Versatile e creativo Evergreen

Partiamo dalle basi, quelle di un drink, per aggiungere gli ingredienti che lo rendono una bevanda conviviale e versatile con uno sguardo all’abbinamento al tavolo

Foto di Jez Timms su Unsplash

Pensiamo mai al tempo che impieghiamo per scegliere quale cocktail ordinare? Sfogliamo la drink list con la sorpresa negli occhi e un pizzico di curiosità. Leggiamo, alla ricerca dell’agrume che fa per noi, della sapidità bilanciata alla dolcezza, del retrogusto amaro e aromatico, e alla fine… che drink abbiamo ordinato?

Allora, parliamo di miscelazione e facciamo un passo indietro alla dimensione del bar quando era il luogo del ritrovo, dei racconti e degli incontri. Ora assistiamo a un ritorno verso questa direzione che supera la frenesia di un caffè volante al bancone o un veloce aperitivo serale.
Se ci chiediamo cosa è mutato nella concezione dei drink, potremmo giungere ad alcune considerazioni: da bevande limitate a un unico momento della giornata, sono diventate occasione di convivialità e intrattenimento. Infatti, dal singolo aperitivo ora i cocktail sono un evergreen dal tramonto a notte fonda.

C’è chi ama berli nella loro semplicità e chi si diverte a sperimentare abbinamenti gastronomici o semplicemente a pasteggiare sorseggiando qualcosa di mai assaggiato. Una questione di armonia gustativa, e in questo è fondamentale il ruolo dei professionisti che nell’individuare due o più elementi da “mixare” devono trovare il giusto compromesso.

E proprio sfogliando le pagine della carta dei drink ci accorgiamo quanto possa essere profondo il lavoro di ricerca su un cocktail, dal distillato fino alla scelta del mixer da utilizzare. Allora, soffermiamoci su quest’ultimo e quindi sull’evoluzione che ha avuto la componente predominante all’interno del nostro bicchiere.

La rosa di bevande si è ampliata e di conseguenza la possibilità di spaziare con il palato. Ci sono nuove ricette e ingredienti che meglio si sposano con il distillato che uniamo o con il piatto che mangiamo.

Pensiamo alla Premium Indian Tonic Water con cui Fever Tree ha dato avvio al suo progetto nel 2005, individuando come ideale il chinino della Cinchona ledgeriana, localmente rinominata “albero della febbre”, a cui l’azienda deve il suo nome. Ora le referenze sono aumentate e lo notiamo dalle etichette colorate che riconosciamo all’interno di un frigo o sugli scaffali di un negozio, alcune più agrumate, altre aromatiche o fruttate.

Un’evoluzione nata inizialmente per trovare armonia con le altre parti che compongono il drink e che ora sta toccando anche un altro tema, quello dell’abbinamento con il piatto. Di conseguenza, non ci stupiamo se il loro brand ambassador è proprio un cuoco, Max Mariola, che pone la stessa filosofia verso ciò che prepara e ciò che mixa.

Max Mariola @Fever Tree

Questo ci pone davanti a un altro tema: la versatilità. Non solo di consumo, e quindi ci riferiamo ai luoghi e ai momenti, ma anche di utilizzo. Infatti, oltre alle mani esperte dei professionisti del settore, una ricerca attenta è svolta anche da chi vuole bere un drink fra le mura di casa e scoprire l’aspetto ludico e creativo che la miscelazione ci concede. In questo senso avere a disposizione dei mixer già pronti per essere miscelati ci è di grande aiuto.

Ora, che sia fra le mura di casa o al counter di un locale, non ci resta che sperimentare, magari con un piatto per accompagnare.

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