«Chi è il padrone di casa da queste parti?», «Mi baal habayit?». A questa domanda, Itamar Ben-Gvir risponde senza esitazione: noi ebrei, voi arabi siete degli intrusi e dobbiamo farvi capire chi comanda. Di conseguenza, non contento di avere distribuito ai civili mitra come se fossero caramelle, incita giorno dopo giorno i coloni della Cisgiordania a provocare i palestinesi in tutti i modi, inclusi quelli più violenti.
Il risultato è che da quando si è insediato l’ultimo governo Netanyahu che ha voluto come ministri Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, questi hanno iniziato una sorta di guerra civile a bassa intensità tra coloni e militari israeliani da una parte e militanti palestinesi dall’altra che sconvolge la Cisgiordania con ben quattrocentoventisette palestinesi uccisi nel corso del 2023, duecento dal 7 ottobre in poi. Migliaia gli arrestati, molti in detenzione amministrativa, senza processo.
La violenza dei coloni suprematisti sostenuti da Ben-Gvir è tale che – dopo inutili pressioni su Bibi Netanyahu per riportarli alla calma – il segretario di Stato americano Antony Blinken ha annunciato una serie di sanzioni americane contro decine e decine di coloni responsabili di atti di violenza contro palestinesi. Un provvedimento senza precedenti nelle relazioni tra gli Stati Uniti e Israele.
Obbiettivo dichiarato e voluto delle violenze spinte da Itamar Ben-Gvir e praticate dai coloni è rendere impossibile in una prima fase ogni ipotesi di Stato palestinese e in una seconda fase addirittura annettere la Cisgiordania a Israele espellendo verso la Giordania i palestinesi. Identica, la strategia di Bezalel Smotrich che sostiene che «il popolo palestinese è un’invenzione che ha meno di cent’anni di vita. Hanno una storia o una cultura? No, non la hanno. I palestinesi non esistono. Esistono solo gli arabi». Sottinteso: che questi arabi lascino la Cisgiordania per fare posto a noi ebrei.
Di fatto, è questa la concretizzazione della strategia propugnata dal rabbino Meir Kahane, leader di riferimento rivendicato di Itamar Ben-Gvir, che negli anni Ottanta così la riassumeva: «Se io fossi primo ministro, io ordinerei agli arabi di lasciare la terra di Israele con degli indennizzi finanziari. Se si rifiutassero di andarsene, li espellerei manu militari». E ancora: «L’innocenza di un arabo è un concetto inesistente». Non solo: «Denuncio questo popolo che copula come i conigli e intendo introdurre l’interdizione legale per ogni relazione sessuale tra ebrei e arabi». Non basta, nel nome del «giudaismo autentico», l’ispiratore di Itamar Ben-Gvir, sosteneva la necessità di espellere dalla Terra Santa tutti i religiosi non ebrei, di fare addirittura saltare in aria e demolire la Moschea al Aqsa e la Cupola della Roccia «perché sono costruite sul Secondo Tempio degli ebrei e di isolare lo Stato ebraico dal mondo ellenizzante dei Gentili».
Infine, e non a caso, Meir Kahane non considerava la democrazia un valore ebraico e proponeva di trasformare la Knesset in una sinagoga. Oggi, Itamar Ben-Gvir di Kahane è l’erede rivendicato, è stato dirigente del suo movimento giovanile, ne venera la memoria, tanto che Idf, le Forze Armate israeliane si sono rifiutate di fargli fare il servizio militare a causa delle sue posizioni razziste.
Dal suo dicastero della Sicurezza Nazionale fa di tutto per esacerbare la tensione in Cisgiordania e aizzare i coloni. Ma non solo. Clamoroso è stato il suo tentativo di fare saltare la trattativa per il recupero degli ostaggi – e ne sono stati recuperati ottanta – alla quale era ed è ostinatamente contrario anche col prezzo che vengano tutti uccisi. Il suo partito ha infatti fatto discutere nella Knesset, proprio quando la trattativa si stava concludendo, una legge che commina la pena di morte ai terroristi palestinesi. Un cinico tentativo di sabotaggio, fallito per un pelo.
Tutto questo accade perché un anno fa, Bibi Netanyahu, pur di vincere le elezioni, con cinica spregiudicatezza, ha dato piena dignità politica ai seguaci di tale maestro, che mai erano riusciti a farsi eleggere, li ha inseriti nella sua coalizione e così ha garantito loro una rappresentanza parlamentare e anche la golden share dell’esecutivo.
Da qui a breve, oltre che delle sue evidenti responsabilità politiche per il disastro del 7 ottobre, Netanyahu dovrà rendere conto al popolo israeliano anche dei disastri che stanno facendo in Cisgiordania questi suoi due ministri che eccitano i coloni al pogrom contro i palestinesi. Tutto questo, tradendo non solo lo spirito secolare del sionismo, ma anche quello del suo stesso partito, il Likud.
Da sempre infatti, da un secolo, esiste una minoritaria destra nazionalista ebraica. Da sempre, da Vladimir Žabotinskij in poi, una minoranza marginale del movimento sionista proclama che lo Stato di Israele deve annettere la Cisgiordania. Ma sempre questi “revisionisti” hanno inequivocabilmente sostenuto che i cittadini palestinesi dentro lo Stato ebraico devono godere assolutamente di una totale parità di diritti civili e sociali con i cittadini ebrei.
Chiarissimo sul punto è sempre stato Žabotinskij, di formazione liberal socialista, perfezionata negli studi in Italia, che nelle sue molteplici opere e discorsi ha sempre propugnato l’indispensabile parità assoluta tra cittadini ebrei e arabi dentro uno Stato di Israele che doveva, secondo lui, comprendere anche la Cisgiordania.
Dopo l’indipendenza del 1948 il partito di destra il Herut, poi diventato Likud, ha mantenuto questa impostazione egualitaria tant’è che nel 1979 Menachem Begin quando firmò la pace di Camp David con Anwar al-Sādāt inserì nel trattato un progetto articolato per far crescere la partecipazione decisionale dei palestinesi attraverso elezioni amministrative e progetti partecipati di welfare. Non solo, nel 1984 fu proprio il governo del Likud presieduto da Yitzhak Shamir a introdurre alla Knesset una procedura straordinaria per espellere dal Parlamento il rabbino razzista e suprematista antiarabo Meir Kahane. Invece, il Likud di Netanyhau li ha riportati in Parlamento con esiti disastrosi per tutto il popolo di Israele.