo, la Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto sia nei confronti del presidente russo Vladimir Putin che del suo commissario per i diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova, accusandoli di crimini di guerra di deportazione illegale di bambini e trasferimento illegale di bambini dalle aree occupate dell’Ucraina alla Russia. Mosca ha respinto le accuse. Il difensore civico ucraino per i diritti umani Dmytro Lubinets ha dichiarato giovedì in un discorso televisivo che il trasferimento di migliaia di bambini ucraini in Bielorussia ha aiutato Mosca a nascondere le informazioni sulla deportazione illegale di bambini. All’inizio di questo mese, la Croce Rossa Internazionale ha sospeso la sezione bielorussa dell’organizzazione dopo che il suo capo, Dzmitry Shautsou, aveva suscitato indignazione internazionale per essersi vantato di trasportare attivamente bambini ucraini dalle aree controllate dalla Russia alla Bielorussia. Shautsou ha definito la misura «assolutamente politicizzata», affermando che i bambini ucraini che hanno visitato la Bielorussia per «migliorare la loro salute» sono tornati a casa sani e salvi.
La Bielorussia è stata il più stretto alleato di Mosca dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022, quando Lukashenka ha permesso al Cremlino di utilizzare il territorio del suo paese per invadere l’Ucraina. La Russia ha anche schierato alcune delle sue armi nucleari tattiche in Bielorussia. Prima ancora, un peculiare attacco all’Europa era stato anticipato nel 2021 con la semplificazione delle procedure burocratiche per il rilascio di visti turistici in Paesi come l’Iraq, in modo da rendere più spedito il viaggio di decine di migliaia di persone provenienti dal Medio Oriente che cercavano di raggiungere l’Unione Europea passando per la Bielorussia. Il governo bielorusso appaltò le procedure burocratiche per la produzione di visti d’ingresso ad agenzie turistiche che, per mesi, hanno emesso permessi validi per arrivare a Minsk, da ritirare in pochi giorni, e organizzato viaggi da città come Istanbul, Damasco, Dubai. Queste agenzie di viaggio nelle chat di WhatsApp o nei gruppi su Facebook, pubblicizzavano pacchetti all inclusive per una «vacanza» a Minsk, come ammesso da alcuni loro dipendenti al quotidiano tedesco Deutsche Welle.
I migranti venivano prima collocati in alberghi di proprietà dello Stato bielorusso e poi trasferiti su autobus – in alcuni casi sono stati utilizzati persino dei taxi – al confine polacco o lituano. Secondo le autorità polacche, nella sola estate del 2019 ci furono circa trentamila tentativi di ingresso dalla Bielorussia. La foresta di Bialowieza, la più antica d’Europa, divenne il cimitero per molti iracheni, siriani, afghani, vestiti solo di t-shirt e ciabatte, ignari di ciò a cui sarebbero andati incontro partendo per quel viaggio. Questi migranti non sapevano che si sarebbero trovati in un inferno a meno zero gradi, e che una volta lì sarebbero stati ripetutamente respinti dai soldati polacchi e rimandati verso il confine dai manganelli e dai rottweiler dei militari bielorussi: letteralmente schiacciati nel muro contro muro della politica. «Ho detto all’Unione Europea che non tratterrò i migranti al confine – dichiarò nel 2021 Lukashenka alla Bbc – e se continueranno a venire non li fermerò perché non sono diretti nel mio Paese, stanno venendo nei vostri».