Abbandonare Ursula?Meloni valuta la candidatura di Draghi alla presidenza della Commissione europea

Von der Leyen è sempre più debole, anche tra i popolari. La foto a tre con Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Donald Tusk ha svelato una dinamica in grado di isolare Roma già da giugno

(AP Photo/Markus Schreiber)

La foto a tre della scorsa settimana tra Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Donald Tusk, insieme per annunciare un’intesa per accelerare la fornitura di armi all’Ucraina, ha mostrato in maniera evidente l’assenza di Giorgia Meloni. E il problema – scrive Repubblica – è che da quel triangolo potrebbe uscire ora anche un patto sul nome del nuovo presidente della Commissione europea, tenendo fuori la premier italiana.

Il che preoccupa e non poco Meloni, che proprio ieri in Egitto con la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha annunciato lo stanziamento di un nuovo pacchetto di aiuti da 7,4 miliardi di euro volto a sostenere l’economia del Paese ed evitare un’altra crisi migratoria.

Secondo Repubblica, Meloni in queste ore sarebbe di fronte a un interrogativo: per quanto ancora continuare a sposare la candidatura di Ursula von der Leyen, sempre più debole, anche tra i popolari?

Per questo, a Palazzo Chigi sarebbe in corso da tempo una valutazione, che ruota attorno all’opzione di abbandonare la «strada Ursula», tracciando rotte alternative. Vagliando anche lo scenario più complesso, ma potenzialmente capace di ribaltare gli equilibri continentali: la candidatura di Mario Draghi ai vertici delle istituzioni europee.

Quella foto a tre ha svelato una dinamica potenzialmente in grado di isolare Roma già da giugno. Il liberale Macron, il socialista Scholz e il popolare Tusk rappresentano la spina dorsale della “maggioranza Ursula”, senza Ursula, soprattutto di fronte all’incertezza delle presidenziali americane. La Polonia, tra l’altro, è il quinto Paese per popolazione, ma la vera potenza militare emergente nel continente. È, di fatto, il primo baluardo continentale a Est, di fronte alla minaccia russa. Per questo Macron ha favorito il format a tre e l’Eliseo ha ormai messo in cima all’agenda la resistenza a Putin, arrivando a ipotizzare l’impiego di militari europei sul suolo ucraino.

Meloni e von der Leyen, da settimane, spendono energie soprattutto su un altro terreno. Nelle uscite pubbliche si concentrano più sul blocco dei flussi migratori che sul nodo di Kyjiv, almeno rispetto al passato. Spingono sul dossier dei migranti perché lo considerano l’acceleratore di una possibile saldatura a destra tra Ppe e Conservatori.

Il problema è che, tra gli stessi popolari, la fronda contro Ursula è evidente e si è manifestata durante l’ultimo congresso del partito, dove la politica tedesca ha perso per strada quasi il venti per cento dei delegati. Inoltre, von der Leyen è sempre meno gradita a Parigi. Senza dimenticare che la sconfitta del conservatore Mateusz Morawiecki nelle elezioni politiche polacche ha privato le due leader di un asset fondamentale in Consiglio europeo.

Da settimane, a Palazzo Chigi si pesano riservatamente costi e benefici dell’unica strada che appare praticabile, per rimettersi al centro della trattativa: quella che spingerebbe Draghi verso i vertici delle istituzioni europee. Avrebbe il vantaggio di essere gradita a Macron e sarebbe saldamente nel solco atlantico. Certo, la premier dovrebbe superare resistenze politiche, essendo l’unica leader del centrodestra a non aver sostenuto il governo dell’ex banchiere. Ma sterilizzerebbe la strategia di Matteo Salvini, visto che lui stesso ha sostenuto il governo Draghi.

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