All’inizio era conosciuta semplicemente come «la donna dal vestito nero». In un video sgranato, si può vedere sdraiata sulla schiena, con il vestito strappato e le gambe aperte. Il viso è bruciato e la mano destra copre gli occhi. Quel video è stato girato nelle prime ore dell’8 ottobre da una donna alla ricerca di un amico scomparso sul luogo del rave nel sud di Israele dove, il giorno prima, i terroristi di Hamas avevano massacrato centinaia di giovani israeliani.
Il diventato è virale. Finché quella donna è stata riconosciuta: Gal Abdush, madre di due figli di una città operaia nel centro di Israele, scomparsa dal rave quella notte con suo marito. Mentre i terroristi la circondavano, intrappolata in autostrada nella coda di auto che cercavano di fuggire dalla festa, ha inviato un ultimo messaggio WhatsApp alla sua famiglia: «You don’t understand».
Basandosi in gran parte sulle prove video, gli agenti di polizia israeliani hanno affermato che Gal Abdush sia stata violentata. E la sua storia è diventata un simbolo degli orrori inflitti alle donne e alle ragazze israeliane da Hamas durante gli attacchi del 7 ottobre. Ovunque i terroristi di Hamas abbiano colpito – nei rave, nelle basi militari lungo il confine di Gaza e nei kibbutz – hanno brutalizzato le donne.
Un’indagine durata due mesi condotta dal New York Times ha scoperto ora nuovi dettagli dolorosi, stabilendo che gli attacchi contro le donne non erano eventi isolati ma parte di un modello più ampio di violenza di genere del 7 ottobre.
Basandosi su riprese video, fotografie, dati Gps di telefoni cellulari e interviste con più di 150 persone, tra cui testimoni, personale medico, soldati e consulenti in materia di stupro, il Times ha identificato almeno sette luoghi in cui donne e ragazze israeliane sembrano essere state aggredite sessualmente o mutilate.
Quattro testimoni hanno descritto dettagliatamente di aver visto donne violentate e uccise in due luoghi diversi lungo la Route 232, la stessa autostrada dove il corpo seminudo di Gal Abdush è stato trovato disteso.
Il Times ha intervistato anche diversi soldati e medici volontari che insieme hanno raccontato di aver trovato più di trenta corpi di donne e ragazze dentro e intorno al luogo del rave e in due kibbutz in uno stato simile: gambe divaricate, vestiti strappati, segni di abuso nelle zone genitali.
Molti resoconti sono difficili da sopportare e le prove visive sono inquietanti da vedere. Il Times racconta di aver visionato le fotografie del cadavere di una donna con dozzine di chiodi conficcati nelle cosce e nell’inguine. In un video, fornito dall’esercito israeliano e verificato dai giornalisti del quotidiano americano, si vedono due soldatesse israeliane morte in una base vicino a Gaza, a cui i terroristi avevano sparato direttamente nella vagina.
Gli investigatori della principale unità di polizia nazionale israeliana, Lahav 433, hanno raccolto diverse prove, ma non hanno fornito un numero su quante donne siano state violentate, affermando che la maggior parte di loro è morta e sepolta e che non lo sapranno mai. La polizia ha ammesso che, durante lo shock e la confusione del 7 ottobre, non si è concentrata sulla raccolta di campioni di sperma dai corpi delle donne, sulla richiesta di autopsie o sull’esame approfondito delle scene del crimine. In quel momento, hanno detto le autorità, l’intenzione era quella di respingere Hamas e identificare i morti.
La 24enne Sapir, racconta il Nyt, è diventata uno dei testimoni chiave della polizia israeliana. Ha partecipato al rave con diversi amici e ha fornito agli investigatori testimonianze esplicite, raccontando di aver visto gruppi di uomini armati violentare e uccidere almeno cinque donne. Alle 8 del mattino del 7 ottobre, dopo aver ricevuto un colpo alla schiena, si è nascosta sotto i rami bassi di un albero a circa quattro miglia a sud-ovest della festa. A circa 15 metri dal suo nascondiglio ha visto avvicinarsi motociclette, automobili e camion. Ha detto di aver visto «circa 100 uomini», radunati lungo la strada, mentre si scambiavano fucili d’assalto, granate, piccoli missili e donne gravemente ferite. «Era come un punto di raccolta», ha raccontato, elencando stupri, violenze, mutilazioni avvenute davanti ai suoi occhi.
Poco lontano da lei, lungo la Route 232, si nascondeva Raz Cohen, un giovane israeliano. Ha raccontato di un furgone bianco che si è fermato davanti ai suoi occhi. Quando le porte si sono aperte, ha visto cinque uomini trascinare una donna giovane, completamente nuda. «Si riuniscono tutti intorno a lei a semicerchio», ha detto. «Cominciano a violentarla… Ricordo ancora la sua voce, le sue urla senza parole. Poi uno di loro solleva un coltello e l’hanno semplicemente massacrata».