La delibera del comune di Bologna sul limite di velocità a 30 km/h ha suscitato polemiche intense e spesso pregiudiziali, sia dal lato dei favorevoli, sia da quello dei contrari. In realtà, la decisione è più interessante per il metodo che per il merito. Essa si fonda infatti su una analisi costi-benefici, che ha indotto a escludere la rete primaria delle strade dal nuovo limite, perché in caso contrario i costi (aumento dei tempi di spostamento) avrebbero superato i benefici (riduzione dell’incidentalità e delle esternalità ambientali).
Qualunque analisi di questo genere è ovviamente criticabile, come spiega Francesco Ramella in uno studio congiunto IBL-Bridges Research pubblicato ieri, ma essa ha due grandi meriti. Il primo è di esplicitare le ragioni alla base della decisione e il percorso logico che è stato seguito per prenderla, rendendo così anche possibile focalizzare meglio il dibattito e individuare eventuali errori. Il secondo merito consiste nell’aver tracciato una linea sulla base della quale la stessa delibera potrà essere valutata ex post, verificando se le cose sono andate effettivamente come ci si aspettava oppure no.
Questo stesso approccio virtuoso, che è importante in un contesto come quello bolognese, è immensamente più importante di fronte a investimenti e politiche di portata molto più vasta, come quelle che derivano dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Purtroppo, nonostante siano in ballo oltre duecento miliardi di euro, in quel caso la trasparenza è del tutto mancata e i dati relativi sia alle spese del Pnrr, sia alle realizzazioni, sia agli obiettivi sono molto più scarsi e frammentari (se non in casi specifici). Basta guardare il portale dedicato al monitoraggio del Pnrr per rendersi conto che si tratta di un esercizio puramente formale, in cui molte informazioni sono formalmente disponibili ma di fatto non sono fruibili.
Ancora più importante è applicare i principi della trasparenza e dell’analisi costi-benefici alle decisioni future, politiche e di investimento. Intendiamoci: il paese ha fatto molti passi avanti rispetto al passato, ma gli spazi di opacità sono ancora troppi e anche questo spiega perché le opinioni sulla fattibilità o l’utilità delle spese programmate divergono così tanto (ne abbiamo discusso in un podcast con Roberto Perotti). La sensazione è che non sia di per sé un problema di volontà, ma anzitutto di capacità: la pubblica amministrazione non è organizzata per raccogliere, organizzare e mettere a disposizione i dati. E questa carenza è tanto più grave quanto più le politiche sono vaste per ambizione e portata.
Non è mai troppo tardi per fare uno sforzo di trasparenza e mettere a disposizione dell’opinione pubblica dati e informazioni troppo spesso inaccessibili. Il momento migliore per farlo era quando il Pnrr venne concepito. Il secondo momento migliore è adesso.