Dici pizza e pensi a Napoli. La connessione sembra attivarsi quasi in automatico nella testa di tutti e solo negli ultimi anni ha iniziato – per lo meno tra i consumatori – a lasciar spazio anche ad altre varianti. Sebbene la focaccia condita più famosa del mondo nell’immaginario comune sia fortemente legata alla città partenopea, la storia della sua diffusione dentro e fuori dai confini campani è legata soprattutto a un’altra località, meno conosciuta e situata nell’entroterra della Costiera Amalfitana, Tramonti.
Da qui in molti sono emigrati, esportando la tradizionale produzione della mozzarella Fior di Latte e, con essa, anche la pizza, espandendone la conoscenza fuori regione e oltre i confini italiani.
Da Tramonti alla conquista del mondo
«Abbiamo circa duemila esercizi dislocati in tutta Italia, concentrati in sei-sette regioni (quelle del Centro-Nord Italia, ndr) in cui sono arrivati i tramontani che sono partiti nel dopoguerra, tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta». Sono stime quelle di Vincenzo Savino, presidente dell’Associazione Pizza Tramonti, perché un vero e proprio censimento non c’è.
Nel dopoguerra la zona di Tramonti è povera e molti giovani emigrano in cerca di fortuna. Questo crea le condizioni perché la pizza intraprenda il proprio viaggio e il primo passo lo compie Luigi Giordano, tramontano emigrato nel novarese. Nel 1951, dopo aver aperto un caseificio a Loreto di Novara, decide di affiancare a questa attività anche quella di pizzaiolo aprendo la pizzeria Marechiaro, in cui poter utilizzare parte delle mozzarelle.
L’idea funziona e sulla scia del suo successo la stessa strada viene intrapresa nei decenni da tanti altri giovani. «La prima pizzeria ufficiale è stata Marechiaro. Quelle immediatamente successive sono state chiamate tutte Marechiaro, poi sono seguite le Bella Napoli, le Piedigrotta e le Vesuvio», dice Savino. Pur trattandosi di tramontani, il riferimento diretto era a Napoli, ben più nota e facilmente identificabile da parte della clientela. «La capitale della pizza è Napoli, ma chi l’ha fatta conoscere sono i tramontani», afferma il presidente.
In Veneto, ad esempio, uno dei più celebri è Giuseppe “Pino” Giordano, che ha fatto scuola nel campo dell’imprenditoria della ristorazione. Partito come semplice pizzaiolo, ha aperto una prima pizzeria, Da Pino, nel 1972 a Mogliano Veneto (Treviso). Oggi questo brand mette insieme undici pizzerie in tutta la regione, alle quali si aggiunge la catena da asporto Pizzalonga Away, con settantotto insegne tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, anche in franchising. Dopo cinquant’anni, il signor Pino tiene ancora tutto sotto controllo.
Dalla festa dei morti alla De.Co.
Fino agli inizi del Novecento si racconta che a Tramonti ogni 2 novembre ci fosse l’usanza, al ritorno dalla commemorazione dei defunti, di acquistare una schiacciata con pomodoro, olio e origano. Una prima manifestazione della pizza tramontana, che tradizionalmente ha sempre condiviso lo stesso impasto del pane.
«Facciamo un impasto diretto con una lievitazione molto più lunga e un’idratazione un po’ più bassa. Una volta la pizza serviva per abbassare la temperatura del forno e non far bruciare il pane. L’impasto di Napoli è un impasto diretto con lievito di birra. Per ottenere un cornicione alto, si porta il forno a 450 gradi e la pizza cuoce in meno di un minuto, la nostra pizza invece cuoce di più, circa tre minuti e mezzo», spiega il presidente. La farina impiegata è tradizionalmente quella integrale, aromatizzata al finocchietto.
Il punto di svolta per la pizza tramontana arriva nel 2010 con la certificazione De.Co. del Comune di Tramonti. In quella occasione viene anche approvato un primo regolamento per la Pizza di Tramonti a Denominazione Comunale che ad oggi rappresenta il principale documento di riferimento per i maestri pizzaioli. L’obiettivo adesso sarebbe di aggiornarlo, riformulandolo in maniera più precisa, così da tracciare le linee guida del procedimento e le materie prime da impiegare.
Dall’evoluzione della ricetta alla Festa della Pizza
Nel tempo, oltre a diffondersi, la pizza si è evoluta molto e oggi la seconda generazione di tramontani sperimenta molte nuove varianti, innovando sia in termini di ingredienti che di metodi di cottura. Ad Alessandria, ad esempio, Giuseppe Giordano, figlio di tramontani, ha portato avanti la tradizione di famiglia con l’insegna Il Pizz’Ino, ideando un nuovo metodo di cottura che unisce forno e padellino. La pasta viene posizionata all’interno di un bordo circolare in metallo (una sorta di padellino senza il fondo) e la pizza viene infornata. Tutta la superficie si alza beneficiando, oltre che del supporto del bordo, anche della trasmissione di calore data dal contatto con la base del forno a legna.
Anche in termini associativi le cose si evolvono. Dopo una prima esperienza di unione dei pizzaioli tramontani attraverso una corporazione, fondata alla fine degli anni Ottanta, nel 2019 è stata formalmente costituita l’Associazione Pizza Tramonti. «Per adesso gli associati sono circa duecento in tutta Italia e il nostro obiettivo è quello di raccontare la nostra storia, facendo attività promozionali, oltre a valorizzare la famosa Festa della Pizza di Tramonti, che ha ormai quarant’anni di storia», spiega il presidente Savino.
PizzAcademy e le pizze da tutta Italia
Quest’anno il primo obiettivo è stato il lancio di PizzAcademy, un appuntamento che dal 4 al 6 marzo ha richiamato a Tramonti i pizzaioli da diverse regioni italiane. Dalla cultura tramontana a quella romana, da quella casertana fino alla cilentana, l’incontro tra almeno venti professionisti ha creato l’occasione per rivedersi e rafforzare l’unione, ma anche per aggiornarsi su differenti metodi di cottura, impasti, ingredienti e accostamenti di sapori. L’evento ha coinvolto diversi attori del settore enogastronomico locale, tra cui Sal De Riso, brand dell’affermato pasticcere Salvatore De Riso, molto legato alla zona di Tramonti.
«Quella di quest’anno è stata la prima edizione, ma vogliamo proseguire» ha spiegato Vincenzo Savino. «L’obiettivo è mettere il territorio a confronto con le esperienze di chi lavora in altri contesti per ampliare le prospettive, attraverso un momento di condivisione bellissimo».