Archiviata la Cop28, che ha tracciato il sentiero della transizione energetica globale, le economie industrializzate sono chiamate a un’accelerazione verso un futuro fondato sulle rinnovabili. Nel testo finale della conferenza sul clima, infatti, c’è l’indicazione di triplicare le fonti energetiche pulite entro il 2030. In questo contesto, rivestiranno un ruolo sempre più rilevante le tecnologie offshore (in mare) applicate soprattutto all’eolico e al fotovoltaico.
Secondo Elettricità futura, l’Italia è il terzo mercato a livello globale per «potenziale di sviluppo dell’eolico offshore galleggiante»: in prospettiva, potrebbe imporsi come leader della filiera tecnologica europea. Ma la strada, anche per quanto riguarda l’eolico in mare, è ancora lunga: al 2022, nel nostro Paese risultava una capacità installata di trenta megawatt, lontana dagli otto gigawatt tedeschi. Per recuperare terreno è quindi necessario superare una serie di ostacoli burocratici e normativi, oltre che accelerare nella formazione, nella ricerca e nella creazione di posti di lavoro. Ma le prospettive sono incoraggianti.
Parlando di produzione di elettricità grazie alle rinnovabili in mare, in Italia è nato recentemente un ente specializzato: l’Associazione delle energie rinnovabili offshore (Aero). Fulvio Mamone Capria, il presidente, ha fatto il punto della situazione a sette mesi dalla genesi di Aero.
«I soci fondatori rappresentano grandi aziende, impegnate nella filiera italiana legata alla realizzazione degli impianti di produzione energetica in mare e nella logistica marittima e portuale: Acciona Energia, Agnes, BayWa r.e. Progetti, BlueFloat Energy Holdings Italia, Fred.Olsen Renewables Italy, Galileo Green Energy, Gruppo Hope, Isla, M.S.C. Sicilia, Renantis, Repower Wind Offshore, Saipem e Tozzi Green».
Per fare qualche esempio, Acciona Energia vanta già tredici gigawatt di impianti rinnovabili già installati e da nove anni è in cima al ranking di Energy Intelligence in qualità di «green utility più grande al mondo». Galileo Green Energy, invece, è attiva in nove Paesi europei, dove sta diffondendo progetti di rinnovabili (sia onshore, sia offshore) e sistemi di accumulo da oltre dieci gigawatt totali; Repower Wind Offshore lavora nel mercato italiano fin dalla sua liberalizzazione, fornendo anche soluzioni per la mobilità elettrica; Saipem è la leader globale nei servizi di ingegneria per l’implementazione di infrastrutture e impianti «complessi» nel settore dell’energia. Tutti i soci fondatori, insomma, vantano un’esperienza solida ed eterogenea nel comparto.
In questi mesi, inoltre, altre tredici importanti società nazionali e internazionali hanno aderito alla mission dell’Associazione delle energie rinnovabili offshore. Parliamo di Avenhexicon, Cns International, Deme Group, Fugro, Gestioni Industriali Group, Ichnusa Wind Power, Poliservizi, Sbm Offshore, Scs Innovation, Techfem Ten Project, Wind Energy Manfredonia, W Sense.
Queste società, continua Fulvio Mamone Capria, «affiancano i fondatori a supporto di questo straordinario programma di sviluppo dell’eolico offshore; in particolare stiamo lavorando alacremente per dare vita a una supply chain italiana, fondamentale sostegno per la pianificazione e adeguamento del piano di sviluppo delle infrastrutture e della logistica, elementi essenziali per rendere concreti i progetti rinnovabili dal mare».
Aero, specifica il suo presidente, rappresenta circa la metà degli oltre settanta progetti di rinnovabili offshore presentati al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. Per crescere a livello di produzione e di filiera, l’Italia deve essere imporsi come magnete di investimenti e impostare il proprio sistema energetico del futuro sulle energie pulite: «Siamo convinti che le energie rinnovabili offshore costituiscano un’opportunità unica e irripetibile per il nostro Paese, per la creazione di posti di lavoro e per lo sviluppo economico e sociale delle nostre aree costiere, oltre che per il posizionamento dell’Italia come leader nell’industria e nell’innovazione a livello internazionale. Guardiamo al 2024 con entusiasmo e ottimismo, consci in ogni caso delle grandi sfide tecnologiche, regolatorie e strategiche che ci attendono», conclude Mamone Capria.