«Malgrado le sue qualità, Ursula von der Leyen è in minoranza nel suo stesso partito. La vera domanda ormai è se sia utile affidare la gestione dell’Europa al Ppe per altri cinque anni, venticinque di fila. Il Ppe stesso sembra non credere nella sua candidata». Con questo attacco diretto, pubblicato su X, Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno in forza ai liberali di Renew Europe, ha fatto notare negli scorsi giorni come la scelta di Ursula con der Leyen come candidata alla presidenza della Commissione europea non sia avvenuta esattamente a furor di popolo nel Ppe, il partito dei popolari europei. La dichiarazione rende evidente una dinamica che probabilmente si accentuerà nelle prossime settimane, cioè la conflittualità tra i liberali e i popolari. Pur facendo parte della stessa maggioranza europea, le strategie delle due forze politiche per le prossime elezioni sono inevitabilmente contrastanti.
I popolari da tempo inseguono la destra cercando un dialogo con Ecr, il gruppo europeo conservatore di cui fa parte, ad esempio, Fratelli d’Italia: una linea perseguita pervicacemente dal leader Manfred Weber, e che porta inevitabilmente ad accentuare gli elementi di diversità rispetto a forze più centriste, come appunto i liberali, che a loro volta non possono che usare ogni occasione utile per attaccare i popolari per il loro guardare a destra, cercando di conquistare il consenso degli elettori più moderati.
In effetti, le parole di Breton evidenziano un dato reale: al congresso del Ppe che l’ha nominata candidata, su ottocentouno votati, von der Leyen ha preso quattrocento voti a favore: una persona su due, quindi, non ha partecipato al voto, ha votato contrario o ha consegnato una scheda nulla. Non un segnale di forte unità nel partito, e che può spiegarsi almeno in parte con il fatto che alcuni settori dei popolari non condividono la linea di Weber (e di von der Leyen stessa) di dialogo con la destra.
Guardando ai sondaggi, il Ppe sembra avviato a riconfermarsi come il gruppo più grande al Parlamento Europeo (come avviene dal 1999), con i Socialisti&Democratici di nuovo seconda forza. Renew, potrebbe perdere dei seggi, diventando quinto partito e venendo scavalcato proprio da Ecr, grazie all’aumento di seggi che ci si attende a seguito del risultato, in Italia, di Fratelli d’Italia.
Se le gerarchie tra partiti europei cambiano, però, non è detto che lo faccia anche la maggioranza. Per Weber, infatti, potrebbe non rivelarsi facile una maggioranza con Ecr, dato che a quel punto alcuni settori di S&d e Renew potrebbero far mancare il sostegno a un accordo. Quanto ampi saranno questi settori sarà un elemento centrale per determinare il successo della linea di Weber. Il conflitto tra liberali e popolari sarà una delle sottotrame che agiranno in queste elezioni europee, e anche da esso dipenderà se un Parlamento europeo con più seggi sovranisti che in passato determinerà anche una Commissione Europea più di destra.