Che bella cosa commemorare tutti assieme – sinistra e destra, maggioranza e opposizione, europeisti e sovranisti, liberali e populisti – l’assassinio di Alexei Navalny nella colonia penale Lupo Polare in Siberia. Eppure la manifestazione pro Navalny di Roma è anche molto ipocrita.
L’obiettivo dei promotori è sincero e nobile, e anzi vanno ringraziati per averla organizzata, ma l’adesione dei due partiti alleati di Vladimir Putin è oscena. La Lega è formalmente un alleato politico di Russia Unita, il partito più unico che raro di Putin. I Cinquestelle non hanno siglato un patto politico con la cosca di Putin perché il loro statuto allora vietava le alleanze con altri partiti, ma hanno partecipato ai congressi farsa di Russia Unita, hanno applaudito l’invasione del Donbas e l’occupazione illegale della Crimea esattamente come i cugini ed alleati populisti della Lega, senza dimenticare i succhiotti allo zar del Cremlino in visita a Roma e l’incredibile sfilata dell’Armata rossa lungo le autostrade italiane, gentilmente concessa dall’avvocato di Volturara Appula, mentre il nostro Paese era in lockdown per la pandemia e in Siberia per la presa del potere populista.
I due partiti che scenderanno in piazza a ricordare Navalny negli ultimi anni hanno fatto di tutto per togliere le sanzioni economiche a Putin, per sminuire la pulizia etnica dei russi in Ucraina, per riconoscere l’occupazione militare di Mosca in territori invasi illegalmente, per esaltare la politica estera, energetica e di sicurezza del Cremlino e, infine, per limitare gli aiuti economici e militari all’Ucraina, in modo da consentire all’imperialismo russo di schiacciare la resistenza antifascista del popolo ucraino e dell’Europa.
Anche Fratelli d’Italia e Forza Italia di Berlusconi non hanno un pedigree limpido riguardo a Putin, tutt’altro, ma da quando sono al governo perlomeno hanno mantenuto salda la barra atlantica del paese e aiutato la difesa ucraina ed europea. Lega e Cinquestelle, per non parlare di un pezzo della sinistra anche Pd, no, non sono credibili, sono del tutto screditati.
Nessuno di coloro che scenderanno in piazza per Navalny può essere preso sul serio se allo stesso tempo non si batte per aumentare ed accelerare la fornitura di armi all’Ucraina. Chi non lo fa è un volenteroso complice di Putin, del macellaio di ucraini, di russi e di Navalny, anche se scende in piazza per ricordare il dissidente ucciso in Siberia.
Come ha scritto lo Spectator inglese, Navalny non è il primo né sarà l’ultimo dei giustiziati dal regime russo, perché «Putin ha assaggiato il sangue e ha trovato la prelibatezza allettante per il suo palato. Non uccide solo i militanti dell’opposizione, ha già ucciso centinaia di migliaia di ucraini e russi».
Nei prossimi mesi, sostengono i veri esperti di Russia che proprio per questo non scrivono su Limes ma sul Financial Times, Putin potrebbe alzare ancora di più il livello dello scontro contro l’Occidente: «Senza limiti alla sua capacità di commettere errori disastrosi – ha scritto Alexander Gabuev – un anziano leader russo circondato da adulatori potrebbe intraprendere mosse più avventate nei prossimi anni rispetto a tutto ciò che abbiamo visto finora».
Tra un mese i russi andranno a votare, diciamo così, per re-incoronare Putin, ma il dittatore, al di là di una totale assenza di vita democratica in Russia, è sinceramente amato e temuto da gran parte del suo popolo proprio per la sua brutalità, arroganza e sete di sangue.
Eppure in Europa c’è chi continua a volersi sedere al tavolo della trattativa di pace con un baro guerrafondaio, il quale mentre cancella avversari russi e città ucraine aspetta che il compare Donald Trump in America e i sodali nazifascisti in Europa vincano le elezioni per poter procedere spedito alla ricostituzione dell’impero russo e all’indebolimento del sistema liberal-democratico. Un sistema che si basa su tre principi estranei alla Russia: lo stato di diritto, la libertà di espressione e il rispetto dei diritti umani e civili.
Già solo l’attesa del risultato europeo e americano è una vittoria per Putin, perché gli ucraini hanno sempre meno armi e i russi possono riorganizzarsi fino al punto di essersi presi Avdiivka, nel Donbas.
Joe Biden e Volodymyr Zelensky hanno spiegato, durante un lungo colloquio telefonico, che la ritirata ucraina da Avdiivka è un gentile omaggio a Mosca da parte dei deputati trumpiani che al momento bloccano alla Camera di Washington il nuovo pacchetto di aiuti militari a Kyjiv.
La situazione è questa, ed è preoccupante e tragica. Sperare che il boss mafioso del Cremlino possa rinsavire e la Russia diventare un paese normale è illusorio e imprudente, come dimostra l’assassinio di Navalny.
Scendere in piazza per commemorare la morte di Navalny mentre Putin rimane vivo ad assaporare la morte altrui non sciacqua l’infamia della complicità con il criminale di guerra di Mosca.
Chi onora al meglio la battaglia di Navalny per una Russia libera dai cleptocrati putiniani non sono i quattro scalzacani dei partiti filo russi che sperano, per il solo fatto di scendere in piazza, di far dimenticare chi sono realmente, ma è la premier socialdemocratica danese Mette Frederiksen che, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, ha detto che consegnerà all’Ucraina tutta l’artiglieria a disposizione del suo Paese.
Così dovremmo fare tutti noi, italiani compresi, perché al momento nessuno in Europa ha realmente bisogno di arsenali bellici, per il semplice fatto che oggi l’Europa è protetta dall’Ucraina. Le armi servono lì, sul fronte orientale della democrazia.