Cliniche mobiliGli psicologi italiani che aiutano a curare la salute mentale degli ucraini

La Fondazione Soleterre svolge un ruolo cruciale nel sostenere psicologicamente cittadini costretti a cercare rifugio continuamente per via degli allarmi e dei bombardamenti. Dal 2003 questa realtà ha contribuito anche ad aumentare i tassi di sopravvivenza dei bambini malati di cancro, assistendo migliaia di famiglie

LaPresse

«Fa freddo e in questo momento sta piovendo. Dopo quasi due anni di guerra il Natale viene vissuto come un altro giorno tragicamente normale in cui si spera di non essere colpiti dalle bombe o dai detriti. La differenza rispetto all’anno scorso è segnata dall’assenza, dalle persone che non ci sono più. Una delle nostre collaboratrici ucraine ha appena scoperto che uno dei suoi migliori amici è stato ucciso al fronte e ha lasciato la moglie e tre bimbi piccoli». Gioele Scavuzzo, capo missione umanitaria della Fondazione Soleterre in Ucraina e in Polonia, ci parla concitato all’ingresso del rifugio a Kyjiv della rassegnazione e della disperazione della popolazione sotto i bombardamenti russi dopo quasi due anni. «Ogni volta che suona un allarme, le persone devono uscire dal nostro centro di accoglienza per entrare nello shelter in giardino. Un enorme stress per gli adulti, figuriamoci per bambini che seguiamo, con disturbi di stress post traumatico e malattie oncologiche. Estenuante e disperante». 

Damiano Rizzi, psicologo clinico e presidente della Fondazione Soleterre ci parla invece dal suo studio all’ospedale di Pavia, dove è tornato dopo la sua ultima missione in Ucraina e dove da vent’anni continua a creare corridoi umanitari fatti di cure, assistenza psicologica e materiale. Cosa succede alla mente umana dopo due anni di guerra? «Prima ancora del Covid, in Ucraina il tasso di depressione era altissimo: il settanta per cento, il più alto d’Europa, ed era la seconda causa di invalidità per la popolazione dovuta alla tragedia di Chernobyl», racconta Damiano Rizzi. «Queste erano le condizioni i cui si trovava il popolo ucraino prima dell’invasione russa. Ora, dopo due anni di stress, paura, lutti, senso di allerta costante, tantissimi hanno i circuiti neuronali modificati: ritardo cognitivo, regressione, incapacità di parlare. Quando arrivano all’ospedale, i bambini spesso si fingono morti». 

La Fondazione Soleterre sostiene anche il lavoro di un’unità mobile multidisciplinare di volontari medici, infermieri e psicologi che offrono sostegno alla popolazione civile che vive vicino al fronte di guerra, a Dnipro, e si sono uniti nell’organizzazione di Frontline Medics che cerca di fare evacuare civili feriti e portarli nei stabilization point più vicini, trasferirli negli ospedali, curarli a casa se non si possono spostare e offrire un sostegno psicologico. «Nonostante le prime difficoltà perché il sostegno psicologico in Ucraina resta ancora un tabù, ora, quando le persone sanno che sta per arrivare la psicologa nei villaggi, si creano le file per aspettarla a parlare, sfogarsi, cercare di tenere a bada il terrore e la sofferenza», spiega Gioele Scavuzzo, prima di rientrare nel rifugio. 

La Fondazione Soleterre  interviene nel settore medico e psicologico pediatrico ucraino dal 2003. Grazie al suo lavoro in rete con numerosi partner locali e internazionali, ha assistito complessivamente oltre ventottomila bambini con i loro genitori. Inoltre garantisce la strumentazione medica e forniture di farmaci nei reparti dell’Istituto del Cancro e dell’Istituto di Neurochirurgia di Kyiv, dove gestisce una casa d’accoglienza che ospita ogni anno gratuitamente duecento bambini malati in cura negli ospedali con cui collabora.

Dal 2019 ha esteso il proprio intervento anche alla città di Leopoli, per creare la prima unità trapianti di midollo osseo e dove ha creato il centro Unbroken Kids, realizzato insieme alla Fondazione Zaporuka e a First Medical Union of Lviv all’interno dell’ospedale Saint Nicholas di Leopoli, dove arrivano tutti i bambini e adolescenti da tutta l’Ucraina per essere curati con la chirurgia di guerra, la riabilitazione fisica e psicologica. 

Come Nikita che è stato colpito a sedici anni mentre stava raccogliendo la legna. Le schegge di un ordigno si sono conficcate tra le due arterie del suo cuore. Sono stati i vicini di casa a trovare Nikita in un letto di sangue. «Una delle scene che più mi ha più colpito è stata l’immagine di Nikita nudo nel letto: la sua famiglia è molto povera e non poteva permettersi di comprare nemmeno dei vestiti. Gli unici che aveva erano quelli che indossava all’arrivo al centro e strappati dal personale medico per operarlo», ricorda il presidente della fondazione Soleterre. Poi Nikita è rinato e ha voluto essere battezzato di nuovo dai medici in ospedale, ma poi è tornato a casa a venti chilometri dal fronte di guerra. 

«Questo è un problema serio. Noi li rimettiamo in piedi ma poi i bambini e le famiglie tornano nelle zone di guerra dove continuano a rivivere lo stesso trauma che si cronicizza”, spiega ancora Rizzi, “a causa del disturbo post-traumatico da stress (PTSD), non riescono più sognare a occhi aperti ma sono immersi nella realtà devastante della guerra».

L’ultimo progetto della fondazione Soleterre è stato quello di sostenere le “cliniche mobili” di medici volontari che girano nelle zone rurali a bordo di un’automobile per prestare soccorso, cure mediche, protezione e supporto piscologico alla popolazione civile che non ha potuto muoversi dalle zone più colpite dalla guerra: persone vulnerabili, disabili e con patologie croniche, bambini che non hanno più niente, né la casa né un parente. E a volte i medici hanno pochissimo tempo per evacuare le persone, devono contare il brevissimo lasso di tempo fra un attacco e quello successivo.

«Dopo due anni di guerra, la popolazione vicina al fronte ha perso tutto: casa, parenti, senso della vita. Noi li curiamo, li aiutiamo a sopravvivere, a gestire traumi complessi e anche a non perdere il senso della vita. Anche se dopo due anni è davvero difficile», conclude sconsolato il presidente della Fondazione Soleterre. 

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