Addio Blue Monday Elogio della fuga dalla città e del risveglio del corpo

Il 15 gennaio è stata indetta la giornata del lunedì più triste dell’anno. Tra il lavoro alienante della società contemporanea, l’apice dell’inverno e le notizie che giungono dal mondo, i motivi per cominciare a ritenerlo tale sono sempre più validi. Ecco come contrastarlo giocando con riti, superstizioni ed esperienze rigeneranti

courtesy of WEED'D

Non è un caso se il blue monday, ovvero lunedì blu, lunedì triste, lunedì buio, sconsolato cada proprio il 15 gennaio. L’apice dell’inverno, quando il raccolto si congela. Moltissimi studi ormai circolano sull’improbabile teoria scientifica, e tuttavia assai plausibile tesi sociale, del diffondersi di sintomi depressivi in questo periodo dell’anno, quando il fermento dettato dai rituali religiosi e delle festività giunge alla fine e non si ha niente, ma proprio nient’altro da desiderare, da attendere fino al principio della primavera. Anzi, più che un assunto sociologico potrebbe più che altro somigliare a un approccio letterario e più ancora che letterario, politico.

Come evitare di menzionare che se gennaio è tale all’interno delle nostre sistematicità cognitive è perché coincide con il ritorno al lavoro, con le scadenze, gli obblighi e gli orari della settimana articolata intorno al sabato e alla domenica, dalla mattina alla sera, secondo pratiche e abitudini che di epoca in epoca, di decennio in decennio, sono passate dall’ambiente agreste, fisico e contadino a quello borghese delle prime città tentacolari a quello digitalizzato, invisibile e rarefatto di oggi?

«Non è il lunedì, è il tuo lavoro che fa schifo», recitava un famoso meme che ha fatto il giro dei social network, secondo le sue svariate declinazioni: «Mondays are fine, it’s your life that sucks», secondo la celebre citazione di Ricky Gervais, o ancora «The only good thing about Tuesday is that it’s not Monday» e così via, fino a giungere alle propaggini moderne e a una tendenza oggi particolarmente popolare, quella in cui il capitalismo è tornato a rappresentare un problema dopo anni trascorsi placidamente a non nominarlo affatto: «It’s not Monday’s you hate. It’s capitalism». Una frase di solito corredata da immagini di sale riunioni dove un capo in giacca e cravatta indica un grafico, una percentuale, una statistica.

L’ironia, il dissacrare impunemente qualsiasi cosa senza però mai prenderla sul serio è il primo imperativo della rete e dei messaggi che veicola. E tuttavia le critiche, seppur deboli e controverse, al sistema economico in cui viviamo cominciano a fiorire, soprattutto dal momento in cui è considerato una delle principali cause della crisi climatica. E non solo, anche dei sempre più generalizzati disturbi dell’umore e dell’ansia. Tanto che, di recente, alcune piattaforme con lo scopo di offrire servizi di welfare, Fitprime ad esempio, ha messo a punto un sistema di psicoterapia per i dipendenti: Therapy. Dalla prima analisi dei dati, è subito emerso che il venti per cento di loro è affetto da almeno un disturbo psichico. La salute mentale ha assunto i caratteri di un’emergenza globale ed è lo stesso capitalismo a crearvi subito motivi e aree di speculazione.

A prescindere dalla mefitica miscela d’inverno incipiente, lavoro dalle asfittiche e sempre più costipate spirali e temperature atmosferiche basse, gli esperti sono cauti nell’attribuire nessi causali tra l’insorgere di depressioni o meglio, di cattivi umori, di una generale abulia con un giorno o un periodo specifico dell’anno. A sentire lo psicoanalista Marco Farina, è sempre una costellazione di fattori a intervenire sulla psiche di un individuo e sul suo normale funzionamento. È scientificamente provato che la depressione abbia una sua stagionalità, che possa cioè raggiungere un picco, un apice, riacutizzarsi durante i grandi cambi di stagione: giugno e ottobre. Ma l’equazione secondo la quale l’innalzamento delle temperature coinciderebbe per forza con un tono dell’umore alto è errata. D’estate non siamo per forza tutti più felici. Di conseguenza, d’inverno non diventiamo improvvisamente più intristiti e apatici. Questo sfaterebbe anche l’annoso pregiudizio per cui nei paesi scandinavi l’agonia delle giornate che durano una manciata di ore equivale a una dilagante malinconia, al punto che ne risente addirittura il tasso dei suicidi, mentre le terre caratterizzate da un clima mediterraneo sarebbero dominate da un’imperitura allegria. Un quadro macchiettistico che c’entra poco con la realtà.

Il solo elemento davvero condizionante sembrerebbe essere la suggestionabilità. Sempre secondo Marco Farina, «Se l’idea di partenza è che sarà un lunedì nero è molto probabile che questo avvenga. La suggestione può presentare due aspetti contrastanti: cattiva, se ci porta a percepire noi stessi come soggetti passivi schiacciati da Saturno contro. Dall’altra la suggestione positiva, che fa riferimento alla nostra volontà. Questa potrebbe farci dire che, proprio perché arriva il blue monday, bisogna occuparsi meglio, con più accortezza della nostra vita, di ciò che la struttura». Ecco dunque perché, bando alle superstizioni, alle dicerie, ai consigli generici, non è male sapere di contare su qualche minuscola certezza in un lunedì di metà gennaio piagato dalle guerre, dalla precarietà, dall’inflazione, dai disastri ecologici e dall’inquinamento.

Andare al cinema o a teatro, rifugiarsi cioè nei luoghi deputati alla cultura in senso europeo è una panacea per tutti i mali, si sa. Altrimenti, è appena stato inaugurato uno spazio nuovo di zecca, The garden, la seconda città deputata per la sua realizzazione dopo Madrid. Una specie di centro benessere dalle molteplici valenze: massaggi, yoga, da quella più meditativa come la vinyasa a quella più muscolare e intensiva. Dalla danza, al boudokon che connette lo yoga alle arti marziali, alle nuove pratiche come il gyrotonic e il gyrokinesis, volte a migliorare le articolazioni, la postura, l’elasticità e l’equilibrio psicofisico.

Naturalmente, trovandosi a Milano, non può che coniugare la ricerca di sé con la ricerca di socialità e il polimorfo aspetto conviviale: numerosi sono gli eventi ai quali si può partecipare, da corsi di ceramica a corsi di ballo, da degustazioni di vino a workshop guidati per regolare il respiro e imparare inediti metodi di allentamento dello stress.

I fantasiosi esperimenti collettivi sono probabilmente alla base di un’inespressa tendenza comune. Se le vacanze di Pasqua somigliano a un lontano miraggio e niente più di un viaggio compensa l’immobilità statica di un mese come questo, The Maptique organizza vere e proprie esperienze in giro per il mondo: un tour per le gallerie d’arte milanesi o parigine ad esempio o qualche giorno sul lago di Como, un pranzo all’interno di una villa idilliaca in Piemonte o «ottobrate romane» da immaginare da soli, in coppia o in gruppo.

Le opzioni sono a tal punto varie che l’istinto potrebbe essere quello di immobilizzarsi, resi inattivi da un’offerta che è anche troppo abbondante per una giornata che dopotutto consta solo di ventiquattro ore. Il tempo è risicato, dunque tornare al vecchio rituale del regalo è un’opzione in un certo qual modo rassicurante: Weed’d è un marchio italiano che produce oggetti di design ispirati alla forma della foglia di cannabis, al punto che le stesse candele spargono un delicato effluvio di marijuana.

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