Mai l’elezioni europee sono state così importanti come quelle del 2024, spiega il direttore de Linkiesta Christian Rocca al Centro Brera di Milano durante l’evento “Italia Europea”, l’incontro organizzato dal nostro giornale per discutere di economia, politica e sicurezza europea. Il momento è dei più difficili: la guerra scatenata dal nemico delle democrazie liberali, la Russia, è in una fase di stallo causata dal mancato aiuto occidentale all’Ucraina. «Votiamo per la seconda volta in un contesto in cui l’America potrebbe non svolgere il suo solito ruolo di faro della democrazia. Se vincerà Donald Trump, gli alleati europei si sentiranno meno sicuri. I temi al centro della campagna elettorale delle Europee saranno l’economia, la sicurezza, la difesa, ma anche le alleanze e la selezione della classe dirigente che guiderà Bruxelles il prossimo quinquennio», spiega Rocca.
E il tema della classe dirigente è al centro delle polemiche delle liste del Partito democratico. La decisione della segretaria Elly Schlein di candidare come capolista in tutte le circoscrizioni delle esponenti esterni al Partito democratico. Una scelta che rischia di escludere e danneggiare le tante eurodeputate che in questa legislatura hanno inciso nella politica Ue, come Pina Picierno, attuale vice presidente del Parlamento europeo. «Ho avuto la fortuna di vivere un tempo in cui la politica è stata strumento di emancipazione, formazione e selezione della classe dirigente. Quella mentalità ha permesso a una ragazza di Caserta, senza genitori facoltosi né agganci, di arrivare dove sono arrivata io. La forza più grande che abbiamo è quella dei nostri militanti che hanno tenuto in piedi il Pd sempre. Ho trovato poco rispettosa l’idea che si possa comporre una lista scegliendo dalla televisione. Non siamo Partito democratico solo di nome».
Alle elezioni Europee gli elettori potranno esprimere due preferenze, ma devono essere due candidati di genere diverso. Tradotto: un uomo e una donna. Avendo candidato figure note indipendenti al Partito democratico come capolista, Schlein implicitamente ha deciso di adombrare la sua classe dirigente femminile. La situazione rischierebbe di peggiorare se la stessa Schlein si candidasse alle Europee. Questo costringerebbe le eurodeputate candidate a fare campagna elettorale contro sé stesse, portando voti alla segretaria che rimarrà certamente nel Parlamento italiano e candidati esterni che non hanno condiviso la storia politica del Partito democratico.
« “In tanti per cambiare”, diceva uno slogan di Walter Veltroni e condivido quel pensiero: il cambiamento deve avvenire in modo collettivo, se accade per decreto è una imposizione. Ci sono già troppi partiti che scelgono i candidati alla televisione. Gli elettori non sono follower: i candidati rappresentano il modo in cui ti presenti agli elettori: l’idea di candidare figure esterne come capolista sottende in maniera neanche troppo velata che il Pd non abbiamo una classe dirigente adeguata», spiega Picierno. «Contesto questa idea per il lavoro enorme che abbiamo fatto in questi cinque anni difficili tra brexit, pandemia, guerre. E abbiamo affrontato queste sfide con la forza che contraddistingueva David Sassoli. Rivendico la nostra diversità e il nostro essere democratici come pratica quotidiana. Le elezioni europee non devono essere il secondo tempo delle elezioni politiche», spiega Picierno.
«Non sono contrario in generale all’apertura verso candidati esterni, ma il Pd ha una classe dirigente di valore. Mi sono candidato alle europee senza chiedere una posizione particolare, mi auguro che i riformisti siano riconoscibili anche se non sono in una posizione apicale della lista», dice Giorgo Gori, sindaco di Bergamo e candidato alle elezioni europee per il Partito democratico. Come fa notare il direttore Christian Rocca, il rischio è che nominare figure lontane dalla storia del Pd come Cecilia Strada rischiano di far scemare il sostegno del partito all’Ucraina. Un sostegno che in questi mesi è sempre stato saldo.
