Un mix di ambiguità politica e insipienza parlamentare (aridatece non dico i capigruppo Giorgio Napolitano o Sergio Mattarella, ma basterebbe anche un Dario Franceschini, capogruppo dell’Ulivo), da qualunque parte la si voglia vedere mercoledì il Pd ha scritto la sua pagina più penosa della gestione Schlein, la ragazza del secolo scorso chiamata a fare troppe parti in commedia, la pacifista, la premier-ombra, la responsabile, la leader, la gggiovane. Paradossalmente proprio lei con quell’aria da studentessa di Berkeley s’innamora dei garbugli della politichetta. Nemmeno i suoi parlamentari la capiscono più. Tutto avviene per sottrazione, per ammiccamenti, per slittamenti progressivi della linea che non è mai una vera linea ma piuttosto un arzigogolo di plastilina che si modella a seconda dei casi.
Il Partito democratico è diventato un groviglio di discorsi nel quale si perde ogni senso, e quindi siamo per le armi all’Ucraina o stiamo cambiando linea? Tutto è vero e tutto è falso come nell’illusionismo dei cartomanti, e dunque è vero che il Pd ha ribadito il sì a ogni forma di aiuto a Kyjiv ma senza pronunciare la parola armi, sennò che dirà Cecilia Strada candidabile alle Europee per coprire il fianco sinistro, e che direbbe soprattutto quel Giuseppe Conte con cui bisogna provare a vincere in qualche regione e che anche ieri in una surreale conferenza stampa ha maramaldeggiato sulla «questione morale» (ma che è? ndr).
Ed è parimenti vero che il Pd ha voluto annacquare questa posizione dietro appunto giri di parole e con le ambiguissime astensioni su tutte le altre risoluzioni, compresa quella, ridicola, del Movimento 5 stelle (almeno al Senato i dem hanno votato a favore della più chiara mozione di Italia viva e Azione). Schlein ieri ha corretto un pochino l’impressione di una totale débâcle morale (ne ha scritto qui Christian Rocca) sottolineando che il Pd non si è astenuto sul sostegno all’Ucraina avendo votato a favore del suo testo che lo prevede: ed è vero anche questo. Ma sarebbe anche ora di farla finita con tutti questi bizantinismi parlamentari, il voto per parti separate, le astensioni incrociate: e basta, «sì il sì, no il no, il resto è del maligno», come dice il Vangelo.
Una confusione che gli elettori non capiscono, cari Peppe Provenzano e Chiara Braga, e non solo gli elettori ma probabilmente anche al Quirinale dove sulla politica estera non si tollerano pasticci. Va detto che il governo Meloni non ha cercato in alcun modo un consenso più largo sulla risoluzione di maggioranza, il che dimostra che Meloni e Schlein usano persino la tragedia ucraina per fare politica interna l’una contro l’altra, come se Kyjiv e Acca Larentia – cavallo di battaglia di Elly – fossero sullo stesso piano.
Ma il dramma politico di Schlein è che per come sta mettendo le cose alla fine scontenterà tutti. A fine mese il Pd voterà a favore del decreto del governo Meloni che rifinanzia il sostegno militare all’Ucraina che inevitabilmente non piacerà a quei pacifisti che due giorni fa Elly ha creduto di poter intercettare. E che crederà di recuperare con una bella posizione filopalestinese in Parlamento anche qui a fine gennaio.
Intanto ha deluso – eufemismo – quanti dentro e fuori il Pd avevano creduto che la segretaria tenesse il punto: e la presa di posizione dei nove (Lorenzo Guerini, Lia Quartapelle, Marianna Madia, Simona Malpezzi, Filippo Sensi, Dario Parrini, Valeria Valente, Tatjana Rojc, più Pierferdinando Casini che ovviamente non è del Pd) che hanno espresso una posizione netta sta lì a dimostrare che c’è gente che sa dire dei no e che mette la coerenza prima del politicismo da quattro soldi.
In questo ginepraio si dovranno fare le liste per le elezioni europee con le preferenze attizzando inevitabilmente il fuoco delle divisioni interne e con la segretaria che o non corre, e l’accuseranno di scappare, o si candida in tutta Italia personalizzando quello che potrebbe non essere un buon risultato. Attenzione, dunque. Anche perché, combinazione, proprio ieri Paolo Gentiloni ha detto che dopo le elezioni europee vuole tornare in Italia.