Acrobazie, furbate, contraddizioni. La conferenza stampa di fine anno, diventata di inizio anno per l’indisposizione della presidente del Consiglio, è stata una zuppa di questi ingredienti, condita dalla bugia di non avere mai chiesto, nella sua ex vita di oppositrice, dimissioni di questo o quell’avversario politico. Matteo Renzi in primis ricorda bene la pressione giustizialista della destra diventata improvvisamente garantista.
Ma la vera grande acrobazia riguarda le alleanze in Europa. In sintesi Giorgia Meloni ha detto che sta lavorando a una maggioranza alternativa nel Parlamento di Strasburgo, che già si profila su transizione ambientale e immigrazione. Alternativa all’alleanza tra Popolari, Socialisti e Liberali. Se ciò non fosse possibile, e lei sa benissimo che non sarà possibile, promette che non farà mai «un’alleanza parlamentare con la sinistra: non l’ho fatto in Italia e non lo farei in Europa».
Bene, brava, bis, applaude Matteo Salvini. È fin qui è un tripudio di coerenza. Dopodiché si staglia sul cielo di Bruxelles un grande «Ma». È sempre lei che parla: «Ma quando si forma la nuova Commissione europea il ragionamento è diverso. Quando si fa un accordo e ciascuno (ciascun governo, ndr) indica un commissario, poi i partiti di governo votano a favore dell’accordo». Detto in altri termini: sul volante del potere comunitario, metteranno le mani commissari Socialisti, Popolari, Liberali e Conservatori. Cioè di Fratelli d’Italia. È questo il progetto di Meloni (e dei Popolari di Manfred Weber e Ursula von der Leyen).
Dunque, doppio binario: nell’Europarlamento maggioranze di destra quando sarà necessario frenare la transizione ecologica e girare la vite sull’immigrazione, senza contaminazione con la sinistra. Mentre nella stanza dei bottoni tutti insieme appassionatamente con i commissari che verranno indicati dai socialisti Olaf Scholz e Pedro Sanchez.
Un funambolismo per tenersi buono Matteo Salvini, evitando che in campagna elettorale il leghista le spari addosso l’accusa infamante di tradimento della destra e faccia il pazzo nel governo. Per tenerlo a cuccia Meloni si è inoltrata nella distinzione tra Marine Le Pen e i neonazisti di Alternative für Deutschland. Con Afd, ha precisato la presidente del Consiglio, le «distanze sono insormontabili a partire dal tema dei rapporti con la Russia, a differenza di Le Pen che fa un ragionamento più interessante».
È una chiaro invito a portare al gran ballo di Bruxelles madame Marine Le Pen e a smontare il gruppo ultra destra di Identità e Democrazia di cui la Lega fa parte. Di un pezzo di questa destra (non solo francese e italiana) Meloni avrà bisogno perché i commissari indicati dai governi, compreso quello italiano, devono passare l’esame delle commissioni parlamentari di competenza. E soprattutto perché gli europarlamentari sono chiamati ad approvare la Commissione nel suo complesso e a eleggere a maggioranza assoluta il presidente della Commissione stessa.
Meloni tifa per la rielezione dell’amica von der Leyen. Salvini invece la considera una nemica degli interessi italiani. Perché dovrebbe regalare alla leader di Fratelli d’Italia questa prateria europea, soprattutto se la Lega dovesse avere un buon risultato nelle urne insieme agli altri sovranisti? E poi, chi indicherà Meloni come commissario per l’Italia? Se vuole una sponda di quello che sarà Identità e Democrazia, dovrà essere molto gradito a via Bellerio.
La partita da giocare è complicata, un gioco a incastro. Meloni dovrebbe diluire il suo passato sovranista e rendere sempre più coerenti le svolte moderate in Europa. Le contraddizioni sono ineludibili e non sarà certo Salvini a darle una mano dopo che lei gli ha rubato milioni di voti.
Tenere a bada il capo del Carroccio non sarà facile per la presidente del Consiglio, che alla conferenza stampa ha addolcito la pillola in tutti i modi. Ha precisato che deciderà se candidarsi alle europee insieme agli alleati. In ogni caso vuole affrontare le elezioni europee valorizzando le «specificità delle proposte»: nonostante il sistema proporzionale stimoli la competizione, lei vuole affrontarla con «un criterio condiviso».
Quello che sfugge è cosa Meloni abbia in testa per l’Europa. E quale sia il progetto politico dei Conservatori per non essere una ruota di scorta. Anche dei Socialisti.