Non è facile provare a vincere un pregiudizio quando la città di cui si parla è Roma e il ristorante in questione si trova a pochi passi da una delle destinazioni turistiche più usurate della capitale. Che vi piaccia o meno l’idea, Baccano a Roma è un unicum. Da un punto di vista imprenditoriale, l’insegna ha da poco festeggiato i suoi dieci anni, un’avventura partita nel 2012 poi inaugurata nel 2013 e che nel corso del tempo è andata crescendo, vivendo epoche diverse e cambiando spesso i protagonisti della sua pellicola.
Analizzando il caso dal punto di vista della ristorazione invece – e qui siamo sicuri che alcuni di voi storceranno il naso – Baccano è stato per Roma un po’ quello che Langosteria è stata per Milano (con il dovuto scarto temporale dato che il secondo è nato ben prima, nel 2007). Non perché in entrambi i locali si usano bicchieri disegnati da Federico De Majo, mongolfiere appese e piccoli pagliaccetti che dondolano come corredo ai tavoli, ma perché l’ispirazione di entrambi i progetti arriva dal successo dei bistrot francesi, uniti al modello vincente delle brasserie newyorkesi (Balthazar sopra tutti). Entrambi i progetti hanno sempre puntato a un target molto alto, a una grande selezione di crudi (specialmente ostriche) e a un format apprezzato anche da un pubblico straniero.
Se tutte e due segnano per le rispettive città uno spartiacque fondamentale tra una ristorazione vecchio stile e tradizionalista e un modello più internazionale capace di grandi volumi e qualità, vi sono tuttavia alcune sostanziali differenze. Baccano sceglie fin da subito di essere in pieno centro, a due passi da Fontana di Trevi, ma con l’ambizione di poter diventare un luogo di eccellenza e di qualità anche per i romani. Sfidante? Decisamente.
Il servizio è operativo tutto il giorno, con quella giusta dose di informalità (puntuale) che lo rende un posto sempre vivo ma con atmosfere diverse a seconda delle ore. Il prezzo è alto ma non inarrivabile e non punta ad essere un luogo esclusivo, anzi. Verso il turista – e non solo – è accomodante (anche come proposta gastronomica) e verso la città selettivo per una determinata fascia di consumatori.
L’attenzione al pescato di giornata e l’ampia selezione di ostriche sono da sempre un punto di forza, accompagnati da una carta Champagne ben nutrita. Tuttavia, la proposta non è verticalizzata su una sola specialità, ma molto più ampia. Si strizza l’occhio alla tradizione romana dando largo spazio alle carni – dalla griglia alla cotoletta fino all’arrosto – una buona scelta di primi e un’infinità di proposte calde e fredde che ricordano quelle dei bistrot parigini e quindi perfette tanto come antipasti quanto come referenze da condivisione o piatto unico per il pranzo.
Un’altra macro differenza riguarda il volto della cucina, che Baccano ha sempre affidato a un professionista. Dopo alcuni giri di boa, a orchestrare la regia dei fornelli di questa insaziabile macchina c’è oggi un’icona della ristorazione romana, Nabil Hadj Hassen. Sì, proprio lui, «il tunisino che fa la carbonara migliore di Roma». Dopo diciott’anni in casa Roscioli, ormai diventata più che una famiglia per questo incredibile professionista, è arrivata la chiamata “dell’ora o mai più”.
Baccano riparte con un nuovo leader, pronto a portare in tavola le idee di una mente fresca, un servizio con attenzioni ritrovate e una cura che torna a guardare al dettaglio e all’eleganza della mise en place (con piacere i tavoli sono ricoperti di tovaglie bianche e tovaglioli di stoffa ben inamidati).
Per Nabil Hadj Hassen è l’occasione di distaccarsi da un lavoro quasi esclusivamente incentrato sulla tradizione romana e sulla ricerca della materia prima d’eccellenza, per poter spaziare con ricette più personali, rivisitazioni di classici, contaminazioni, stagionalità (come il menu tartufo, per esempio). Il mare continua a essere protagonista in piatti nobili, ma in generale torna un lustro da grande cucina francese con ricette laboriose, celebrative e d’impatto.
Dal filetto di manzo alla Rossini con scaloppa di foie gras, spugnole e tartufo, alla catalana di astice alla Baccano (con gamberoni, capesante, datterino, patate di Avezzano, cipolla rossa di Tropea, aceto di Barolo e roux di aglio nero), dal tagliolino con burro di erbe aromatiche e caviale fino a una incredibile bouillabaisse alla provenzale (nel nostro caso con gamberi, gallinella e capasanta) servita con rouille di cozze, fumetto e patate.
A supervisionare la sala c’è un sorridente e amabile Daniele Vespa che, insieme all’insostituibile Vincenza Costa, lavora con dedizione per la messa a terra di un servizio premuroso, non invadente e smart.
Baccano è un locale complesso in ogni ora del giorno, pesante da un punto di vista gestionale ed emotivamente provante per via di una clientela spesso distratta, massificata e poco attenta. Dal restyling iniziato nel 2021 – con una ristrutturazione della carta dei vini tanto della proposta al calice quanto completa – oggi si assiste a un ritorno progressivo di atmosfera e stile nel servizio. Un po’ di scena non fa mai male e una tartare condita al tavolo così come un tiramisù assemblato davanti al cliente sono divertenti e ruffiani al punto giusto.
Che cosa manca ancora? Scarseggia la consapevolezza di una proposta bar, che vanta una bottigliera di tutto rispetto e che tende a passare in secondo piano. Per ora manca invece il calore di un pubblico locale fedele e affezionato, che bilanci l’orda straniera e possa apprezzare e valorizzare il lavoro di tutto il team. Uno degli obiettivi in cui la figura del nuovo chef, Nabil, giocherà un ruolo determinante e in cui è assolutamente pronto a partire.
BACCANO
Via delle Muratte, 23 – Roma
Courtesy immagini Baccano Roma