Dalla newsletter settimanale di Greenkiesta (ci si iscrive qui) – Quali sono i punti di contatto tra Donald Trump e Vladimir Putin? Oltre al rapporto ambiguo tra i due, c’è un approccio sinistramente simile alla crisi climatica. Intervistato recentemente dal giornalista Pavel Zarubin, l’autocrate russo ha detto che i rappresentanti dei movimenti verdi europei «stanno capitalizzando la paura degli eventi che potrebbero verificarsi nel mondo a causa del cambiamento climatico». Un condizionale che stride fortemente con le evidenze sostenute ormai in modo unanime dalla comunità scientifica internazionale.
Secondo Putin, i partiti ecologisti «sfruttano le paure che loro stessi fomentano, perseguendo una linea politica lontana da quella con cui sono saliti al potere». Qui si riferisce nello specifico ai Verdi tedeschi di Annalena Baerbock, ministra degli Esteri del governo Scholz. Il leader del Cremlino dice infatti che in Germania «la produzione di carbone è cresciuta», dimenticando che il ritorno del combustibile fossile più impattante sul clima è stato innescato anche dall’invasione russa dell’Ucraina. La crisi energetica ha poi riportato a galla l’annosa dipendenza di molti Paesi europei dalle fonti “sporche” – a volte provenienti da Mosca – per produrre elettricità, ma questo è un (ampio) discorso a parte.
Torniamo a Putin. Il presidente russo, solito a cavalcare l’emergenza climatica per enfatizzare le sue posizioni contro l’Occidente, è un sostenitore dei «cicli naturali» del Pianeta – come Salvini – e ha spesso messo in dubbio l’origine antropica del riscaldamento globale. Tra le dichiarazioni inesatte, provocatorie o fuorvianti di Putin sui temi climatici vorrei citare, poi capirete perché, quella del 2019 sulle pale eoliche: «Quanti uccelli stanno morendo per colpa loro? In più queste pale tremano, provocando la fuoriuscita di vermi dal terreno. Le persone non vogliono vivere in un mondo pieno di generatori eolici». Le paranoie dell’autocrate sull’energia prodotta dal vento ricalcano quelle di Donald Trump, che aveva definito i parchi eolici dei «cimiteri per uccelli».
L’ex presidente statunitense è letteralmente ossessionato dagli aerogeneratori: ha detto che causano il cancro e – se installati in mare (offshore) – disorientano le balene. Inoltre, ha spesso fatto leva su un discorso economico: «Se hai un impianto eolico vicino a casa tua, congratulazioni: il valore della tua abitazione è appena sceso del settantacinque per cento», ha dichiarato nel 2020. Si tratta di una tesi su cui il tycoon è tornato settimana scorsa durante un comizio a North Charleston, in South Carolina, dove il 24 febbraio si terranno le primarie repubblicane: «I mulini a vento non funzionano e sono la forma di energia più costosa di sempre», ha affermato con enfasi.
Nulla di quanto sostenuto da Trump e Putin è vero. Come spiegavamo qui, non esiste una singola prova scientifica in grado di certificare una correlazione tra le balene spiaggiate e la presenza delle pale eoliche offshore; lo stesso vale per l’insorgenza del cancro e il rumore delle turbine. La questione degli uccelli è più complessa, ma non tragica come vogliono far credere i due leader: all’aumentare delle pale installate sta purtroppo crescendo il numero di volatili – soprattutto migratori – morti per una collisione con queste strutture. Dati del genere sono difficili da raccogliere, certificare e catalogare, ma gli studi disponibili non prefigurano alcun allarme.
Stando al Climate portal del Massachusetts institute of technology (Mit), ad esempio, la collisione con le turbine è “solo” al settimo e ultimo posto tra le cause di morte accidentale degli uccelli. E gli standard di progettazione dei parchi eolici stanno diventando sempre più rigidi proprio per proteggere l’avifauna. Secondo una ricerca, pubblicata su Nature, ogni anno negli Stati Uniti muoiono 1,17 milioni di uccelli (lo 0,016 per cento degli esemplari del Paese) in seguito a uno scontro con un aerogeneratore: un numero elevato ma inferiore rispetto agli agguati dei gatti (almeno trecentosessantacinque milioni di uccelli morti annualmente negli Usa) e le collisioni con le automobili (tra i sessanta e gli ottanta milioni) e le torri di comunicazione (tra i cinque e i sette milioni). In passato diversi istituti di ricerca – compresa l’italiana Ispra – avevano anche dimostrato che i decessi dell’avifauna dovuti agli aerogeneratori sono inferiori rispetto a quelli provocati da centrali nucleari e infrastrutture fossili.
Salute, animali e soldi: Trump, che da presidente aveva ritirato gli Usa dall’accordo di Parigi sul clima, preme su questi tre elementi per strumentalizzare le paure degli americani, screditando una fonte di energia che – secondo i dati ufficiali del dipartimento statunitense dell’Energia – rappresenta la rinnovabile più redditizia degli Usa.
Le recenti dichiarazioni di Trump e Putin, passate un po’ in sordina in Italia, purtroppo non stupiscono. Essendo arrivate a distanza ravvicinata, però, rendono più concrete le minacce connesse alla presenza di leader politici negazionisti – o riduzionisti – sul clima. Nessuno al mondo, ricordiamo, produce più gas e petrolio di Usa e Russia. Se Trump dovesse tornare alla Casa Bianca non solo smantellerebbe le politiche climatiche di Joe Biden, ma darebbe manforte alle posizioni di Putin. Anche nei contesti di diplomazia climatica. Il presidente russo, a distanza, ha pilotato i risultati della Cop28, orchestrando il sabotaggio dell’Opec nella seconda metà dei negoziati, quando il phase-out dalle fonti fossili era sparito dalle bozze. Con Trump al posto di Biden, probabilmente, l’accordo di Dubai sarebbe stato un fallimento su tutti i fronti.