Come in una fiaba. Laghi incantati, boschi impenetrabili, montagne innevate, borghi antichi e suggestivi: la Carinzia, angolo di Austria racchiuso nelle Alpi Orientali, è una cornice magica nei giorni dell’Avvento. Qui il Natale è una cosa seria. Le tradizioni sono davvero tante, sentite profondamente, e ancora tenute in vita con amore. Qui, tra fiocchi di neve, corse in slittino, canti da cantare in coro, apparizioni di personaggi mitologici, le usanze disegnano lungo l’Avvento una collana di giornate speciali che porta fino alla Vigilia.
«L’attesa del Natale è segnata dalla corona dell’Avvento. Una corona intrecciata di rami di pino, profumatissima, con quattro candele, che nelle case vengono accese una dopo l’altra nelle quattro settimane».
A raccontare è Elke Maidic di Kärnten Werbung, l’Ente del turismo della Carinzia, che descrive alcune delle usanze più poetiche e toccanti di questa regione, dove l’attesa per il Natale inizia con i primi giorni di dicembre: «Il 4 dicembre, giorno di Santa Barbara, si portano nelle case dei rami di ciliegio, che naturalmente sono secchi e spogli; si mettono in un vaso con l’acqua e si aspetta. Se il giorno della Vigilia saranno fioriti, porteranno fortuna e gioia alla famiglia. Non solo: le ragazze danno a ogni ramo il nome di un ragazzo, pensando che il primo a fiorire sarà quello che sposeranno. Sono usanze antiche, come quelle legate a S. Nikolaus: nella notte del 6 dicembre degli adulti travestiti da San Nicolò, in abito da vescovo, girano casa per casa, accompagnati da un angioletto e da un Krampus, maschera spaventosa di un selvaggio che popola le nostre mitologie natalizie. Il Santo visita le case dove ci sono dei bambini: nel suo libro dorato è scritto se si sono comportati bene o male durante l’anno, e solo ai bambini buoni lascerà un piccolo regalo o dei dolcetti».
E per tutto l’Avvento si diffondono nell’aria dolci canti e dolcissimi profumi di pani, biscotti e specialità. Del tutto particolare è il Kletzenbrot, un pane con le pere essiccate: «I frutti venivano colti dai contadini che li mettevano poi ad asciugare sopra i camini e sopra le stufe. Perdendo tutta la loro acqua, diventavano dolcissimi e più consistenti, un po’ come l’uva passa, e rappresentavano una riserva nei mesi più freddi. E con queste pere si preparava un pane dolce, semplicissimo, fatto con farina di segale, pasta madre, acqua e ovviamente pere essiccate, a cui si aggiungevano noci, cannella, chiodi di garofano, miele e un goccio di grappa».
Le pagnotte, ben lievitate e cotte in forno, tradizionalmente nel forno a legna, si lasciavano riposare per almeno una settimana prima di gustarle, «il modo migliore per assaporare il Kletzenbrot è a fette sottili, spalmate di burro. Noi lo mangiavamo così, in casa di mia suocera, ogni domenica di Avvento, dopo aver acceso la candela sulla corona e intonato il canto».
Il profumo di questo dolce è caratteristico, ed evoca ricordi di infanzia, così come quello di altre specialità della Carinzia, dai biscotti alle Apfelradeln, rondelle di mele immerse in pastella e cotte nel forno, fino allo Stockplattln, pasta ripiena di marmellata di more e semi di papavero e ricoperta di miele e burro.
L’attesa finisce il 24, vero momento culmine delle festività natalizie: «Da noi si festeggia la sera della Vigilia. Ci si ritrova nelle case, si accendono le candele sull’albero, si sta insieme, si mangia insieme. È la notte più magica dell’anno, quella in cui viene il Bambino Gesù. È la notte in cui gli animali parlano: parlano tra di loro, nelle stalle. Ma i contadini e i pastori sanno che, se si mettono in ascolto, in silenzio, possono udire e intendere quello che si dicono».