Dalla newsletter settimanale di Greenkiesta (ci si iscrive qui) – L’inquinamento atmosferico è la principale emergenza sanitaria di origine ambientale, l’inquietante leitmotiv delle giornate di chi vive nelle aree più urbanizzate e industrializzate del Pianeta. Negli anni il problema dello smog, dovuto per esempio al riscaldamento domestico e al traffico motorizzato, è gradualmente migliorato a livello continentale, ma non abbastanza per garantire agli esseri umani un ambiente salubre. L’Italia rimane il primo Paese dell’Unione europea per morti premature connesse a una costante esposizione alle sostanze inquinanti. Con “costante” intendiamo sia all’aperto, sia nei luoghi al chiuso. Poi ci arriviamo.
In queste settimane se ne sta parlando più del solito, soprattutto in Pianura Padana, dove i livelli di particolato fine hanno superato ogni limite possibile e immaginabile per diversi giorni consecutivi (a Milano, come denuncia Cittadini per l’Aria, il PM10 ha oltrepassato le soglie dell’Unione europea dal 23 gennaio al 3 febbraio). Regione Lombardia, nel frattempo, ha attivato delle misure emergenziali nella speranza di limitare i danni.
In Pianura Padana l’aria puzza, fa bruciare gli occhi, il naso e la gola, e c’è chi ha persino rispolverato le mascherine da indossare all’aperto nel tragitto casa-lavoro. La colpa, come spiegavamo qui, è anche di un anticiclone subtropicale e di una conseguente stabilità atmosferica che, in assenza di vento e piogge, ha favorito una sorta di ristagno dell’aria a bassa quota. Per rendersene conto è sufficiente consultare il sito delle varie Agenzie regionali per la protezione ambientale (Arpa).
La domanda sorge spontanea: come dobbiamo comportarci nei giorni da “bollino rosso”? Chi ama fare attività all’aperto in città deve correggere le proprie abitudini? Il web e i social strabordano di consigli sbilanciati da una parte e dall’altra, spesso senza il supporto di dati rilevanti dal punto di vista accademico, testimonianze e contributi di esperti del campo medico. Un fenomeno potenzialmente più pericoloso dell’inquinamento stesso. Per fare un po’ di chiarezza abbiamo contattato Alessandro Miani, medico, docente di Prevenzione ambientale alla Statale di Milano e presidente della Società italiana di medicina ambientale (Sima). Le parole chiave emerse sono due: equilibrio e prevenzione.
Conviene andare a correre, pedalare o camminare quando c’è tanto smog? Secondo Miani, quando gli inquinanti superano le soglie dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) «fare attività all’aria aperta non è tutelativo per la salute», nonostante lo sport faccia bene fisicamente e mentalmente. Il rischio, come in ogni cosa, varia da persona a persona. Per chi soffre di problemi cardiocircolatori si parla di «incidenza diretta», perché su base statistica «c’è un forte incremento di infarti e ictus nelle giornate in cui si registra uno sforamento dei limiti di legge delle polveri sottili», dice l’esperto.
Per le persone in salute, spiega Miani, «il rischio diretto nel breve periodo non c’è, ma le sostanze aerodisperse in atmosfera sono dei pro-infiammatori». Significa che, nel lungo periodo, facilitano alcune infiammazioni all’interno dell’organismo. Quando ci alleniamo abbiamo una maggiore frequenza respiratoria, perciò «i nostri polmoni, bronchi e bronchioli vanno a filtrare più aria e portano dentro l’organismo delle sostanze che, in molti casi, passano la barriera ematica ed entrano nel circolo sanguigno, raggiungendo diversi organi».
Nel suo piccolo, ogni cittadino può tutelare la propria salute tramite piccoli accorgimenti quotidiani, da non concepire come “salvavita”: «Per lo sport all’aperto dobbiamo scegliere luoghi o orari in cui la concentrazione di polveri e altri inquinanti è più bassa. Meglio, inoltre, evitare di farlo su strade molto trafficate. Bisogna prediligere aree verdi e parchi dove non c’è traffico». Con lo smog abbondantemente sopra i limiti, i momenti migliori per una corsa, una camminata o una pedalata in città sono «il mattino presto o la sera, quando il grosso del traffico veicolare si è smaltito».
D’estate dobbiamo fare attenzione alle aree verdi e ai viali alberati in cui dominano pini, abeti, larici e cipressi: «Le resine di questi alberi emettono terpeni, che sono composti organici volatili precursori dell’ozono. Il mix tra caldo, sole, inquinamento atmosferico e terpeni genera ozono a terra. In questi casi, i forti mal di testa dopo una camminata o una corsa sono dovuti all’ozono respirato», spiega il presidente della Sima.
Quando c’è tanto smog, quindi, è meglio fare sport al chiuso? Non è detto, perché esiste un tema costantemente sottovalutato: l’inquinamento indoor. Calcolarlo è complesso: ogni luogo è diverso e viene gestito in maniera diversa, ma – specifica Alessandro Miani – «negli ambienti confinati come palestre, case, uffici e mezzi di trasporto l’inquinamento è mediamente cinque volte superiore rispetto all’esterno».
Sentirsi protetti a casa propria è un’illusione: oltre a importare inquinamento dall’esterno tramite vestiti, scarpe, capelli, pelle e finestre aperte, siamo noi stessi a produrlo. «Pensiamo alle attività in cucina, all’utilizzo di alcuni prodotti per l’igiene o la pulizia delle superfici, acetone, smalto. Sono tutte sostanze senza effetti immediati sulla salute, ma che nel corso di anni possono generare problemi importanti», dice il docente della Statale.
I luoghi al chiuso, però, hanno un vantaggio da non sottostimare: tramite buone pratiche e tecnologie adeguate, è più facile mitigare i danni dell’inquinamento. Innanzitutto bisogna arieggiare gli ambienti in modo intelligente, aprendo le porte e le finestre affacciate su vie non troppo trafficate ed evitando gli orari di punta: «In questo modo creiamo ventilazione naturale, diluendo gli inquinanti». Esistono poi centraline smart che ci avvisano quando si sforano i limiti, sistemi di ventilazione meccanizzata e purificatori d’aria, che possono essere centralizzati o decentralizzati (come nelle palestre): «L’importante – conclude Miani – è che tutte queste tecnologie siano parametrate ai volumi d’aria da trattare. Non posso mettere in una palestra un dispositivo che potrebbe andare bene in una camera di un bambino».