Zero in condottaLa protesta degli insegnanti contro la riforma Valditara

Il ministro dell’Istruzione vuole modificare le pagelle nella scuola primaria e introdurre classi differenziate per gli alunni stranieri

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Seguire le attività del ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara non è facile: proprio mentre stiamo scrivendo della sua proposta di cambiare il sistema di valutazione nella scuola primaria, il ministro annuncia già un nuovo progetto. Vorrebbe creare classi separate, definite «di accompagnamento», per gli alunni stranieri, con lezioni mattutine e pomeridiane ad hoc utili a colmare il «deficit linguistico e matematico». Mentre scriviamo, dunque, si risollevano le proteste di pedagogisti, docenti e sindacati della scuola, per i quali – anziché creare percorsi differenziati – sarebbe meglio investire di più e meglio nei servizi di approfondimento linguistico già esistenti. 

Ritorno al passato
«Le classi differenziate, già sperimentate in passato e poi abolite nel 1977, non solo sono inutili, ma addirittura dannose. La separazione non ha alcun valore educativo, anzi stigmatizza e isola gli alunni stranieri, privandoli di opportunità di crescita e confronto» commenta Daniele Novara, pedagogista e fondatore del Centro psicopedagogico di Piacenza. Che, insieme all’insegnante e giornalista Alex Cornazzoli, nei giorni scorsi ha lanciato anche un appello contro la proposta di Valditara di cambiare il sistema di giudizio scolastico, definita il «Colpo di mano sulla valutazione». Un emendamento che, secondo molti, come l’idea delle classi differenziate, riporterebbe dritta la nostra scuola nel passato. 

Chi si oppone
L’appello di Novara e Cornazzoli è stato sottoscritto da esperti di primo piano come Silvia Vegetti Finzi, Alex Zanotelli, Alberto Pellai e Chiara Saraceno, insieme a personaggi dello spettacolo come gli attori e le attrici Carlotta Natoli, Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi, Moni Ovadia e Luca Zingaretti. Ma, più nel dettaglio, di cosa si tratta esattamente? Per capire occorre tornare a quattro anni fa, quando è entrata in vigore la cosiddetta “valutazione formativa” con l’obiettivo di valorizzare i miglioramenti attraverso quattro categorie, da “avanzato” a “in via di prima acquisizione”, seguite dalle dettagliate spiegazioni del docente. Oggi il ministro dell’Istruzione propone un cambio di direzione. Non vuole tornare ai voti numerici (come aveva detto in un primo momento) ma ripristinare i giudizi sintetici, sei in tutto: da “ottimo” a “gravemente insufficiente”. Per quale motivo? Lo spiega la sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti, secondo la quale le valutazioni narrative confondono i genitori e non aiutano la crescita degli studenti.

Il parere degli esperti
In molti non sono d’accordo. «I giudizi sintetici, che c’erano già in epoca fascista, sono la stessa cosa dei voti numerici, esprimono un giudizio cristallizzato che non tiene conto del processo di apprendimento. Come, invece, fanno le quattro categorie di avanzato, intermedio, base e in via di acquisizione. Ciascuna ben spiegata, in modo da permettere all’alunno di capire cosa sta facendo e, all’insegnante, di seguire la sua evoluzione invece di condannarlo all’errore con un giudizio tranchant». Perché l’errore, dicono i firmatari dell’appello, fa parte del processo di apprendimento, mentre con il giudizio sintetico diventa una macchia.

«Ci sono Paesi, come Austria, Svizzera, Finlandia e – in parte – Francia, che per questa ragione hanno abbandonato da decenni i voti numerici» conclude Daniele Novara. È d’accordo con lui la senatrice del Partito democratico Simona Malpezzi, vicepresidente della Commissione bicamerale Infanzia e adolescenza che, pochi giorni fa, ha criticato ufficialmente un provvedimento che non tiene conto del grido di allarme lanciato da pedagogisti, educatori, ricercatori ed esperti del mondo della scuola. «Con questa scelta incomprensibile non si cancella semplicemente una legge, ma un percorso culturale e un modello di fare scuola» ha detto. E, in un momento, si riporta la scuola italiana nel passato anziché cercare di connetterla meglio al futuro.

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