Con il voto sul Meccanismo europeo di stabilità di ieri in Parlamento si è chiarito nel modo più evidente possibile che le opposizioni sono due. La più forte è quella Pd-riformisti (Azione, Italia viva e Più Europa) che ha votato a favore della ratifica, l’altra è quella M5s-Asv, che ha votato contro o si è astenuta. Non era un voto come un altro perché simboleggiava l’atteggiamento verso l’Europa. «È stato un voto che ha accomunato gli irresponsabili», ha sintetizzato l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Cioè Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Giuseppe Conte (certo, con la notevolissima differenza che la prima in teoria guida il Paese e quindi è mille volte più grave).
Ma il caso-Conte pure è clamoroso. Se la politica estera, e in particolare europea, è un’ottima cartina di tornasole, ieri si è visto nitidamente che il Movimento 5 stelle dell’avvocato è, semplicemente, unfit, come tanti anni fa scrisse Bill Emmott di Silvio Berlusconi, inadeguato. Conte è davvero prigioniero di una schizofrenia incompatibile con una visione di governo, giacché fu lui a raggiungere un accorso sul Mes ed è sempre lui a votargli contro.
Fu lui, e non «con il favore delle tenebre», come lo ha erroneamente accusato Meloni. Era tutto alla luce del sole, come lo stesso avvocato, invocando un giurì d’onore, ha dimostrato urbi et orbi, anche ieri a Montecitorio urlando come un pazzo. Ma ora non è più presidente del Consiglio e quindi può scantonare come meglio crede e fare il Di Battista della situazione.
Le motivazioni per giustificare questo pirandellismo sono ridicole. Nel suo comizio alla Camera con le vene gonfie e la voce arrochita ha mescolato la questione Mes con la trattativa sul Patto di stabilità (rinominato «Pacco di stabilità», ma hanno riso solo i suoi), accedendo così all’impostazione di Meloni.
Ha detto poi che il Mes obbligherà a manovre lacrime e sangue, che è un po’ quello che dice Salvini. Un discorso imbarazzante. Non è dunque del tutto esatto dire, come ha fatto Matteo Renzi, che «il campo largo non c’è più», perché non c’era neanche prima. Forse è più giusto prendere atto che c’è un campo nuovo almeno sulla politica europea formato da Pd, Azione e Italia viva. Campo piccolino, certo. Però c’è. E vale politicamente di più del campo largo sul salario minimo perché non è che tutti i temi abbiano lo stesso peso specifico.
Anche su altri aspetti della politica internazionale l’asse è lo stesso, Pd-riformisti, per esempio sul sostegno armato all’Ucraina. Dunque, dopo il voto di ieri assieme a Meloni e Salvini, per l’ex avvocato del popolo dovrebbe essere sempre più arduo trovare spazio in una coalizione europeista e atlantista. Prendere atto che le opposizioni sono due sarebbe già un passo avanti.