«Sembra abbastanza chiaro l’atteggiamento del Movimento 5 stelle verso il Partito democratico: ci sta se comanda lui o se ci sono i suoi candidati? Però con il venti per cento è difficile imporre la propria linea e bisogna fare i conti con la realtà non facendo mai un passo indietro sull’Ucraina. Ma allo stesso tempo il Pd deve aumentare la sua attrattività uscendo dal suo recinto. Quell’atteggiamento che per anni abbiamo chiamato vocazione maggioritaria. In fondo è quello che facciamo nelle città dove i sindaci devono essere votati dalla maggioranza. Non dobbiamo essere solo coloro che ratificano il senso di identità della propria tribù. Se torneremo a essere una forza trainante, saranno gli altri a cercarci», spiega il sindaco di Bergamo.
Secondo Gori il tema principale di questa campagna elettorale delle europee deve essere il cambiamento istituzionale. «Non si può immaginare una politica di difesa, una transizione ecologica, una politica industriale competitiva senza un impegno economico pari a quello che Joe Biden ha messo in campo per risollevare l’economia degli Stati Uniti. Secondo me è possibile una cooperazione rafforzata per un gruppo più piccolo di paesi che porti avanti le riforme da fare. Ma dobbiamo parlare anche di demografia, un tema spesso sottovalutato».
Anche il Partito popolare europeo ha i suoi problemi interni. La candidata del Ppe è Ursula von der Leyen ma non è scontata la sua rielezione. Lo ha fatto capire bene Massimiliano Salini, eurodeputato di Forza Italia all’interno del Partito popolare europeo dal 2014, membro della commissione Industria del Parlamento europeo: «Se tra fine maggio e i primi di giugno si alzasse la tensione in Ucraina, la Commissione verrebbe composta in pochi giorni e la presidente sarebbe Ursula von der Leyen. Ma non è scontato che la candidata del Partito popolare europea sarà nominata automaticamente al Consiglio. Se pensiamo al 2019 il candidato del Ppe era Manfred Weber, ma poi i leader scelsero Ursula von der Leyen che all’epora era poco conosciuta. Non diamo per scontato il risultato, qualsiasi risultato, prima del voto. Poi vedremo».
Sul muretto del Centro Brera è intervenuto anche Alessandro Tommasi, il fondatore di Will Media che ha lasciato la sua creatura editoriale per creare Nos, una piattaforma contendibile e trasparente che guarda al mondo liberaldemocratico e punta a cambiare il linguaggio della politica. Dopo mesi in giro per l’Italia ad ascoltare le richieste dei giovani, Nos ha stretto un accordo politico con Azione e Tommasi si candiderà nella circoscrizione del Nord-Est con il sostegno del Partito di Carlo Calenda. «Siamo nati nel momento del fallimento del Terzo Polo e la scelta è stata subito binaria: o con Azione o con Italia Viva. Abbiamo deciso di apparentarci con Azione basandoci su due fattori, uno di breve e uno di lungo periodo. Nel lungo periodo vogliamo costruire un progetto contendibile e federativo per creare un soggetto liberaldemocratico, un concetto politico che Carlo Calenda condivide da tempo. Abbiamo scelto Azione anche perché non volevamo apparentarci all’ultimo minuto in una lista di scopo con compagni di viaggio della vecchia politica».
Il senatore di Italia Viva Ivan Scalfarotto la pensa diversamente. Il suo partito ha deciso di stringere un accordo politico con PiùEuropa per presentarsi insieme alle elezioni europee. Secondo Scalfarotto non sarà una lista di scopo destinata a dividersi subito dopo il voto del 9 giugno: «Andrà bene perché la pensiamo ugualmente su quasi tutto. Il mistero è perché sia andata male prima. Sono fiero di aver abbandonato il Partito democratico perché anche se mi trovo in un gruppo più ristretto sento di poter parlare liberamente di temi per me imprescindibili, come il sostegno per l’Ucraina o di poter proporre dei disegni di legge sull’evitare che qualsiasi indagato in Italia sia costretto a portare in manette in aula, non accade solo in Ungheria. In generale penso sia più importante fare politica che aritmetica. Nel 2014 il Pd di Renzi prese il quaranta per cento perché proponeva idee che attiravano una grande fetta di elettori. Ora il metodo deve essere lo stesso: lavorare sulle proprie idee e renderle sempre più condivisibili Ma posso già dirvi che col Movimento 5 stelle non abbiamo niente da condividere».