Anno bisesto, anno funesto?Il complicato anno elettorale in Germania

Le elezioni nei Länder di Sassonia, Turingia e Brandeburgo non sono solo importanti per la loro dimensione demografica, ma anche per il loro significato politico. Il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) ha visto una crescita significativa soprattutto in queste aree dell’ex Germania Est

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La lista delle elezioni che avranno luogo nell’appena iniziato 2024 è lunga. In nessuna di queste il corpo elettorale sarà così ampio come nelle elezioni politiche in India della prossima primavera, nessuna unirà così tanti paesi come le elezioni europee del 6-9 giugno, mentre nessuna attirerà più attenzione mediatica nazionale ed internazionale delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti il prossimo 5 novembre. Alcune di queste tante elezioni non destano grosse preoccupazioni, altre perlopiù a seconda dell’esito. Come, ad esempio, in caso di una vittoria di Donald Trump o, ci si perdoni il salto, della destra etno-nazionalista di AfD nelle elezioni dei Länder Sassonia, Turingia e Brandeburgo previste per settembre 2024.

Quello del successo di AfD è un tema tutt’altro che nuovo. Proprio diec’anni fa, nelle elezioni in Sassonia del 2014, al partito – allora fresco di fondazione – riuscì per la prima volta l’ingresso in un parlamento tedesco. Due settimane dopo seguirono anche allora Turingia e Brandeburgo, dove un bis del successo sassone non tardò a mancare, potendosi così la forza nazionalista ed euroscettica – cui nel giugno precedente era riuscito anche l’ingresso al Parlamento europeo –ancorare saldamente nel panorama politico e parlamentare tedesco. Dal quale da allora non è più scomparsa.

Sassonia, Turingia e Brandeburgo sono tre Länder di dimensione media: quattro milioni di abitanti la Sassonia, 2,5 il Brandeburgo, 2,1 la Turingia. Insieme rappresentano tuttavia la maggioranza di quella che fu la Repubblica Democratica Tedesca, la Germania Est già comunista al di là del “Muro” e della cortina di ferro. O, dal loro punto di vista, al di qua. Perché la passata appartenenza a un altro Stato e a un altro sistema sociale ed economico, defunti solamente nel non remotissimo 1990, è un fattore di primaria rilevanza del tessuto sociale ed economico dell’oggi e dunque anche di quello politico. La rivoluzione senza spargimenti di sangue dell’ottobre-novembre 1989 non nacque certo da un giorno all’altro, ma da un lungo fermentare di iniziative e gruppi che avveniva da tempo e in connessione ideale con la perestrojka sovietica e gli altri sommovimenti di popolo negli altri “paesi fratelli” del blocco orientale. Certo è tuttavia che le città dove la rivoluzione cominciò a prendere volto e forma in modo riconoscibile e riconosciuto sono tutte in questo “Est profondo”: Plauen, Lipsia e Dresda in Sassonia, Gotha in Turingia. Se la rivoluzione tedesco-orientale del 1989 ebbe un luogo di nascita, è questo a essere chiamato ora – precisamente trentacinque anni dopo – al voto.

Un ulteriore fattore, l’altro lato della stessa medaglia, è il percorso che dai moti rivoluzionari dell’autunno 1989 portò alla riunificazione delle due Germanie e ad una unità nazionale che, negli intenti, avrebbe dovuto essere anche sociale ed economica. Nessun altro luogo in Germania ha fatto esperienza di un cambio così radicale in tutti gli ambiti della società come l’ex Est. Qui nessuno ha lo stesso lavoro che aveva nel 1989, pressoché nessuno lo stesso lavoro per cui aveva studiato o si era formato, le scuole, le università e le istituzioni pubbliche e private di ogni tipo sono state cambiate e rifondate da cima a fondo. Il mondo è un altro. Un cambiamento che i cittadini dell’allora Germania Est vollero e iniziarono essi stessi.

La Germania Ovest – ricca, benestante e libera – era il modello a cui la grandissima maggioranza di allora guardava nell’aspettativa di diventare presto altrettanto ricchi, benestanti e liberi quanto i cugini (non di rado senza virgolette) dell’Ovest. Un’aspettativa che si è avverata solo in parte. Così le conseguenze della Nachwendezeit, l’epoca dopo la “Svolta” del 1989-90, sono tutte sul tavolo. Anche se nell’ex Est obiettivamente si vive bene, il lavoro non manca e la società è libera, a dominare percezioni, dibattiti e realtà sono la frustrazione e la stanchezza per cambiamenti profondissimi nonché una società più anziana per i decenni di drenaggio verso ovest dei lavoratori più giovani e in media meno avvezza al contatto con l’altro, con lo straniero, giacché fino al 1989 c’era un muro, il Muro, a chiuderla e isolarla.

Sarebbe però un errore grossolano tracciare oggi una linea di collegamento univoca fra passato realsocialista, delusione postrivoluzionaria e voto alla destra etno-nazionalista di AfD. Il partito incassa infatti successi ovunque – da ultimo nell’occidentalissima Assia, dove alle elezioni statali dell’ottobre 2023 ha superato il diciotto per cento, acquisendo elettori da tutti e in particolare dalle forze del centro-sinistra politico. Con buona pace di chi vede in AfD anzitutto un problema dell’Est e dei conservatori. Le peculiari condizioni dell’Est profondo però potrebbero consentire ad AfD di fare un “salto quantico”, lasciando la condizione di reietta della politica tedesca avvolta da una conventio ad excludendum e arrivando lentamente – per dirla con Pietro Nenni – alle stanze dei bottoni.

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