«Cosa ci prepari oggi?» Tra le mura azzurre e accoglienti di Acciuga, nel cuore del quartiere Prati, non è raro sentire questa domanda rivolta allo chef Federico Delmonte da chi è seduto al tavolo. Lui, marchigiano di nascita, romano di adozione, qui, sulla sponda occidentale del Tevere, propone una cucina di mercato, una cucina istintiva guidata solo dal pescato, e dai vegetali, che trova ogni giorno nei mercati a pochi passi da qui, e che non rende necessaria alcuna gita fuori porta, sul mare del litorale laziale.
Se è vero che i termini “sostenibilità” e “stagionalità” si sono ormai posizionati ai primi posti per abuso è anche vero che qui, tra i palazzi Art Nouveau dove sembra sempre splendere il sole, trovano il loro posto. Federico, infatti, acquista ciò che gli serve dalla pescheria a cinquanta metri dal ristorante, sceglie così, in prima persona, materie prime che gli permettono di accorciare il più possibile la filiera dei fornitori ed esclusivamente pescato non allevato.
Nelle sue origini c’è il mare, con cui non ha mai interrotto il legame: il pesce, nella forma che dipende dalla disponibilità giornaliera, lo vede, lo sceglie e poi nasce un piatto, in menu oggi, magari pure domani, e poi si cambia. Perché cambiano il mare e i suoi frutti.
Così, in carta, gli antipasti e i secondi piatti non possono essere esplicitati. “Dal mercato” (il crudo, lo scottato, i crostacei, i tre crudi di Federico), il “Pescato delle paranze del Tirreno o dell’Adriatico” – di cui si può scegliere la cottura preferita tra scottadito e fritto – e il “Pescato secondo Federico” sono le parole d’ordine a testimoniare il rispetto dell’andamento di tempo e stagioni che richiede di affidarsi, in qualche modo, allo chef.
La domanda «Cosa ci prepari oggi?» delinea una frequentazione romana quotidiana assolutamente pronta al rispetto di questo tempo e queste stagioni per sentirsi, in cambio, come in riva al mare restando nel cuore della capitale, mangiando oggi cefalo lustrino, estratto di melograno, radicchio trevigiano, visciola sotto spirito, paccasassi – un’erba spontanea che cresce tra i sassi e gli scogli – e aceto, oppure il lanzardo su purea di ceci, insalatina di aglio fresco, pompelmo e rosmarino e la seppiolina in padella di ferro, con cozze della Normandia e patate arrosto. E domani ciò che di fresco lo chef deciderà di acquistare ed esaltare nella sua semplicità, con cotture gentili, essenziali e mai troppe sovrastrutture.
Fanno eccezione i primi, gli unici protagonisti del menu espressi in maniera esplicita. Ci sono gli intramontabili che non mancano mai, come le linguine rotte al sugo di brodetto alla fanese e gli spaghetti cacio e pepe al quinto quarto di seppia, e poi ci sono quelli che cambiano ogni mese e mezzo circa. Questo è il momento dell’esplosione di gusti e sapori dei plin di aringa, fegatini di pollo, jus di scoglio e carciofi, ma anche degli gnocchi di ricotta, aglio, olio, peperoncino, castagne e bottarga.
Da Acciuga, delle Marche c’è il mare, ci sono i vini del territorio – a fianco di referenze nazionali e internazionali –, c’è il brodetto alla fanese e poi c’è l’accoglienza attenta, calorosa: un’ospitalità che anche lei, qui, trova il suo posto.
Acciuga
Via Vodice, 25 – Roma